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 Le regole dell'internet

Quando il sequestro è contro la legge 
di Manlio Cammarata - 12.07.02

Di nuovo i sequestri di siti web salgono agli onori della cronaca.

Questa volta si tratta di alcuni siti "blasfemi"  (bestemmie.com e altri, per i quali erano giunte lamentele dall'altra riva del Tevere), che qualche sconsiderato si è offerto di ospitare in segno di protesta per la presunta censura operata su richiesta del Vaticano. Ma basta dare un'occhiata alla cache di Google (che conserva molte pagine anche dopo la loro scomparsa dai server di origine) per capire che si trattava di pure oscenità, per le quali il sequestro è legittimo. Si può discutere se anche la più bieca pornografia debba essere tutelata come libertà di espressione, o se sia opportuno porre qualche limite, ma non è questo il punto che ci interessa in questa sede,

Invece poco tempo fa ci siamo occupati di un oscuramento molti discutibile, quello del Comune di Francavilla al Mare, ordinato dal magistrato  per una modestissima presunta infrazione alle norme sul diritto d'autore (vedi Le leggi sulla stampa e la libertà del web): l'ennesimo atto di una serie che dura dal maggio del 1994, quando nell'operazione che fu detta "Fidobust" le forze dell'ordine sequestrarono centinaia di PC e persino i tappetini dei mouse e le prese di corrente. Resta una memoria quasi "in diretta" di quei giorni nel pezzo Il minor danno possibile con la maggiore utilità? che può essere utile rileggere per capire quanto poca strada il diritto abbia fatto in sette anni.

Per completare il quadro dobbiamo segnalare le critiche sul comportamento dei magistrati che indagano sull'assassinio del professor Biagi. L'inutile polverone politico-mediatico sollevato per il "mancato sequestro" dei computer usati dal docente ucciso dalle BR la dice lunga su quanto scarse siano le conoscenze, a tutti i livelli, su una materia così importante.
Eppure da molto tempo si discute su questi problemi: si vedano, per esempio, due interventi che risalgono al maggio del '95: Perquisizioni e sequestri di materiale informatico di Daniele Coliva e Computer crimes, un'occasione perduta di Andrea Monti.

Per fare un po' di chiarezza ripartiamo dall'inizio, cioè dall'art. 21 della Costituzione:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. [...]

Le disposizioni della legge sulla stampa previste dall'art. 21 non sono mai state emanate. Ma c'è il  RDL 31 maggio 1946, n. 561 "Norme sul sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni" che dispone:

Art. 1
Non si può procedere al sequestro della edizione dei giornali o di qualsiasi altra pubblicazione o stampato, contemplati nell'Editto sulla stampa 26 marzo 1848, n.695, se non in virtù di una sentenza irrevocabile dell'autorità giudiziaria.
E' tuttavia consentito all'autorità giudiziaria di disporre il sequestro di non oltre tre esemplari dei giornali o delle pubblicazioni o stampati, che importino una violazione della legge penale.

Art. 2
In deroga a quanto è stabilito nell'articolo precedente, si può far luogo al sequestro dei giornali o delle altre pubblicazioni o stampati, che, ai sensi della legge penale, sono da ritenere osceni (o offensivi della pubblica decenza) ovvero che divulgano mezzi rivolti a procurare l'aborto o illustrano l'impiego di essi o danno indicazioni sul modo di procurarseli o contengono inserzioni o corrispondenze relative ai mezzi predetti.

La giurisprudenza è costante nel ritenere che queste disposizioni non ammettano eccezioni, in forza dell'interesse costituzionalmente protetto dall'art. 21. Ecco alcune massime significative:

- Al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 21 cost. non può essere accolta la domanda di sequestro, o di altro provvedimento cautelare diretto al medesimo risultato, avente ad oggetto le copie di uno stampato pubblicato (o destinato alla pubblicazione) e lesivo dell'immagine e della personalità del ricorrente. Nella specie sono state respinte la domanda di sequestro e la domanda di ritiro dal commercio delle copie già distribuite di una rivista che conteneva le fotografie del ricorrente - in "situazioni erotiche" - ottenute con il suo consenso ma delle quali non era stata autorizzata la pubblicazione, mentre è stata accolta la richiesta che fosse ordinata la restituzione del materiale fotografico ancora in possesso dei resistenti. (Tribunale Roma, 2 novembre 1994 - Gius 1995, 263 (s.m.))

