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Telecomunicazioni

Telecom: i 152 milioni della sanzione potrebbero diventare 456

di Carmelo Giurdanella e Guido Scorza* - 07.03.05
Telecom Italia ha abusato della propria posizione dominante, in uno o più segmenti del mercato delle telecomunicazioni in danno di concorrenti e consumatori, alterando e restringendo la libertà di concorrenza? E come conseguenza merita di essere condannata al pagamento di una sanzione (per noi comuni mortali) stratosferica?

Si è discusso di questo, innanzi al TAR Lazio (vedi L'ex monopolista e i 152 milioni della discordia), nel giudizio promosso da Telecom Italia (TI) contro l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) che, il 16 novembre scorso, le aveva irrogato la più alta sanzione mai inflitta nel nostro Paese: 152 milioni di euro per abuso di posizione dominante in danno di concorrenti e consumatori.
Parliamo di uno dei procedimenti antitrust di maggiore rilevanza degli ultimi anni, che appare destinato a rappresentare una pietra miliare nella liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni.

Converrà fare un passo indietro a beneficio di quanti non hanno seguito, sin dall'inizio, l'affaire Telecom.
Con il provvedimento impugnato l'Antitrust aveva concluso, il 16 novembre scorso, un procedimento avviato nel marzo del 2001 a seguito di un esposto presentato dalle società concorrenti di TI.
La denunzia riguardava strategie escludenti poste in essere dall'ex monopolista attraverso offerte commerciali rivolte ai loro clienti business, di natura anticompetitiva in quanto tendenti a sottrarre tale clientela mediante l'applicazione di condizioni economiche personalizzate per i servizi offerti, e non replicabili dai concorrenti.

L'Antitrust ha infine accertato che TI aveva reiteratamente abusato della propria posizione dominante nel mercato dei servizi intermedi di telecomunicazione nonché in quello - situato a valle - dei servizi finali attraverso due distinte condotte, tra loro teoleologicamente collegate e volte al raggiungimento di uno scopo uniTARio o, comunque, suscettibili di produrlo: restringere l'accesso al mercato da parte dei concorrenti, difendendo la propria posizione di ex monopolista.

Le condotte censurate consistevano in sintesi:
- quanto al mercato dei servizi intermedi, nell'aver applicato ai propri concorrenti (OLO, Other Licenced Operators) condizioni tecnico-economiche peggiori rispetto a quelle riservate alle proprie divisioni impegnate nella commercializzazione dei servizi finali;
- quanto al mercato dei servizi finali, nell'aver legato a sé l'utenza business attraverso clausole di esclusiva e nell'aver praticato condizioni tecnico-economiche non replicabili dagli OLO in ragione del già richiamato trattamento discriminatorio cui questi ultimi venivano sottoposti nel mercato dei servizi intermedi.

Sulla base di tali presupposti l'Antitrust ha, per un verso, ordinato a TI di porre immediatamente termine ai comportamenti distorsivi della concorrenza dando comunicazione delle misure adottate per la cessazione delle infrazioni entro 90 giorni dalla notificazione del provvedimento e, per altro verso, condannato quest'ultima a pagare una sanzione amministrativa pecuniaria - entro lo stesso termine - pari a 152 milioni di euro.

TI ha subito impugnato la sanzione innanzi al TAR Lazio, con ricorso depositato lo scorso 31 dicembre, chiedendone via incidentale la sospensione degli effetti.
Il giudizio si è svolto in tempi rapidissimi, con la presenza, oltre che delle due parti principali, di Albacom, Colt Telecom, Fastweb, Tiscali, Wind (per gli OLO) Assoproviders, AIIP (per le associazioni di provider), Cittadini Europei (per le associazioni di consumatori), oltre che di Consip spa e dell'Autorità di garanzia delle comunicazioni.
Lo scorso 16 febbraio la causa è andata in decisione, e ciò sia per quanto riguarda l'istanza cautelare, sia per la domanda di merito.

