Passaggi impegnativi per
gli internet provider
di Manlio Cammarata - 18.03.02
Continuano le polemiche tra le associazioni dei provider e l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni sull'eterno tema della FRIACO, premessa
indispensabile per l'avvio di servizi di accesso flat a condizioni
credibili e prezzi ragionevoli per gli utenti. In buona sostanza continua quella
che, in termini calcistici, si chiama "melina" e che favorisce il
mantenimento dello status quo, favorevole ai grandi operatori e molto
penalizzante per i piccoli fornitori di servizi (gli aggiornamenti della
situazione sono su Punto
informatico).
Ma altri problemi si pongono all'attenzione degli internet provider, in seguito
all'entrata in vigore di alcuni importanti provvedimenti legislativi.
- Il 20 febbraio scorso è stata approvata in via definitiva la legge comunitaria 2001, che prevede
recepimento delle direttive 2000/31/CE sul commercio elettronico e 2001/29/CE
sul diritto d'autore.
- E' già in vigore, e si attendono le disposizioni attuative, il decreto legislativo 28 dicembre 2001, n. 467,
che innova in misura notevole le disposizioni della legge 675/96 sulla
protezione dei dati personali.
- Sembrano pronte a decollare diverse iniziative del Dipartimento per
l'innovazione e le tecnologie: in primo piano una prima fase di attuazione dei
progetti di e-government e la stesura di un progetto organico per la diffusione
della larga banda. E' importante, a questo proposito, l'inserimento nel
"collegato" alla finanziaria di una norma che impone la costruzione di
"cavodotti" nel corso di qualsiasi lavoro stradale, da mettere a
disposizione di tutti gli operatori a condizioni eque e non discriminatorie.
In questa sede ci occupiamo degli aspetti legati al recepimento delle
direttive europee e delle nuove norme in materia di protezione dei dati
personali, per la parte che interessa più direttamente il mondo dell'internet e
in particolare i service provider.
La direttiva 2000/31/CE contiene in realtà
una serie di previsioni che vanno oltre la materia del commercio elettronico,
perché investono aspetti che riguardano tutte le attività di fornitura di
servizi e in particolare le responsabilità degli operatori (infatti la
direttiva è formalmente "relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi
della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico).
A una prima lettura le disposizioni appaiono equilibrate e largamente
condivisibili. E' importante, soprattutto, il divieto di imporre ai provider un
obbligo generale di sorveglianza sui contenuti (art. 15), che dovrebbe far cessare i numerosi
progetti italiani che tendono a trasformare gli operatori in censori o
poliziotti.
Ma a ben guardare si scoprono alcune maglie abbastanza larghe da far passare
norme nazionali restrittive, tali da creare non poche difficoltà per i
provider.
E' il caso della lettera e) del primo paragrafo dell'art. 13, dove si dice la condizione per
l'assenza di responsabilità per i contenuti è che il fornitore agisca
prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare
l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le
informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla
rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un
organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne ha disposto la
rimozione o la disabilitazione dell'accesso.
Che significa "venga effettivamente a conoscenza"? Se si tratta di
un provvedimento di un'autorità giurisdizionale o amministrativa, la legge
prevede le forme in cui deve essere notificata e quindi non ci sono problemi. Ma
la semplice segnalazione di un utente può significare che il provider viene
"effettivamente a conoscenza" del fatto? Ha l'obbligo di verificare la
fondatezza della segnalazione (e quindi di svolgere un'impropria, onerosa
attività investigativa)?
Da come il Governo attuerà la delega potrebbero derivare oneri difficilmente
sostenibili per i fornitori di servizi, che rischiano di vivere con sulla testa
la spada di Damocle di imprevedibili azioni penali.
Maglie larghe anche per il recepimento della direttiva 2001/29/CE "sull'armonizzazione di taluni
aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società
dell'informazione". Le disposizioni comunitarie potrebbero essere accolte
anche nel senso di una maggiore tutela dei diritti dell'utente rispetto
all'attuale normativa italiana, ma la delega al recepimento va nella direzione
opposta (vedi Legge comunitaria e diritto
d'autore: Law on Demand? di Andrea Monti).
Ma il punto più interessante per il nostro discorso è nell'art. 31, comma 1, lett. h) della legge
delega, che prevede "l'elaborazione, da parte di associazioni o di
organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori, di codici di
condotta per evitare violazioni dei diritti, garantire la protezione dei minori
e salvaguardare la dignità umana". Per quanto riguarda gli internet
provider, si tratta del vecchio discorso del codice di autoregolamentazione, del
quale si parla da sette anni (si vedano i primi articoli dell'indice di questa sezione).
C'è un'altra disposizione su questo argomento, ed è nel decreto legislativo 647/2001, che riforma la
legge sulla tutela dei dati personali: l'art.
20, comma 2, lettera a) prevede che "il Garante promuove entro il 30
giugno 2002 la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta"
per i trattamenti "effettuati da fornitori di servizi di comunicazione e
informazione offerti per via telematica... anche ai fini dell'eventuale
rilascio di certificazioni attestanti la qualità delle modalità prescelte e il
livello di sicurezza assicurato".
Si tratta del famoso "bollino di qualità" che il Garante ha proposto
di attribuire ai siti che pongono particolare impegno al rispetto della privacy,
un attestato che potrebbe essere utile anche sul piano commerciale, ma che
richiederà un impegno non indifferente.
Le due previsioni di autodisciplina sono strettamente connesse: da una parte
ci sono le informazioni da rendere agli utenti, che dovranno essere coordinate
per il rispetto delle disposizioni sul commercio elettronico con quelle sui dati
personali; dall'altra c'è il problema delle informazioni commerciali e dei
messaggi non sollecitati, anche questo oggetto di attenzione sia per il
commercio elettronico, sia per la privacy.
Sarebbe forse opportuno riunire i due codici in uno solo, considerando però che
l'approvazione del Garante e la conseguente pubblicazione sulla Gazzetta
ufficiale può riguardare solo la parte relativa ai dati personali, mentre le
disposizioni per il commercio elettronico e il resto arriveranno solo con
l'emanazione da parte del Governo delle norme delegate.
Ci troviamo quindi di fronte a un passaggio molto critico per il mondo
dell'internet italiana: da una parte si profila - bene o male - l'uscita dalla
"secche" dei vincoli tariffari per la fornitura di accessi, dall'altra
incombono gli obblighi del quadro legislativo che attiene alle responsabilità
per i contenuti e ai codici di autodisciplina.
E' ben vero che i ritardi del nostro Paese, come dice il ministro Stanca, sono
dovuti anche all'assenza di infrastrutture e progetti di sviluppo. Ma
infrastrutture e progetti non servono a molto se il quadro normativo passa
dall'incertezza attuale delle regole alla certezza di nuovi e più stringenti
"lacci e lacciuoli" che possono frenare l'iniziativa degli operatori
privati.
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