- Va respinta la richiesta di sequestro di una pubblicazione in via cautelare urgente, ove non si ravvisi la sussistenza di alcuno dei delitti previsti dalla legge sulla stampa cui rinvia l'art. 21 cost. (Pretura Verona, 18 ottobre 1991- Foro it. 1992, I,2287).

- Il sequestro di stampe periodiche è vietato, a norma dell'art. 21 cost., salvo le ipotesi di delitti per i quali la legge sulla stampa lo autorizzi. Pertanto un sequestro di quotidiani disposto a norma dell'art. 700 c.p.c. a tutela del diritto all'immagine va revocato in quanto, colpendo anche le parti del periodico non contestate, incide sulla libertà di stampa. (Tribunale Napoli, 1 dicembre 1984- Dir. autore 1986, 326).

Ora, dopo che l'art. 1 della legge 62/01 ha equiparato l'informazione telematica alla stampa, non c'è dubbio che qualsiasi sequestro operato al di fuori delle esplicite previsioni normative è illegittimo, in particolare se motivato con presunte violazioni del diritto d'autore o con crimini informatici di varia natura.

E' necessario capire, però, "che cosa" può essere oggetto di sequestro preventivo, nei casi previsti dalla legge penale. E' chiaro che il sequestro non può che avere il fine di assicurare le prove del reato (di qui il limite delle tre copie per le pubblicazioni a stampa). Quindi, non essendoci "copie" in senso stretto di una pubblicazione telematica, il giudice dovrebbe ordinare la riproduzione del contenuto oggetto  di indagine, non essendo necessaria l'acquisizione dei mezzi usati per la diffusione. Il tribunale di Bologna ha operato correttamente acquisendo i contenuti dei computer usati dal professor Biagi e lasciando le macchine nella disponibilità della famiglia o delle altre persone che ne facevano uso.

Ma c'è un problema. Nelle pubblicazioni telematiche non esistono "copie" in senso materiale. E' necessario rivedere le norme sul sequestro, stabilendo le modalità con le quali devono essere acquisiti i contenuti oggetto di indagine, per costituire prove che reggano alla valutazione processuale. La firma digitale e la marca temporale, apposte dall'ufficiale giudiziario ai file "sequestrati", sembrano indispensabili per assicurare la certezza probatoria, vista la facilità con la quale si possono alterare le "evidenze informatiche".
Occorre anche rivedere l'art. 2 della legge sulla stampa, per adeguare l'elenco delle indicazioni obbligatorie alla realtà telematica.

Si deve ricordare che il sequestro (di fatto l'oscuramento) è legittimo  "nel caso di di violazione che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili". Quindi, in seguito all'estensione dell'art. 2 della legge sulla stampa operata dalla legge 62/01, potrebbero essere sequestrati gli innumerevoli siti di informazione che non riportano l'indicazione dei responsabili (con qualche dubbio di coerenza con le norme sulla tutela dei dati personali, per i siti che non siano opera di professionisti, e anche su questo punto la norma dovrebbe essere rivista).

Come si vede, siamo di fronte a problemi complessi, che coinvolgono diritti fondamentali dei cittadini. Perciò è necessario agire con prudenza, senza condanne o assoluzioni "mediatiche", emesse, per di più, senza i necessari approfondimenti "in fatto" e "in diritto". Un'informazione corretta ed equilibrata difende se stessa da ogni maldestro tentativo di censura. Sulla carta stampata, come nell'etere e sulla Rete.