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 Le regole dell'internet

L'internet non è la televisione
di Daniele Coliva - 14.02.02

Possiamo dire con sollievo che la logica aristotelica non è materia del tutto dimenticata e che la distinzione tra genere prossimo e differenza specifica costituisce ancora oggi un'entità nota.
Lo spunto nasce dalla recentissima decisione del Tribunale di Teramo in punto ad una ipotesi di diffamazione su/mediante internet. La indicazione contemporanea di due complementi (luogo e mezzo) non è casuale: nel caso di specie infatti l'internet rappresenta lo spazio in cui sarebbe avvenuto il delitto e contestualmente lo strumento di commissione del reato.

In sintesi, questi i fatti: un imprenditore, lamentando di essere stato truffato da funzionari di una banca, querela costoro e pubblica su un sito web una rassegna stampa sul caso. A parere del Tribunale il "montaggio" dei resoconti e la presentazione degli stessi hanno travalicato i limiti della cronaca o comunque della narrazione di fatti, dando luogo ad una impressione da parte di un eventuale lettore che effettivamente truffa vi fosse stata, mentre i fatti erano ancora, come si dice, sub iudice. In sostanza, la condotta dell'imputato è stata oggettivamente ritenuta diffamatoria.
Il punto in cui la decisione si caratterizza è quello della individuazione della prova della consumazione del delitto di diffamazione, cioè della avvenuta percezione da parte di più terzi (almeno due persone) del messaggio lesivo della reputazione.

Su questo punto il giudice ha affermato principi interessanti, indici di una esatta individuazione della differenza specifica dell'internet rispetto agli altri mezzi di comunicazione di massa, vale a dire stampa e televisione.
Mentre per questi ultimi vi è la presunzione ragionevole che più persone abbiano letto la pubblicazione o preso visione della trasmissione, per l'internet il discorso è diverso, soprattutto perché pubblicazione e comunicazione sulla rete non sono due concetti temporalmente contigui, in quanto un sito web può essere raggiunto solo da chi l'abbia cercato, sapendo cosa cercare. Niente è per caso, dice il Tribunale di Teramo. E difatti la polizia giudiziaria ha rinvenuto le pagine svolgendo una ricerca mirata, che ha portato alla individuazione della condotta (la pubblicazione), ma non dell'evento (la percezione da parte di più persone, poliziotto escluso ovviamente).

Il fatto che l'imputato abbia pubblicato sul suo sito notizie diffamatorie non implica automaticamente che tali notizie siano state conosciute da terzi.
L'affermazione è importante, in quanto introduce e soprattutto riconosce un carattere peculiare della rete, a dispetto di quanti insistono per la equiparazione tout court dell'internet alla stampa o alla televisione: il materiale in rete non è per ciò stesso percepibile da qualsiasi utente, ma solo da quello che lo abbia cercato (e bene, aggiungiamo noi, data la quantità enorme di dati disponibili e la necessità di strumenti euristici sofisticati come Google). Non a caso il Telefono Arcobaleno impiega "cercatori" a tempo pieno per scovare materiale pedofilo.

L'imposizione di regole riprese da altri mezzi di comunicazione è frutto dunque o di ignoranza dello strumento tecnico o di una volontà normativa pervasiva, non nuova e non ignota peraltro, ma fuori luogo.
La pagina in rete esiste, vegeta fino al momento in cui qualcuno vi capita sopra. La parola stampata o pronunciata via etere è istantaneamente lesiva.
Il tempo e il luogo sono diversi.
Le conseguenze sulla disciplina debbono quindi essere diverse. L'internet è un tempo e un luogo "non euclideo", nei quali dobbiamo adattare le regole tradizionali.
L'abbiamo già citato, ma è opportuno richiamare il Bardo: O brave new world!