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 Attualità

Qualcuno rema contro l'innovazione tecnologica
di Manlio Cammarata - 02.03.2000

A leggere i giornali sembra che in Italia tutti siano impegnati nel massimo sforzo possibile per promuovere l'innovazione tecnologica, diffondere l'uso dell'internet, proiettare il Paese nella società dell'informazione e via esultando. Ma forse c'è qualcuno che va controcorrente, come si può capire da notizie che non hanno l'onore delle prime pagine. E nemmeno delle ultime.
Per esempio, in una risoluzione del Ministero delle finanze del 24 febbraio scorso si legge che "in base alla vigente normativa la nozione di pubblicazione è limitata ai prodotti cartacei" e dunque l'IVA ridotta al 4 per cento, prevista per i prodotti editoriali, non può essere applicata all'informazione telematica.
Un equivoco? Vediamo.

Il caso nasce dalla richiesta di uno studio di consulenza legale e tributaria, se a un servizio di informazioni fornito da una società ai suoi clienti attraverso linee dedicate possa applicarsi l'IVA ridotta.
A prima vista stupisce l'ingenuità della domanda: come si può assimilare un servizio indirizzato a determinati soggetti, e per di più effettuato su linee private, all'attività editoriale? Questa è, per sua natura, rivolta a soggetti indeterminati e resa disponibile mediante canali aperti al pubblico, come le edicole, le librerie, la radio e la televisione o, tanto per essere chiari, l'internet.
Dunque la risposta al quesito potrebbe risolversi in poche righe: "Egregi signori, il servizio in questione non ha nulla a che fare con l'editoria, trattandosi di informazioni riservate e dirette a soggetti predeterminati. Inoltre l'IVA ridotta si applica solo alle pubblicazioni iscritte nei registri della stampa. Saluti".

Ma tutto questo sarebbe assai poco burocratico. La Burocrazia esige il rispetto della Prassi (le maiuscole, in questo caso, sembrano opportune) con la puntigliosa disamina e la puntuale citazione di ogni precedente Testo che si sia occupato della questione, e infine con l'emanazione di una Risoluzione, dal linguaggio più intricato possibile.
Ed ecco che, invece di riflettere sulla sostanza della questione, il burocrate va a scartabellare nei precedenti e trova una disposizione che in qualche modo si collega al caso in esame. Si tratta della circolare n. 328 del 24 dicembre '97, che spiega (o cerca di spiegare) l'applicazione delle modifiche alle norme sull'IVA contenute nel decreto legislativo 313/97. Con questo risultato:

In relazione all'aliquota IVA applicabile all'attività sommariamente descritta, si fa presente che, ai sensi del citato n. 18 della Tabella A, parte seconda, sono soggetti alla aliquota IVA del 4% i giornali e notiziari quotidiani, i dispacci delle agenzie di stampa, i libri, i periodici, ad esclusione dei giornali e periodici pornografici e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, etc. Per la individuazione oggettiva dei prodotti menzionati, torna utile richiamare quanto precisato nella circolare n. 328/E del 24 dicembre 1997 in relazione all'art. 74, comma 1, lettera c), che detta un particolare regime di applicazione dell'imposta per i suddetti prodotti. In tale occasione è stato chiarito che la nozione di "prodotti editoriali" è atta a comprendere ogni bene che "de iure condito" possa essere qualificato come tale. Pertanto, poiché in base alla vigente normativa la nozione di pubblicazione è limitata ai prodotti cartacei, deve essere escluso che siano considerati prodotti editoriali beni merceologicamente diversi. 

A questo punto è naturale la curiosità di leggere la circolare del '97. Ma il testo che appare al termine della ricerca sul sito del Ministero delle Finanze è monco e la parte sull'editoria rimane nascosta in chissà quali anfratti del sistema informativo. Così si torna a un vecchio tema, quello del diritto di accesso dei cittadini alle fonti normative. Il Ministero delle finanze dispone infatti di un archivio informatizzato che contiene tutta la normativa fiscale vigente, ma è riservato: come per la Gazzetta ufficiale, le norme dello Stato non sono a disposizione dei cittadini, se non a costo di spostamenti fisici e defatiganti ricerche, o sostanziosi esborsi verso editori privati.

