Facciamo sentire al Palazzo la
voce della Rete
di Manlio Cammarata - 19.10.2000
"Soggezione informatica dello Stato italiano
alla Microsoft": è un titolo pesante, quello che i primi firmatari hanno
voluto dare alla lettera aperta indirizzata al
Dipartimento della funzione pubblica, all'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione e al Ministero del tesoro, cioè ai soggetti dai quali
dipendono le scelte per l'acquisto dei sistemi informatici, e quindi del
software.
Il ragionamento è molto semplice: si possono risparmiare cifre notevoli usando
i programmi open source e non si dipende dalle strategie commerciali di
una società che USA ed Europa mettono sotto accusa proprio perché abusa della
propria posizione dominante sul mercato.
L'idea della lettera aperta è nata in lunghe e
appassionate discussioni di un gruppo di amici, dirigenti pubblici e
professionisti, fra i quali Giancarlo Fornari, Raffaele Meo, Enrico Maccarone,
Andrea Monti. Ora tutti quelli che hanno a cuore lo sviluppo del nostro Paese, e
in particolare della pubblica amministrazione, sono invitati ad apporre la
propria firma sul documento.
Altrove sono state scelte altre strade per
raggiungere lo stesso scopo. In Cina la decisione di adottare l'open source
è stata presa dal Governo, anche per il sospetto (sempre più diffuso, non solo
in Cina) che i programmi americani contengano qualche meccanismo di
"spionaggio".
In Francia è in corso un'iniziativa parlamentare. Secondo i deputati che hanno
avanzato la proposta alla Assemblée Nationale, ci sono altri motivi per
sottrarsi alla "soggezione informatica" nei confronti di una sola
azienda. Si legge infatti nella relazione che la scelta dell'open source
è necessaria anche "per fare sì che tutti possano sviluppare e utilizzare
software compatibile, per controllare che non vi siano backdoor di
comunicazione inserite nei programmi" (si veda la notizia su Punto
Informatico).
Fino a qualche tempo fa una proposta di questo
genere poteva apparire ardita, perché le (poche) alternative ai programmi
Microsoft non erano abbastanza diffuse e si trattava sempre di sistemi
proprietari, mentre l'open source (che, sotto l'etichetta UNIX, esiste da
trent'anni) era riservato ai tecnici. Ma con i progressi che Linux ha registrato
negli ultimi tempi, con l'interfaccia utente "amichevole" e con
migliaia di programmi disponibili gratis, o a prezzi molto bassi, il software
"aperto" diventa un'alternativa seria e credibile al programmi
proprietari.
Non a caso grandi aziende dell'informatica, in prima fila IBM e Intel, hanno
deciso di contribuire allo sviluppo di Linux e di inserirlo nella propria
offerta.
Dunque non resta che far capire a politici e
amministratori che è tempo di cambiare le scelte sugli investimenti in
software: fosse solo per il risparmio di soldi, sarebbe già un motivo
sufficiente. Ci saranno resistenze, naturalmente, qualcuno forse proverà a
dimostrare che la scelta dell'open source non è adatta alla pubblica
amministrazione: si accomodi, apriamo un Forum dove tutti possono esprimere le
loro opinioni sull'argomento.
Ma chi è d'accordo non perda tempo, faccia clic sulla busta qui sotto e invii
la sua adesione, in modo che la voce della Rete si alzi forte e chiara verso le
finestre del Palazzo.
Combattiamo una pacifica battaglia per l'interesse di tutti. |