"AI, Artificial Intellegence" è la formula magica che segna la
comunicazione del nostro tempo. Ma si tratta di vera "intelligenza"?
Per capirlo dovremmo sapere che cosa è l'intelligenza degli uomini. Ma non lo
sappiamo... Mi
capita sotto gli occhi per caso: "Come diventare interpreti di film porno con l’intelligenza
artificiale". La manualistica, si sa, è un genere che non conosce crisi.
Ma questo non è un manuale, è un titolo di un quotidiano serio come la Stampa, pubblicato il 25 gennaio scorso. Leggo e scopro che l'AI non c'entra. Si tratta di un
articolo, scritto col tono
allarmistico che accompagna questo genere di notizie, in cui si cita il machine
learning cioè l'apprendimento autonomo di una macchina, che dell'AI è solo
un pezzo.
Ma tant'è. L'intelligenza artificiale è ormai un must senza il quale
un prodotto non si vende, con risultati a volte curiosi. La pubblicità dei
telefonini, per esempio: l'ultima generazione, dice la pubblicità, è dotata
di intelligenza artificiale. Prima erano soltanto "furbi" (smart)...
Invece l'aspirapolvere era uno stupido attrezzo. Adesso è un robot
intelligente, così intelligente da inviare al suo fabbricante anche la pianta
della nostra casa, da condividere con Google e forse con altri trafficanti di Big
Data, per rendere sempre più dettagliato il nostro "profilo".
Ma che cos'è realmente l'intelligenza artificiale, detta anche AI (Artificial
Intelligence)? La prima risposta è: un tormentone. Cioè, come spiega il
Vocabolario Treccani,
"Preoccupazione, fastidio, rovello che costituisce un continuo tormento;
in partic., nel linguaggio teatrale, battuta ripetuta in modo ossessivo, spec.
con effetto comico. In partic., nel linguaggio giornalistico, tema, argomento
polemico riferito sempre allo stesso soggetto, spesso sintetizzato in una frase
o in un’immagine efficace e incisiva, che viene continuamente riproposto in
modo martellante in articoli di giornale, vignette satiriche, programmi
radiofonici e televisivi. Anche, ripetizione ossessiva di una notizia: il t. dell’estate".
La seconda risposta è: boh, l'intelligenza artificiale non
esiste.
Come, chiederà qualcuno, allora che cosa ci vendono?
Ci vendono dei sistemi informatici che possono elaborare a grande velocità
grandi quantità di dati. Punto.
Il fatto è che non siamo tanto intelligenti da capire che cos'è
l'intelligenza. Neanche quelle persone intelligentissime che sono gli
scienziati hanno le idee chiare sull'intelligenza.
Hanno capito molte cose della nostra mente: neuroni, sinapsi,
reti neurali... Ma perché il nostro cervello ci faccia compiere certe azioni o
ci faccia balenare certe idee è ancora un mistero. Perché la nostra mente non
funziona come un sistema in cui tutte le parti agiscono secondo un disegno
predefinito, come un computer.
Le decisioni umane non sono il risultato di una logica
chiara, come "se A è uguale a B e C è uguale a B, allora A è uguale a
C". No, in molti casi la nostra mente rifiuta di riconoscere che A è
uguale a C; a volte siamo convinti che A sua uguale a D, che invece è
tutt'altro.
Dipende da qualcosa che che è nella nostra testa, ma non sappiamo che cosa è. Possiamo
anche chiamarlo "inconscio", ma forse è qualcosa di più o di diverso
da quello scoperto tempo fa dal professor Sigmund Freud. Di sicuro nelle
macchine non c'è.
E' questo "qualcosa" che distingue il cervello di un Premio
Nobel da quello di un cretino e costituisce la vera "intelligenza" di
una persona. Ma gli scienziati non sono ancora riusciti a capire esattamente di
che si tratti. Non trovano la differenza tra il genio e lo stupido.
Così le macchine possono riprodurre solo la parte meccanica, logica, –
stupida – del
funzionamento del cervello. L'intelligenza resta ancora fuori, e forse lo sarà
ancora per molto tempo.
E' vero che ci sono macchine di enorme potenza logica, che
possono elaborare quantità pazzesche di dati, secondo le istruzioni che l'uomo
ci ha messo dentro. E che possono anche raccogliere da sole le informazioni e trarne
delle conseguenze, ma sempre sulla base di istruzioni ricevute da
un'intelligenza esterna, quella dell'uomo.
Si dice che i Big Data, elaborati dalla AI, servano anche per prevedere i nostri futuri
comportamenti. Chissà se un giorno potremo confrontare, a posteriori, le
previsioni delle macchine con le cose che abbiamo fatto per davvero. Credo che potremmo farci due risate, come quando leggiamo l'oroscopo
del giorno prima.
E' vero anche che i Big Data sono utili, anzi indispensabili,
per la ricerca scientifica e per il progresso in tutti i campi, in particolare
per la medicina, la conoscenza della società, la produzione del cibo e tante
altre utili innovazioni.
Ma l'intelligenza è un'altra cosa.
Riflettiamo sul fatto, evidente, che tutte le applicazioni
della cosiddetta intelligenza artificiale che ci vengono proposte riguardano
cose che può fare qualsiasi imbecille. Come controllare se nel frigo ci sono le
uova o accendere il riscaldamento a una certa ora. Imbecillità artificiale.
Alla fine della storia, di fronte al tormentone dell'AI, ci
sono due possibilità: o si tratta di pubblicità ingannevole, da segnalare
all'Autorità antitrust, oppure sono semplicemente panzane, bufale: fake news.
E allora, secondo un'intelligente iniziativa del nostro intelligentissimo Governo, non resta che chiamare la Polizia.
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