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InterLex - RIVISTA DI DIRITTO TECNOLOLOGIA INFORMAZIONE

 

Call center, burocrazia "4.0", ritardi e sanzioni

Varie ed eventuali - Paolo Ricchiuto* - 14 marzo 2017

Chi fa impresa chiede solo  regole chiare e poca burocrazia. Tanto più se la burocrazia viene usata come strumento politico. Bene. Si è appena conclusa una storia che merita di essere raccontata…

C'è un problema: la delocalizzazione delle attività al di fuori dei nostri confini, spesso in Paesi extra UE, che rischia di depauperare il Paese se non arginata.
C'è un settore in cui questo problema è esploso, quello dei call center, come chiunque di noi può verificare dagli accenti più disparati che ci troviamo ad ascoltare quando parliamo, più o meno volutamente, con un contact center.

C'è uno strumento, che si è tentato di utilizzare per regolare il mercato: il vecchio art. 24 bis introdotto dalla L. 134/12, che ha dimostrato la sua assoluta inutilità1.

Il legislatore decide di intervenire, e nel recepire nella legge di bilancio buona parte del piano "Industry 4.0", lanciato in pompa magna nel settembre scorso come volano per lo sviluppo e l'ammodernamento del Paese, riscrive interamente la norma con la legge 232/16, art. 1, comma 243  che (attenzione alle date!), entra in vigore il 2 gennaio 2017, così rubricata: "Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nelle attività svolte da call center". Recita:

1. Le misure del presente articolo si applicano alle attività svolte da call center indipendentemente dal numero di dipendenti occupati.
2. Qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l'attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non è membro dell'Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento:
a) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all'Ispettorato nazionale del lavoro a decorrere dalla data della sua effettiva operatività a seguito dell'adozione dei decreti di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, indicando i lavoratori coinvolti; la predetta comunicazione e' effettuata dal soggetto che svolge il servizio di call center;
b) al Ministero dello sviluppo economico, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi delocalizzati;
c) al Garante per la protezione dei dati personali, indicando le misure adottate per garantire il rispetto della legislazione nazionale, e in particolare delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonche' delle disposizioni concernenti il registro pubblico delle opposizioni, istituito ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178.
3. Gli operatori economici che, antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, hanno localizzato, anche mediante affidamento a terzi, l'attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non e' membro dell'Unione europea, devono darne comunicazione ai soggetti di cui al comma 2 entro sessanta giorni dalla medesima data di entrata in vigore, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi delocalizzati. In caso di omessa o tardiva comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 10.000 euro per ciascun giorno di ritardo.

Ci sono tanti profili critici che non possiamo qui affrontare. Ad esempio: come mai quando si parla di protezionismo alla Trump molti si ribellano, e quando siamo noi ad alzare un muro come il nuovo art. 24 bis, si parla di virtuosa operazione di salvataggio dei posti di lavoro?

Ma concentriamoci sul modo in cui è costruita la norma: per combattere la delocalizzazione, le armi assemblate dal legislatore sono in mano a quattro attori: il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro, e, veniamo a noi, il Garante per la protezione dei dati personali (comma 2), oltre all' AGCOM (comma 11).

Le aziende che intendono delocalizzare devono fare una comunicazione 30 giorni prima di dare corso alla esternalizzazione ai primi tre soggetti istituzionali, con una sanzione di € 150.000 in caso di omessa o tardiva comunicazione.

Per chi invece ha già in piedi contratti di outsourcing con soggetti extra UE, il termine è di 60 giorni dall'entrata in vigore della norma e scade quindi (attenzione alle date!) il 2 marzo 2017.
Chi non lo rispetta, era ed è esposto ad una sanzione di 10.000 euro per ogni giorno di ritardo (diecimila euro per ogni giorno di ritardo, sic!).

Fin dal primo momento emerge una serie infinita di dubbi pratici ed operativi, che vanno dal piano soggettivo (chi deve fare le comunicazioni) a quello oggettivo (come si fa a farle).
Ci si sarebbe quindi aspettati che i vari soggetti coinvolti in questa sorta di ordalia burocratica si riunissero in conclave, prendessero una posizione unitaria e uscissero in tempo utile con delle indicazioni agli operatori, tali da metterli in condizione di adempiere agli obblighi.

Ecco invece quello che succede: 

- Il Ministero dello sviluppo economico redige una nota informativa il 1. febbraio e pubblica le relative FAQ (a dir poco necessarie) il 24, 7 giorni prima della scadenza;
- il Garante per la protezione dei dati personali pubblica una nota informativa il 28 febbraio, due giorni prima della scadenza;
- Il Ministero del Lavoro pubblica una nota operativa il 1.marzo, il giorno prima della scadenza.

Una sola domanda: perché un'impresa può essere sanzionata per 10.000 euro al giorno se ritarda un adempimento, e le istituzioni che dovrebbero governarlo possono dormire sonni tranquilli anche se agiscono con modalità e tempistiche così scandalose?

1.
1. Le misure del presente articolo si applicano alle attività svolte da call center con almeno venti dipendenti.
2. Qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti. Inoltre deve darne comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già oggi operano in Paesi esteri.

* Avvocato in Roma

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