Comunque, reperito fortunosamente il testo della circolare, si scopre che voleva dire esattamente il contrario:
Per quanto riguarda i periodici, devono intendersi per tali "i prodotti editoriali registrati come pubblicazioni ai sensi della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e successive modificazioni": si mette in evidenza che nel testo novellato (il DLgs 313/97, ndr) è stata utilizzata l'espressione ampia "prodotti editoriali", atta a ricomprendere ogni bene che "de iure condito" possa essere qualificato come tale a seguito di eventuali riforme normative intese ad estendere la nozione di pubblicazione, attualmente limitata a prodotti cartacei e viceversa ad escludere che, in base alla vigente normativa, siano considerati prorotti editoriali beni merceologicamente diversi.

Dicono in sostanza la norma e la circolare che se una pubblicazione è iscritta nel registro della stampa, allora è un prodotto editoriale e quindi è nel campo di applicazione dell'IVA ridotta. Si potrebbe discutere a lungo sulla definizione di "prodotto editoriale" (come la mettiamo con i libri?) e sull'esclusione della stampa pornografica, ma non è questo il punto: la risoluzione ministeriale del 14 febbraio afferma che l'editoria è solo quella cartacea, citando una norma che invece è aperta a "riforme normative intese a estendere la nozione di pubblicazione", riforme normative in vigore da un pezzo!
Infatti da molti anni il diritto positivo contempla anche l'editoria radiofonica e televisiva, e molti tribunali hanno sancito la natura editoriale anche delle pubblicazioni sull'internet, a partire dall'ordinanza del Tribunale di Roma per l'iscrizione della nostra rivista nel registro della stampa.
Viene il sospetto che qualcuno cerchi in ogni modo di remare contro la diffusione dell'informazione telematica: non si sa mai che qualcuno reclami l'IVA ridotta per un periodico, regolarmente iscritto nel registro della stampa, pubblicato sul Web...

Del resto anche per altri aspetti dell'innovazione tecnologica il Ministero delle finanze sembra poco attento all'innovazione legislativa. Infatti, introducendo l'invio telematico delle dichiarazioni dei redditi e precedendo in parte (meritoriamente) la legislazione sul documento informatico, il fisco ha messo in piedi un sistema di sicurezza per la trasmissione dei documenti che non rispetta la normativa sulla firma digitale, contenuta nel DPR 513/97. E non ha attuato la disposizione dell'articolo 22 dello stesso decreto: "Entro il 31 dicembre 1998 le pubbliche amministrazioni provvedono a definire e a rendere disponibili per via telematica moduli e formulari elettronici validi ad ogni effetto di legge per l'interscambio dei dati nell'ambito della rete unitaria e con i soggetti privati".

Ora si annuncia la possibilità di presentare la dichiarazione annuale via internet per tutti i cittadini, ma sempre con il sistema di sicurezza "proprietario" invece che con la firma digitale. Con una curiosa conseguenza: la legge prescrive che la dichiarazione deve essere firmata, ma il mancato rispetto delle disposizioni del DPR 513/97 fa sì che il documento non sia provvisto di una firma legalmente valida.
Sarà poi interessante scoprire come si comporterà il Ministero nei confronti dei cittadini che disporranno della firma certificata a norma di legge e vorranno servirsene, avendone il diritto, per l'invio della dichiarazione...
Promuovere l'uso della firma digitale è un obiettivo fondamentale per la tanto conclamata modernizzazione della pubblica amministrazione, e gli adempimenti fiscali sono un ottimo incentivo per convincere i cittadini a servirsi del nuovo strumento. Ma c'è una pubblica amministrazione, tra quelle più direttamente coinvolte, che "rema contro".

Non è finita. E' il caso di ricordare che le recenti modifiche legislative agli importi dei "bolli", introdotte in vista della trasmissione telematica degli atti giudiziari e delle formalità immobiliari, si sono risolte in un sensibile aggravio dei balzelli (vedi Ma intanto il Governo si inventa una bit tax e La "tangente" del Principe). Mentre è noto che la gestione informatizzata dei documenti fa risparmiare miliardi in misura tale da rendere possibile l'abolizione dei bolli stessi.
E così si contribuisce rallentare l'innovazione tecnologica. Meno male che adesso abbiamo un sottosegretario ad hoc che, possiamo esserne sicuri, interverrà subito per eliminare questi intoppi.