Facciamo un gioco. Fingiamo per un attimo che non esista una normazione primaria
o regolamentare per affrontare la pandemia. Ed eliminiamo quindi per un attimo
anche il Green Pass dal panorama degli obblighi e degli adempimenti. Domanda:
nel momento in cui si diffonde un virus potenzialmente letale, potrebbe mai un
datore di lavoro considerarsi libero di organizzare a suo piacimento le misure
organizzative e tecniche per contrastare i rischi che si vengono a creare sul
luogo di lavoro? La risposta è ovviamente no, poiché è in gioco l’intero impianto delle
disposizioni sulla sicurezza sul lavoro, compendiate nel DLGV 81/08 "in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro".
Dunque l'effettuazione di un tampone su un lavoratore, vista alla luce di quei
principi, potrebbe assumere tutta un’altra portata. E
sollevare non poche perplessità sulle polemiche tra chi vuole il costo del
tampone a carico del lavoratore e chi lo chiede a carico dello Stato.
E’ sufficiente infatti ripercorrere l’impalcatura tutta del decreto 81,
per rilevare un dato estremamente semplice: che si parli di rischi generici, o
di rischiosità specifiche, è il datore di lavoro che è tenuto a un ventaglio
complesso di adempimenti, ivi compresa , ad esempio, la dotazione al lavoratore,
a spese dell’azienda, dei dispositivi di protezione individuale che permettono
di contenere i rischi per la salute dei dipendenti.
Obblighi, questi, che con queste stesse identiche caratteristiche, compreso l’onere
economico a carico dell’azienda, operano anche nello specifico ambito dell'esposizione
ad "agenti biologici" (art. 266 e ss. DLGV 81/08) , per tali
intendendosi "qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato,
coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni,
allergie o intossicazioni": se sono un lavoratore che, per rendere la
sua prestazione, è inevitabilmente esposto ad una contiguità con tali
"agenti", è automatico, e nessuno lo ha mai seriamente messo in
discussione, il fatto che ogni onere economico conseguente alla adozione di
misure atte a contenere il rischio, nasca e resti a carico del datore di lavoro.
Continuiamo il nostro gioco. E veniamo ad oggi: per entrare sul posto di
lavoro è necessario "possedere ed esibire" il Green Pass.
Domanda: possiamo considerare questo adempimento non solo necessario, ma anche
sufficiente? Lo dico in un altro modo: creare una comunità di soggetti sul
posto di lavoro dotati di Green Pass, e dunque o vaccinati o tamponati, esime il
datore di lavoro da qualsiasi altra valutazione di rischio e dalla adozione di
ulteriori misure (da sovrapporsi a quelle solite, del distanziamento e della
mascherina)?
Parliamo innanzitutto dei vaccinati: chi ci capisce qualcosa è bravo, ma
quanto sembra emergere in modo ormai conclamato, è che anche chi è vaccinato
può contagiarsi ed è in grado di contagiare (in che misura, lo sanno solo gli
scienziati, o forse non lo sa nessuno – certo, mi si consenta una notazione
personale, non lo sanno i NO VAX).
Qui nasce una prima perplessità: se infatti io, datore di lavoro, guardassi
al Green Pass con gli occhiali del DLGV 81/08, forse potrei pormi il dubbio che
essere vaccinati non basta, in quanto l’unica certezza reale (e cioè, l’unica
via sostanziale ed effettiva per garantire la salute dei miei dipendenti),
sarebbe effettuare giornalmente a tutti un tampone, che sia in grado di darmi
davvero la sicurezza che chi entra a lavorare non può trasmettere l’infezione.
Si fermerebbe il mondo. E quindi tutti stiamo facendo finta di nulla. Ma se
ci pensiamo bene, un "medico competente" particolarmente coscienzioso
potrebbe, alla luce di quanto la quarta ondata sta annunciando, mettere sul
tavolo un problema davvero esplosivo.
E i non vaccinati? Devono fare il tampone. Bene. Ma allora la domanda è
semplice: perché mai, se espongo il mio lavoratore al rischio di contagio con
agenti biologici, devo pagargli i dispositivi di protezione individuale, e se
invece voglio garantirlo dal rischio di non prendersi il Covid, il tampone se lo
deve pagare lui ?
P.S.: Ultima regola del gioco: La risposta: “cavoli suoi, si potrebbe vaccinare”, non vale!
* Avvocato in Roma
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