"Disgusting, appalling". Disgustoso, terribile. Questo è stato il
commento di Tim Berners Lee,
l'inventore del World Wide Web, alla decisione di permettere
alle società di telecomunicazioni di vendere i dati degli abbonati. E non è
tutto...
I venti di guerra che in questi giorni spirano in tante parti della Terra
hanno tolto dalle prime pagine altre iniziative controverse del Presidente degli
Stati Uniti. Una, in particolare, non ha attirato un'attenzione dei media
adeguata alla sua gravità: una settimana fa, il 3 aprile 2017, Donald Trump ha
firmato un provvedimento (votato dal Congresso) che annulla la protezione dei
dati personali degli abbonati ai servizi di telecomunicazioni.
Il provvedimento era stato emanato alla fine del 2016 dalla Federal
Communications Commission (FCC) con il titolo Protecting the Privacy of Customers of Broadband and Other
Telecommunications Services. Seguiva, nella sostanza, l'orientamento europeo
in materia di protezione dei dati. C'erano alcuni concetti che ritroviamo
identici nel Regolamento
(UE) 2016/679, come la privacy by design e la notifica delle
violazioni. E altre norme ancora più avanzate, come l'obbligo di dichiarare che
certi servizi sono forniti in cambio dei dati.
Ora l'atto S.J. Res 34 sancisce il disapproval di queste
disposizioni. Nessuna norma le sostituisce, sicché viene meno anche il
principio di informativa e consenso per i trattamenti dei dati. In poche parole,
le società di telecomunicazioni possono vendere i dati personali degli
abbonati senza il loro consenso.
Così si cancellano tutte le conquiste di vent'anni (e più) nel campo dei
diritti della persona. Sul piano etico e su quello economico, perché nell'era
dei Big Data le informazioni personali hanno un valore economico più che
rilevante.
"Disgusting": così Sir Tim Bernes Lee, l'inventore del
World Wide Web ha definito in un'intervista a The Guardian la marcia indietro
dell'amministrazione USA sulla protezione della privacy. E l'aggettivo sembra
appropriato
Ora per l'Europa ci sarà un bel problema: gli Stati Uniti si trovano senza
dubbio tra i Paesi che non garantiscono alle informazioni personali un
livello di protezione adeguato (articoli
45 e 46 del regolamento 2016/679). Questo dovrebbe rendere difficili i
trasferimenti dei dati negli USA da parte delle tante aziende americane che
operano nell'Unione europea (Google, Microsoft, Apple, Facebook, per citare
alcune tra le più grandi).
L'accordo Eu-Us Privacy Shield, siglato l'anno scorso in
sostituzione del "Safe Harbor" (bocciato dalla Corte di giustizia
europea), non sembra offrire rimedi certi anche di fronte a una nuova, non
incredibile prospettiva di invasione della privacy dei cittadini europei da
parte delle autorità americane.
Riferisce infatti la Repubblica del 4 aprile scorso (citando il Wall Street
Journal) che sarebbero in preparazione controlli particolarmente invasivi anche
su coloro che possono entrare negli USA senza visto - quindi anche i cittadini
di molti Stati membri della UE: "potrebbe essere chiesto di condividere con
le autorità locali i contatti contenuti sul cellulare, le password per gli
account sui social media e le proprie informazioni finanziarie".
Per chi ama pensar male, non sono solo
informazioni che riguardano la lotta al terrorismo, ma interessano anche ai padroni
dei Big Data, i "profilatori" a fini commerciali dai quali non
riusciamo a difenderci
Di una "morte della privacy" si parla
da molti anni. Ma ora non sembra più
una congettura da intellettuali. Potrebbe essere
venuto il momento di organizzare il funerale.
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