Regole di naming e
rispetto della legge
di Enzo Fogliani* -
12.10.2000
Nel numero del 21 settembre 2000 di InterLex Manlio Cammarata ha pubblicato
un articolo dal titolo Il rispetto della legge non è
facoltativo, nel quale vengono espresse alcune opinioni - condivisibili o
meno - sulle regole di naming e sulla Naming Authority italiana. Le opinioni,
come tali, vanno rispettate; ma mi sembra necessario che ai lettori - per
potersene fare di proprie - debbano essere sottoposte alcune precisazioni di
fatto a mio avviso importanti. E ciò non per ergermi ad aprioristica difesa
delle regole di naming, verso le quali, come vedremo, ho molte posizioni
critiche sostanzialmente comuni a Manlio Cammarata; ma per dare a Cesare quel
che è di Cesare e far comprendere ai lettori le vere problematiche che si
agitano sotto i nomi a dominio.
Leggendo l'articolo di Manlio Cammarata, si ha l'impressione che la Naming
Authority sia un gruppo di incompetenti che, non si sa bene per quale motivo,
siano stati messi da non si sa bene chi a predisporre le regole per la
registrazione dei nomi a dominio, e per qualche altrettanto oscuro motivo
dèttino legge in materia con norme che l'autore definisce un
"inqualificabile guazzabuglio".
La Naming Authority: un po' di storia
In realtà le cose non stanno proprio così. La Naming Authority nasce come
"lista" delle persone che hanno fatto nascere Internet in Italia.
Persone che forse, essendo tecnici, scrivevano le norme e le numeravano come le
versioni del software; ma che di fatto hanno reso possibile che Internet
partisse e si sviluppasse anche da noi. Sotto questo profilo, la Naming
Authority italiana è in realtà un esempio notevole e piuttosto raro di
democrazia in Internet. Della Naming Authority fa parte di diritto chiunque
abbia un contratto con la Registration Authority per la registrazione di almeno
un nome a dominio, e, a domanda , chiunque abbia interesse e possa portare un
utile contributo al governo della rete. (si veda lo statuto su: http://www.nic.it/NA/statuto.html).
Mentre dunque nella maggior parte dei TLD l'ente che registra è anche l'ente
che detta le norme, in Italia la rete è strutturata similmente ad uno stato
democratico. Gli utenti che fanno parte della Naming Authority eleggono ogni
anno un comitato esecutivo che cura la redazione e l'aggiornamento delle regole
di naming. Sulla base di tali regole la Registration Authority registra poi i
nomi a dominio. Questo sistema è integrato nel governo della rete
internazionale; sia la Registration Authority che la Naming Authority italiane
sono state create da UNINFO (Ente di normazione per le Tecnologie Informatiche e
loro applicazioni federato all'UNI) di concerto con la Commissione per la
numerazione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni sulla base della
norma ISO 6523. (Maggiori dettagli su: http://www.nic.it/NA/nastory.html)
Ecco quindi spiegato cosa è e da dove viene la Naming Authority. Ovviamente,
nel 1994 si trattava di uno sparuto manipolo di tecnici; oggi, la lista conta
oltre 200 iscritti che contribuiscono attivamente a mantenere aggiornate e
funzionali le norme. Nel comitato esecutivo siedono rappresentanti di maintainer,
del mondo accademico, della Registration Authority, di UNINFO, del Ministero
delle comunicazioni, del Ministero dell'industria e dell'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni (se ne veda la composizione su: http://www.nic.it/NA/exec.txt).
E veniamo alle norme, oggetto di vivacissima critica. Indubbiamente tutte le
norme sono perfettibili; e sono io il primo a portare avanti da tempo una
battaglia per il loro miglioramento e la loro razionalizzazione, che passa, a
mio avviso, attraverso la eliminazione della lettera di assunzione di
responsabilità ed un ben preciso rapporto contrattuale fra i soggetti
interessati, ossia, Assegnatario, Provider/Maintainer e Registration Authority.
Anche qui, però, anziché lasciarsi andare ad una sterile e facile critica
sarebbe opportuno conoscere le fasi, anche storiche, attraverso le quali queste
norme si sono sviluppate. Come dicevo, inizialmente la Naming Authority era
composta prevalentemente di tecnici; e di ciò risentiva la formulazione delle
norme. Chi ha vissuto le prime versioni delle regole di naming, ricorderà che
esse erano un gigantesco mattone (167 Kbyte di file in formato testo la versione
1.5!) che non si capiva bene se fosse un manuale di istruzioni, un regolamento
tecnico o una vera e propria normativa.
Nel 1998 la Naming Authority si è data uno statuto ed ha eletto un comitato
esecutivo che ha iniziato e portato a termine la revisione delle regole di
naming; quella revisione che oggi (dal 15 dicembre 1999) ha portato a quella
liberalizzazione che consente a tutti di registrare il proprio nome a
dominio. Le norme sono state semplificate, ridotte e migliorate (dimensionalmente,
per quanto possa essere un dato rilevante, siamo a neppur la metà di quelle
precedenti). E' stata ammessa l'autocertificazione, aumentato sia il numero
delle categorie che possono registrare domini (prima erano riservati in pratica
ai soli soggetti svolgenti attività economica) sia il numero dei domini
registrabili da ciascuno. Inoltre, la possibilità di registrare sotto il TLD
.it è stata estesa a tutti i soggetti appartenenti alla Unione Europea.
