Vent'anni fa nasceva la normativa sulla protezione dei dati personali. Artefice
dell'introduzione in Italia di questo complesso di principi giuridici è stato
Stefano Rodotà, insigne giurista e fiero sostenitore dei diritti del cittadino,
dell'Uomo.
Ora che questo ventennio è trascorso e il complesso delle norme sulla
protezione dei dati personali, abitualmente definito protezione della
riservatezza, sta per essere sostituito da un nuovo codice di respiro europeo,
sicuramente più ampio nei principi generali e certamente più definito rispetto
all’uso delle nuove tecnologie e maggiormente efficace, anche il suo primo
sacerdote Rodotà, ha lasciato la scena della rappresentazione umana.
Consapevole dell'impatto che, sulla società umana, avrebbe avuto la
diffusione dell'innovazione tecnologica digitale coniugata con il must "to
be connected", fin dai primordi della memorizzazione massiva di dati e
della migrazione della net dalle stanze della ricerca scientifica e
universitaria agli uffici e alle abitazioni private, aveva compreso che questa
creatura a più teste doveva essere addestrata e domata per evitare che si
trasformasse nell'Iidra di Lerna.
Memore del principio del Panopticon di Jeremy Bentham, lo aveva interpretato
e suggerito nel suo sviluppo in una forma centrifuga e non centripeta come
prevedeva il suo creatore: al centro non un occhiuto grande fratello bensì la
fonte della conoscenza e nella periferia il firmamento dei cittadini, degli
umani, assetati di sapere, interagenti tra loro come se fossero su un'unica
agorà virtuale.
Hai insegnato molto, Stefano, agli umani e il tuo insegnamento rimarrà
scolpito in una pietra più solida di quella lavica o silicea, la pietra
digitale, un'infinita sequenza di zeri e uno, gli atomi moderni della materia
virtuale, che mai verrà perduta o corrosa dal tempo, replicandosi di server in
server, di computer in computer. Per questo tuo insegnamento non può valere il
diritto all’oblio che tu hai sempre sostenuto con forza.
Anche a me, che ho avuto la fortuna di essere gettato dalla casualità
politica a far parte del primo collegio del Garante al tuo fianco, hai insegnato
molto e soprattutto hai insegnato l'umanità e la democraticità: ricordo quelle
poche occasioni in cui tra un'attività e l'altra ci si spostava a piedi dalla
nostra prima e precaria sede ad altri uffici pubblici, passando per vie e piazze
che ti erano abituali, come il mercato di Campo dei fiori, e negozianti e
banconisti ti salutavano chiamandoti per nome e tu avevi per tutti loro una
parola amichevole e scherzosa.
Partivamo da bandiere diverse io e te, ma di fronte alle battaglie che
potevano incidere sui diritti di libertà del cittadino ci ritrovavamo sempre
spalla a spalla, in trincea nel sorvegliare l'intero arco dell'orizzonte per
individuare per tempo le eventuali minacce.
Da attento giurista quale era, Rodotà aveva saputo trasferire il principio
dell'"habeas corpus" nel moderno principio dell'"habeas
data". La summa del suo pensiero e della sua vita il suo ultimo libro:
"il diritto di avere diritti".
Poteva essere un grande Presidente della Repubblica Rodotà, ma la
partitocrazia imbelle come sempre ha prevalso.
* Ingegnere, già
componente del Garante per la protezione dei dati personali (1997-2001) e del
Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (2001-2009)
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