Nei pareri delle Commissioni speciali sono stati in parte accolti i rilievi
dell' Associazione Luca Coscioni e dell'Associazione Italiana di Biodiritto
sulle limitazioni al riuso dei dati genetici a fini di ricerca scientifica. Ma
non basta.
L'art. 28 della legge 20 novembre 2017, N. 167, dice:
b) al capo III del titolo VII della parte II, dopo l'articolo 110 è aggiunto
il seguente:
«Art. 110-bis. (Riutilizzo dei dati per finalità di ricerca scientifica o
per scopi statistici). - 1. Nell'ambito delle finalità di ricerca scientifica
ovvero per scopi statistici può essere autorizzato dal Garante il riutilizzo
dei dati, anche sensibili, ad esclusione di quelli genetici, a condizione che
siano adottate forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati
ritenute idonee a tutela degli interessati.
2. Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di
autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia
equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione o anche
successivamente, sulla base di eventuali verifiche, il Garante stabilisce le
condizioni e le misure necessarie ad assicurare adeguate garanzie a tutela degli
interessati nell'ambito del riutilizzo dei dati, anche sotto il profilo della
loro sicurezza».
A parte il fatto che l'art. 89 del
GDPR non sembra prevedere che il riuso dei dati genetici possa essere
vietato tout court da uno Stato membro, tutti sanno che la ricerca in
campo medico e biologico ha tra i suoi fondamenti lo studio e l'analisi
statistica dei precedenti. L'art. 110-bis appare quindi del tutto inopportuno,
oltre che, forse, contrario alla normativa UE.
Il 15 giugno, con un comunicato all'AGI, l'Associazione Luca Coscioni e la
Società Italiana di Biodiritto avevano affermato che l'art. 110-bis "blocca la ricerca e condanna a morte chi soffre di mali incurabili e rari".
Chiedevano che il Parlamento bloccasse il decreto legislativo "che, con la scusa di armonizzare la legge italiana sui dati personali al regolamento europeo, impone inaccettabili limitazioni alla ricerca genetica. Avevamo chiesto una audizione
ma la commissione ha chiuso lo spazio audizioni e ci ha dato la possibilità di inviare una nota che possono mettere agli atti". "Emerge chiaro che l'articolo 110 del Codice dei dati personali impone un vincolo inutile e inefficace alla ricerca scientifica e riduce le speranze di trovare, in tempi brevi, cure per malattie
gravi".
Secondo Andrea Monti, avvocato e presidente della Società italiana di biodiritto: "Il Regolamento sulla protezione dei dati personali deve servire l'umanità. Questa dichiarazione di principio contenuta nel Regolamento comunitario
è una linea guida importante che le Istituzioni e le Autorità nazionali di protezione dovrebbero tenere sempre presente quando si occupano di
scienza e ricerca. Purtroppo, ancora una volta, tocca registrare una scarsissima attenzione del Parlamento su un tema - letteralmente - di vita e di morte".
I rilievi sono stati accolti solo in parte. Secondo Andrea Monti "l’articolo 110-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in materia di riutilizzo dei dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, come modificato dall’articolo 8, comma 1, lettera s), del presente schema di decreto, sebbene volto a inquadrare a livello sistematico le citate norme sul riutilizzo dei dati con quelle introdotte dall’articolo 28 della legge europea n. 167 del 2017, appare suscettibile di sollevare dubbi interpretativi e perplessità, laddove non consente al Garante di autorizzare il riutilizzo dei dati genetici a fini di ricerca scientifica o a fini statistici da parte di soggetti che svolgano principalmente tali attività".
In sostanza, si dovrebbe eliminare del tutto l'autorizzazione del Garante,
introducendo però controlli più rigorosi.
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