Dal confronto tra i dati presentati nelle due occasioni emerge una
contrazione del mercato IT sia nel settore privato sia nel settore pubblico.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, nel 2001 la spesa complessiva
per l'acquisizione di beni e servizi IT è diminuita dell'1,09% rispetto all'anno
2000. Si tratta di una contrazione tutta concentrata nelle amministrazioni
centrali. Infatti, mentre nei ministeri la spesa è diminuita del 9,04%, gli
enti locali hanno fatto registrare un incremento degli investimenti del
28,27%. Per quanto riguarda il mercato allargato al settore pubblico e
privato, il 2002 ha fatto segnare una contrazione del 2,2% rispetto al 2001.
Da una prima lettura dei dati si è indotti a pensare che la riduzione
della spesa pubblica nel 2001 abbia fatto sentire il suo contraccolpo sui
bilanci delle aziende nell'esercizio 2002. L'ulteriore contrazione degli
investimenti prevista in finanziaria ci fornirà la conferma di questa ipotesi
a fine anno, con la chiusura dei bilanci aziendali.
Secondo Assinform, una parte importante della riduzione della spesa nei
ministeri è imputabile alla strategia di Consip, società
concessionaria per gli acquisiti della pubblica amministrazione, che, nel
selezionare le offerte di mercato, porrebbe eccessiva attenzione alla
variabile prezzo trascurando la valutazione economica complessiva. Questa
ipotesi però non ci trova d'accordo, perché tende ad ingigantire il ruolo
di Consip, la quale, pur essendo il più importante, non è certo l'unico
ente appaltante presente in Italia. Inoltre, bisogna far notare che i servizi
per lo sviluppo dei progetti informatici più rilevanti per la pubblica
amministrazione, in cui Consip ha avuto il ruolo di ente appaltante, sono
stati acquisiti secondo il criterio di selezione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa.
Certamente si sono ottenuti dei risparmi nelle acquisizioni di beni e
servizi informatici, ma questo è dovuto in primo luogo alla professionalità
dei nuovi attori che redigono capitolati e disciplinari di gara ed in secondo
luogo alla strategia di centralizzazione degli acquisiti. Al contrario di
Assinform, come contribuenti, non essendo portatori di interessi particolari,
ci rallegriamo della riduzione della spesa e del percorso virtuoso intrapreso
dall'amministrazione pubblica. Se poi i risparmi ottenuti non vengono
adeguatamente reinvestiti non se ne può certo dare la colpa ad un ente
appaltante. Chi decide gli investimenti non è l'ente appaltante, ma la
pubblica amministrazione. Sono i ministeri e gli enti locali a commissionare i
progetti autorizzandone le spese, anche se prima, evidentemente, dovranno
considerare le disponibilità di bilancio.
L'eventuale responsabilità della riduzione degli investimenti della
pubblica amministrazione per l'acquisizione di beni e servizi informatici,
in definitiva, attiene al Parlamento.
In effetti, Assinform denuncia anche una riduzione del 10% della spesa IT a
favore della pubblica amministrazione nella legge finanziaria per l'anno in
corso ed è alla luce di quest'ultimo dato che possono sorgere dei dubbi
rispetto alla continuità della strategia di promozione dell'informatica
pubblica.
Il ministro Lucio Stanca, di contro, durante il convegno "Innovazione e
valorizzazione delle risorse umane", tenuto nell'ambito del Forum PA,
risponde indirettamente a questi dubbi affermando che nel corso del 2002 l'Italia
è passata dal dodicesimo al nono posto della speciale classifica sull'e-government
elaborata dalla Commissione europea.
A questo punto, però, sorgono altri interrogativi. L'Italia, che è la
quarta economia dell'Unione europea, può accontentarsi di occupare la nona
posizione considerando la partecipazione di soli quindici paesi alla
competizione? Di fatto, rispetto a tutta una serie di indicatori utili a
valutare il livello di innovazione tecnologica (vedi L'Italia e la e-economy: uno studio da Londra) l'Italia, pur rappresentando un modello in specifici
settori (fisco telematico ed e-procurement), come sistema- paese occupa gli
ultimi posti fra i Paesi ad economia avanzata. Se è vero che la legge
finanziaria per l'anno in corso riduce gli investimenti, nell'immediato
futuro riusciremo a recuperare altre posizioni portando il nostro Paese in una
posizione più adeguata al suo status?
