E' un passaggio della relazione di apertura di Antonello Soro, presidente del
Garante per la protezione dei dati personali, al convegno Big Data e Privacy
che si è tenuto a Roma il 30 gennaio scorso. Il discorso va
letto con attenzione, perché descrive con chiarezza il mondo tecnologico nel
quale viviamo e i suoi effetti sulla vita di ognuno di noi.
Ma che significa Big Data? Sono solo tre sillabe per indicare non solo l'esistenza di enormi masse di informazioni, in ogni campo, ma anche la loro elaborazione con software di grande potenza.
Software che consentono anche di analizzare nei minimi dettagli la vita
quotidiana di ogni persona, di
prevederne i comportamenti futuri e di influenzarli, di determinarli.
Insomma, Big Brother è tra noi. Il Grande Fratello, che nel 1948
George Orwell aveva immaginato per il 1984, è arrivato con qualche anno di
ritardo, ma è arrivato. Non ha le sembianze e la voce di Stalin o i baffetti di
Hitler, come voleva l'immaginario del secondo dopoguerra. E' un cielo pieno di
cloud, di "nuvole" che raccolgono informazioni su di noi: quelle che
forniamo consapevolmente e quelle che vengono raccolte più o meno a nostra
insaputa.
Ascoltiamo ancora il Garante: "Avvertiamo che lo sviluppo di una florida economia fondata sui dati, che sfrutta le funzionalità tecnologiche per la loro raccolta continua e massiva, la trasmissione istantanea ed il riutilizzo, ci espone a nuovi
rischi".
Tutto questo viene presentato come inevitabilmente connesso alla nostra
epoca. Anzi, utile per lo sviluppo dell'economia. Il Grande Fratello è
visto come un dato di fatto e non come un problema, con tutte le conseguenze che
ne derivano.
Ma perché i Big Data sono così pericolosi, perché possono avere "effetti importanti sui comportamenti individuali e collettivi, sugli stessi caratteri delle nostre
democrazie", per usare sempre e parole del Garante?
E' semplice: nel momento il cui il Grande Fratello conosce ogni dettaglio
della nostra vita, i nostri spostamenti, le nostre preferenze, le nostre
amicizie, può
somministrarci informazioni su misura, selettive, personalizzate, per
convincerci a compiere determinate scelte, in qualsiasi campo: dall'acquisto di
un'automobile al voto politico.
In quattro parole: limita la nostra libertà.
Qualcuno dubita che il tecnocontrollo possa essere così intrusivo da
disegnare il profilo dettagliato di ogni persona. Il dubbioso farebbe bene a
leggere con attenzione le "autorizzazioni" che moltissime "app"
impongono a chi le usa.
Azioni come la lettura della posta, l'attivazione della
telecamera e del microfono dello smartphone o del PC costituiscono vere e proprie intercettazioni,
per di più compiute senza le garanzie che la legge impone per le indagini
giudiziarie.
Sono possibili difese efficaci? Le leggi sui trattamenti dei dati personali
possono proteggerci dal Grande Fratello del terzo millennio? Ne parleremo nel prossimo articolo.
|