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InterLex - RIVISTA DI DIRITTO TECNOLOLOGIA INFORMAZIONE

 

Tesla, quando la tecnologia crea dipendenza

Varie ed eventuali – Manlio Cammarata – 25 novembre 2021

La notizia: il 19 novembre scorso centinaia di automobilisti, proprietari delle super-tecnologiche Tesla, sono rimasti a piedi. Anzi, non sono riusciti neanche a salire in macchina. Colpa di un server (pare) "andato giù" per troppo traffico. Infatti, per aprire le porte, gli utenti usano un'app, naturalmente collegata a un sistema centrale. Se questo non funziona, non funziona neanche l'app. Ma la notizia, per come è stata riportata da tutti gli organi di stampa, suggerisce alcune considerazioni interessanti.

Per incominciare va ricordato che una buona parte delle vetture messe in commercio negli ultimi anni è in qualche modo "sempre connessa" alla casa costruttrice. Utile, per il proprietario, nel caso di qualche malfunzionamento o incidente, utile anche per i predatori di dati personali (oltre ai dati inviati dall'automobile, ci sono quelli degli smartphone degli occupanti). Con tanti saluti alla riservatezza, e con la tranquillità che nessuno legge le "informative privacy" che giustificherebbero i trattamenti.

Dovrebbe essere imbarazzante sapere che qualcuno registra dove siamo, dove andiamo e con chi. E dovrebbe essere preoccupante l'ipotesi che la macchina non si apre se non c'è il collegamento via cellulare, assicurato dall'ennesima app. La cosa sembra incredibile, assurda. Ma come, ho speso una barca di soldi per comperare questa meraviglia e adesso non posso entrarci neanche per ripararmi dalla pioggia che incomincia a cadere, perché il server ha subito un attacco hacker o perché su qualche "nuvola" irraggiungibile un imbecille è inciampato in un cavo e ha staccato la spina di un computer? O per un banale guasto, per un difetto del software?

Ma ecco la rivelazione, il fatto che nessun cronista ha "scoperto": l'app non è il solo sistema per aprire le portiere de veicolo. C'è anche un telecomando, o una smart card da avvicinare alla maniglia. Ma molti proprietari dell'elettrobolide non lo sanno o non hanno mai pensato che potesse servire. Così hanno lasciato a casa il prezioso dispositivo.
E' la dimostrazione di come il furbofono sia diventato il punto di riferimento pressoché unico per moltissime persone. Senza l'apparecchietto non si può fare più praticamente nulla. Ho visto una persona che, seduta davanti a un PC, usava il telefonino per fare una ricerca sul web. E' una vera e propria forma di dipendenza: la tecnologia come una droga.

«Alexa, spegni la luce», dice la pubblicità. Ma, per una persona in normali condizioni fisiche, è così difficile premere un interruttore?
Nessuno si chiede se affidarsi passivamente a sistemi digitali per tante attività che si possono compiere "a mano" non costituisca un rischio costante di errori e malfunzionamenti. Le tecnologie non sono infallibili, come dimostra da ultimo proprio il caso Tesla.
Senza considerare un aspetto almeno bizzarro: affidarsi a un sistema informatico che si trova lontano migliaia di chilometri, per far funzionare un semplice dispositivo – una serratura – che si trova a un metro di distanza.

C'è di più. Quando le tecnologie sono indispensabili, cioè quando costituiscono l'imprescindibile "motore" di molte attività, i malfunzionamenti possono avere gravi conseguenze. Pensiamo al caso, che potrebbe verificarsi tra pochi anni, di un ingorgo autostradale con centinaia o migliaia di automobili "connesse" ferme in pochi chilometri. La banda radio disponibile in quell'area sarebbe sufficiente per gestire un traffico di dati così alto, molto più alto di quello normale? Immaginiamo un'ambulanza bloccata in quell' ingorgo, che non può neanche comunicare con la centrale di soccorso a causa della congestione delle comunicazioni. E  non servono grandi doti di fantasia per immaginare che l'ingorgo possa essere causato proprio da un sistema informatico andato fuori controllo.

Già, un'ambulanza. Se non poter salire a bordo di una berlina come la Tesla è una seccatura, come affrontare il problema di un veicolo di soccorso con gli sportelli bloccati? Il problema è che i malfunzionamenti che oggi hanno interessato veicoli fermi, domani possono interessare i freni del veicolo in movimento, o i dispositivi che "vedono" i pedoni o gli altri veicoli.

In questo caso, sembra, si è trattato di un banale problema tecnico, forse un sovraccarico, presto risolto (ma, per chi aveva un appuntamento urgente, un ritardo di sei ore non è affatto banale). Ma il problema tecnico può anche essere creato da qualche malintenzionato. Ve lo immaginate un attacco ransomware a un centro di controllo della circolazione di veicoli a guida automatica? O a una banda di hacker che si impadronisce del controllo a distanza di migliaia di veicoli?

L'esperienza ci dimostra continuamente che l'aspetto della sicurezza non è al primo posto nella progettazione di sistemi tecnologici. E, nel caso specifico delle automobili, siamo ancora lontani da un ambiente sicuro. Si veda la prova, raccontata dalla CNN, We tried Tesla's 'full self-driving.' Here's what happened. E la prova è stata fatta a New York. Che cosa sarebbe successo a Roma?

Il problema è che non solo dipendiamo dalle tecnologie, ma soprattutto che queste tecnologie sono poco affidabili. Le macchine uccideranno gli umani non perché diventeranno assassine, ma per difetti di funzionamento.

Questa non è tecnofobia, non è luddismo. E' la semplice osservazione dei fatti. E' nei fatti che l'industria informatica ci vende prodotti difettosi, prodotti che non funzionano come l'utente si aspetta. Lo provano le continue esigenze di aggiornamento dei software e dei firmware: se fossero fatti a dovere, non sarebbe necessario aggiornarli in continuazione.

Alla fine ci troviamo di fronte al solito problema: lo sviluppo tecnologico non è guidato da principi etici.
Esiste, finalmente, un'etica dell'ambiente. Si parla di "tecnologie pulite", e va bene. Ma che dire di un'automobile a emissioni zero (ma si fa finta di non sapere che l'energia per la ricarica delle batterie non è "pulita", per non parlare di quella che serve per fabbricarla, l'automobile) e poi non risponde al suo proprietario perché né che ha progettato il telefonino, né il gestore della rete di comunicazioni si sono preoccupati delle percentuali di malfunzionamento?

Dunque in tutto questo il vero, fondamentale problema, è la mancanza di un'etica delle tecnologie. Quando ce ne renderemo conto?

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