A questo punto occorre avere presente - per ciò che si dirà - che il provvedimento dell'Antitrust, notificato a TI il 19 novembre, andava definitivamente eseguito da TI entro i successivi 90 giorni, e dunque entro il 17 febbraio.
Entro quella data TI doveva cessare le proprie condotte sanzionate dall'Antitrust e darne contestuale comunicazione; non solo. entro il 17 febbraio TI doveva versare sull'unghia i 152 milioni di euro di sanzione!
Il TAR, all'udienza del 16 febbraio scorso ha dunque deciso quando mancava ormai solo un giorno alla scadenza del termine per TI.

Ecco cosa è successo dopo l'udienza. occhio alle date!

17 febbraio

a) Il TAR Lazio deposita un'ordinanza di sospensione del provvedimento in cui si afferma che "in pendenza della decisione di merito, peraltro imminente, la domanda di sospensione deve essere accolta in quanto dall'esecuzione del provvedimento impugnato deriverebbe un pregiudizio grave ed irreparabile alla società ricorrente, data la rilevante entità della sanzione medesima" e si decide conseguentemente di accogliere la domanda incidentale di sospensione "limitatamente alla irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria" (l'art. 4 comma 6 della legge numero 205 del 2000 prevede il deposito del dispositivo della sentenza entro sette giorni dalla data dell'udienza).

b) Scade il termine posto dall'Antitrust, ma TI può legittimamente omettere di versare la sanzione pecuniaria, perché il provvedimento dell'Antitrust è stato appena sospeso dal TAR per quella parte. Il TAR tuttavia non ha sospeso l'ordine di interrompere le prassi negoziali e commerciali censurate e il consequenziale obbligo di portare a conoscenza dell'Antitrust - entro pari data - le misure adottate per porre fine ai comportamenti illegittimi censurati.

Se ciò sia avvenuto è circostanza che, allo stato, non è dato conoscere anche se - tenuto conto della complessità delle dinamiche negoziali e commerciali oggetto del provvedimento in quanto ritenute distorsive della concorrenza nel mercato rilevante - appare difficile ipotizzare che l'ex monopolista abbia voluto e saputo adeguarsi alle indicazioni dell'Antitrust, correndo il rischio di perdere parte della propria clientela business a vantaggio della concorrenza e, così, una porzione rilevante del proprio fatturato.

Ancora una volta - in buona sintesi - può dirsi che per adempiere al provvedimento dell'autorità, TI avrebbe dovuto rinunciare alle clausole di esclusiva - o di effetto equivalente - contenute nei contratti con la propria utenza business e, ad un tempo, iniziare "a praticare" alle proprie divisioni commerciali condizioni tecnico-economiche in linea con quelle praticate agli OLO, ponendo così questi ultimi nella condizione di essere competitivi sul mercato.

Al riguardo, occorre adesso ricordare che, in caso di inottemperanza alla diffida ricevuta dall'Autorità, TI - a norma di quanto disposto dal secondo comma dell'art. 15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 - rischia adesso di vedersi applicare un'ulteriore sanzione amministrativa di importo minimo non inferiore al doppio della sanzione già applicata: dunque di (almeno) altri 304 milioni di euro!
Ma la storia non è ancora finita.

23 febbraio

Il TAR Lazio deposita, nei 7 giorni di legge, il dispositivo della sentenza e, definitivamente pronunciando sul ricorso di TI, lo accoglie in parte.

A seguito della decisione del giudizio nel merito, l'efficacia del provvedimento cautelare dovrebbe considerarsi definitivamente venuta meno, ma il carattere indubbiamente ermetico del predetto dispositivo - tale da sollevare persino dubbi e perplessità circa la sua validità - non consente di dedurre in quale parte il TAR abbia ritenuto legittimo il provvedimento impugnato e, in quale parte, invece, abbia ritenuto fondato il ricorso proposto dalla Telecom.
TI sta effettivamente rischiando di vedersi applicare una nuova sanzione amministrativa di 304 milioni di euro o è stata in grado di leggere tra i 207 caratteri del dispositivo qualcosa che a noi comuni mortali è invece sfuggita ?