Per ridurre il divario che ci separa dagli altri paesi il volume degli
investimenti in infrastrutture e sistemi tecnologici non solo non dovrebbe
diminuire ma anzi dovrebbe aumentare in termini assoluti e relativi. Se, al
contrario, siamo in presenza di una contrazione degli investimenti si rischia
di vanificare gli sforzi compiuti negli anni scorsi. Considerando che la spesa
investita in infrastrutture e sistemi informativi per la pubblica
amministrazione non è poi così rilevante se messa in relazione al bilancio
dello Stato, rispetto ad un settore così importante per il futuro del Paese,
si potrebbe anche immaginare di incrementare gli investimenti (nel 2001 la
spesa è stata pari a circa 1,5 ml di Euro con un'incidenza percentuale
rispetto alle spese complessive di circa il 2%).
Ad inizio legislatura il Governo si è dato delle priorità fra cui la
promozione dell'informatica. Ricordiamo lo slogan "delle tre I": Inglese,
Internet, Impresa. Quelle priorità sono ancora valide? Un'impresa in
difficoltà, anche a causa del suo ritardo tecnologico, nel momento in cui non
programma importanti investimenti per innovare prodotti e modalità di
produzione, ha un futuro? La risposta a quest'ultima domanda è senz'altro
negativa e la stessa logica vale se applicata ad un intero sistema produttivo.
Un'amministrazione che non incrementa gli investimenti in innovazione e,
nello specifico, in sistemi e tecnologie informatiche, non avrà la forza
sufficiente per promuovere le iniziative di governo e non avrà la capacità
di sfruttare a pieno le occasioni e le risorse offerte dal mercato
internazionale degli investimenti. Se l'Italia non riesce ad usufruire
totalmente dei fondi messi a disposizione dall'Unione europea,
contrariamente a quanto si riesce a fare in paesi con economie anche meno
importanti della nostra, come l'Irlanda o il Portogallo, il motivo va
ricercato anche nell'eccessiva cautela dei nostri amministratori nell'investire
in innovazione.
Approfondendo all'interno dei confini nazionali l'analisi del mercato
pubblico e privato, la rilevazione per l'anno 2002 degli investimenti nel
settore IT evidenzia un'accentuazione del divario fra nord e sud. In un
contesto di contrazione complessiva della spesa rispetto al 2001, solo
Lombardia (+0,6%), Veneto (+1,3%) e Marche (+1,0%) mostrano un segno positivo,
il Nord rallenta (-1,65%) mentre il Sud frena in modo più deciso con una
riduzione delle spese del -4,1%.
Come per molti altri settori produttivi, le potenzialità del nostro
sistema paese sono limitate da uno scarso dinamismo degli investimenti nelle
regioni meridionali. Le problematiche sul fronte interno, probabilmente, sono
legate alle difficoltà sul fronte internazionale. Qualora le regioni del Sud
riuscissero a ridurre il divario rispetto al Centro-nord, l'impulso dato
agli investimenti ed in generale all'efficienza organizzativa potrebbero far
recuperare posizioni al nostro Paese. Un certo impulso alle economie locali ed
in particolare ai distretti produttivi meridionali potrebbe essere dato dalle
iniziative di e-government promosse presso gli enti territoriali dal Ministero
per l'innovazione e le tecnologie con il progetto dei "centri regionali di
competenza".
Attraverso questa ed altre iniziative bisognerà cercare di stimolare le
economie del territorio, dando la possibilità alle realtà produttive locali,
di dimensioni mediamente ridotte rispetto ai concorrenti di livello nazionale,
di essere immediatamente coinvolte nelle iniziative di investimento.