Come si vede, non è stata cosa da poco. Anche se ovviamente ancora molto si
può fare, la rivoluzione è stata notevole. I domini Internet, da questione per
una ristretta cerchia di eletti, sono diventati alla portata di tutti. E le
cifre stanno a dimostrarlo. Nei 10 mesi trascorsi dalla liberalizzazione ad oggi
si è passati da circa 90.000 a circa 360.000 domini registrati sotto il TLD
.it; ed il dato è ancora più impressionante se si pensa che per raggiungere la
cifra di 90.000 domini al momento della liberalizzazione erano stati necessari 5
anni di attività della Registration Authority (per il dettaglio: http://www.nic.it/RA/statistiche/stat-in.html)
Le attuali regole di naming
La transizione ovviamente non è stata semplice e le norme risentono ancora
di alcuni retaggi del passato. Ma da questo a definirle un "inqualificabile
guazzabuglio" mi sembra ce ne passi.. Anzitutto, il ccTLD .it
funziona, e bene. Dopo i primi momenti di difficoltà successivi alla
liberalizzazione (ricordiamo che sono pervenute punte sino a oltre 45.000
richieste di registrazione al mese) la registrazione dei domini è svolta dalla
Registration.Authority in tempi rapidi e comparabili con quelli degli altri TLD;
segno questo che le regole, sotto il profilo tecnico, funzionano.
Sotto l'aspetto giuridico, indubbiamente le regole sono migliorabili, e io
stesso porto avanti proposte nel senso di eliminare la lettera di assunzione di
responsabilità e dare un più chiaro assetto contrattuale alla registrazione
dei nomi a dominio (si veda su: http://www.nic.it/cgi-bin/wa?A2=ind0004&L=ita-pe&D=0&P=2576).
Tuttavia mi sembra che nel giudicare le attuali regole di naming non si possa
sparare a priori sulla Naming Authority, ma sia necessario valutare il contenuto
delle norme cercando di comprendere non solo i modi ed i tempi, ma soprattutto
lo spirito con cui sono state fatte.
Ad esempio, il richiamo al fatto che chi registra un nome a dominio se ne
assume la piena responsabilità civile e penale non è certo un delirio di
onnipotenza di una Naming Authority che ritiene di potersi sostituire al
legislatore nazionale, ma, più semplicemente, un richiamo didascalico che
alcuni ritengono ancora opportuno lasciare nelle regole di naming, sull'assunto
che "quod abundat non vitiat".
Allo stesso modo, la NA non pretende di imporre strani arbitrati, ma
semplicemente propone un tipo di arbitrato e un elenco di persone che si
ritengono competenti in materia che sono disponibili a fare da arbitri. Ma non
essendo tale arbitrato obbligatorio, le parti sono libere non solo di ricorrere
al giudice ordinario, ma anche di far decidere la controversia da altri arbitri
e con procedure del tutto diverse. E così come nessuno si scandalizza, ad
esempio, dell'esistenza di enti arbitrali costituiti presso le camere di
commercio, non vedo perché la NA non dovrebbe o potrebbe offrire un servizio
simile (peraltro, di fatto non molto apprezzato, visto che nessuno vi è ancora
ricorso.).
Infine, le regole di naming sono state accusate di essere "una brutto
copia della contrattualistica americana". Basta leggere sul sito della
NA i verbali del comitato esecutivo 1998-99 che ha predisposto in una decina di
riunioni l'impianto delle attuali regole per rendersi conto della genuinità
delle nostre regole e del dibattito di cui sono stati frutto. (si vedano i
verbali su: http://www.nic.it/NA/exec/index.html).
E sarebbe interessante conoscere quale sia la contrattualistica americana da cui
sarebbero state copiate.
Ciò ovviamente non vale per le procedure di riassegnazione, che volutamente
sono una copia (non brutta, ma pressoché testuale) delle MAP di ICANN; cosa
questa voluta per motivi di uniformità internazionale con gli altri TLD che le
hanno adottate (ad esempio, i .com, .net e .org). Quanto poi all'affermazione
che in Italia tali procedure non avrebbero senso "per la risoluzione di
controversie che sorgono fra soggetti italiani in seguito a rapporti che sono
regolati dalla legge italiana", basterà ricordare che oggi nel TLD .it
può registrare domini qualsiasi cittadino dell'Unione europea, con gli ovvi
problemi conseguenti alla possibile internazionalità dei contraenti.
Per il resto, sono perfettamente d'accordo con Manlio Cammarata che le norme
italiane, il nostro ordinamento ed i nostri principi sono più che sufficienti a
regolare i rapporti relativi ai nomi a dominio (io stesso mi sono dovuto
contrapporre a chi riterrebbe utile riscrivere nelle regole di naming la
normativa sui marchi o sul diritto al nome). Così come sono d'accordo che
l'attuale struttura trilaterale fra Maintainer, Registration Authority ed
Assegnatario è estremamente criticabile e lacunosa, e meglio sarebbe sostituita
da un chiaro rapporto contrattuale in cui anche l'Assegnatario avesse rapporti
diretti con la Registration Authority e di converso questa avesse obblighi nei
suoi confronti.
Ma tali obbiettivi penso possano raggiungersi non facendo di ogni erba un
fascio e sparando a zero su persone (perché in definitiva la Naming Authority
sono le persone che sono iscritte alla sua lista) che in un modo o nell'altro
hanno fatto funzionare (e tutto sommato bene) la rete in Italia, bensì
collaborando con loro per affrontare e risolvere i problemi. La Naming
Authority, come dicevo, non è a priori preclusa a nessuno.
(Si veda la replica: Non è la storia
il punto in discussione)
* Avvocato, membro
del comitato esecutivo della Naming Authority
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