E l'Antitrust ? Dopo aver mostrato tanto interesse ed attenzione verso il rispetto delle regole della concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni ed aver difeso a spada tratta - nel corso del giudizio dinanzi al TAR - il proprio operato, ora ha dimenticato il disposto contenuto nel secondo comma dell'art. 15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 (nuova sanzione raddoppiata) e che lo stesso dispositivo del TAR Lazio stabilisce che la decisione sarà eseguita dall'Autorità amministrativa?

La vicenda si colora di tinte e sfumature degne dei migliori legal thriller e, in attesa di poterne leggere le pagine conclusive quando saranno depositate le motivazioni (nelle prossime settimane), per ora possono solo avanzarsi alcune ipotesi e supposizioni.
L'accoglimento solo parziale del ricorso dell'ex compagnia di Stato delle telecomunicazioni, induce a ritenere che i giudici amministrativi abbiamo condiviso il presupposto principale del provvedimento, ovvero quello secondo cui TI avrebbe abusato della propria posizione dominante, apparendo, in caso contrario, evidente, che si sarebbe dovuti necessariamente pervenire ad un accoglimento integrale dell'impugnazione.

Ciò che dal dispositivo risulta impossibile comprendere è se il TAR abbia convenuto con l'Antitrust nel ritenere che TI abbia abusato della propria posizione in entrambi i mercati nei quali essa opera - servizi intermedi di TLC e servizi finali - o, piuttosto, solo in uno dei due.

La lettura combinata della già richiamata ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato limitatamente alla sanzione e del dispositivo - soprattutto in considerazione del fatto che il provvedimento cautelare e quello di merito sono stati resi a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro e, quindi, sulla base di una cognizione sostanzialmente omogenea dei fatti di causa da parte dei giudici - lascerebbero ipotizzare che l'accoglimento parziale debba essere riferito solo alla domanda di riduzione della sanzione amministrativa e, eventualmente, all'unica condotta contestata a TI scindibile da tutte le altre oggetto del provvedimento: aver abusato della propria posizione dominante anche in occasione della gara indetta dalla Consip per la stipula di una convenzione per l'affidamento dei servizi di telefonia fissa, di base e aggiuntivi, di connettività IP, fornitura ed attivazione di local loop nonché servizi connessi di fatturazione e rendicontazione, di manutenzione ed assistenza e di reportistica da fornire alla Pubblica amministrazione.

Se, infatti, i giudici amministrativi - all'atto del deposito dell'ordinanza di sospensiva e, dunque, pochi giorni prima del deposito del dispositivo - avessero ritenuto probabile un accoglimento del ricorso presentato da TI in relazione all'illegittimità del provvedimento dell'Antitrust laddove quest'ultima ha accertato l'abuso - da parte dell'ex monopolista - della propria posizione dominante in uno dei due mercati interessati dal procedimento, sarebbe stato ragionevole attendersi che la sospensiva avesse più ampia portata e concernesse anche la diffida a porre termine ai comportamenti distorsivi della concorrenza in tali mercati.

Si tratta, ovviamente, solo di alcune prime supposizioni ed ipotesi di lavoro che verranno confermate o smentite nelle prossime settimane con il deposito delle motivazioni.

Quale che sia l'epilogo della vicenda tra i diversi scenari sin qui delineati, l'aspetto di maggior rilievo che non può che indurre ottimismo e fiducia nel futuro è rappresentato dalla crescente attenzione - che sebbene non senza taluni limiti e rallentamenti - le istituzioni iniziano a riservare al mercato delle telecomunicazioni, forse comprendendone la centralità e rilevanza non solo dal punto di vista economico ma, anche, sotto il profilo sociale e politico nella società dell'informazione.
 

 * Avvocati, Cittadini Europei (www.cittadinieuropei.it)

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