Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il testo
del decreto legislativo
"integrativo e correttivo" del DLgs 83/05 "Codice
dell'amministrazione digitale". L'articolato tiene conto solo in parte delle
osservazioni espresse dal Consiglio di Stato sia nel parere sulla prima release
dell'anno scorso sia nel secondo, del 30 gennaio
scorso, sulle correzioni. Il risultato,
come si prevedeva, sarà un testo di dimensioni esorbitanti, rattoppato alla
meno peggio, in cui risulteranno forse ancora più evidenti le incongruenze
della prima versione.
Sono state inserite le disposizioni sul sistema pubblico di connettività, ma
non quelle sulla posta certificata; sono state precisate o corrette le norme
generali sull'uso dell'informatica da parte delle pubbliche amministrazioni, ma
con i soliti "distinguo" che rimandano alle calende greche l'effettiva
realizzazione del progetto nel suo insieme.
Il vero problema resta quello della confusione sulle firme elettroniche e i
documenti informatici in generale: le definizioni rattoppate e le disposizioni
sull'efficacia sostanziale e probatoria dei documenti non risolvono la questione
di fondo su che cosa è una "firma" e che cosa non lo è. E non
ricostruiscono la completa equiparazione della firma "forte" alla
firma autografa, mantenendo la dissimmetria ordinamentale e l'incoerenza con la
normativa europea specificamente richieste dal Consiglio di Stato.
Troppo è stato scritto su questa materia per insistere ancora (vedi i
tanti articoli nell'indice di questa sezione): si
vedrà col tempo che queste
disposizioni non favoriscono la diffusione del documento informatico, ma la
rallentano, come dimostra l'esperienza degli anni inutilmente trascorsi da quando la firma
digitale è stata concretamente utilizzabile nel pubblico e nel privato (1999,
con le prime regole tecniche).
Basta un esempio per capire come la strada che si percorre dal 2001 sia
sbagliata: è stato "inaugurato" con fragorosi squilli di trombe il
primo "commissariato di PS on line", grazie al quale i cittadini
dovrebbero poter svolgere via internet le "pratiche" che normalmente
si svolgono recandosi di persona in un ufficio di polizia.
Peccato però che per dare effetto a una denuncia presentata per via telematica
si debba poi andare in un commissariato "fisico" per sottoscrivere un
pezzo di carta...
Questo è un caso lampante di mancata applicazione della norma fondamentale
sul documento informatico "valido e rilevante a tutti gli effetti di
legge", sancita esattamente nove anni fa con l'art. 15, comma 2, della
legge 15 marzo 1997, n. 59, ripresa anche dal codice dell'amministrazione
digitale. Che stabilisce, all'art. 65 (Istanze e dichiarazioni presentate alle
pubbliche amministrazioni per via telematica):
- Le istanze e le dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni
per via telematica ai sensi dell'articolo 38, commi 1 e 3, del decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono valide:
- se sottoscritte mediante la firma digitale, il cui certificato è
rilasciato da un certificatore accreditato;
- ovvero, quando l'autore è identificato dal sistema informatico con
l'uso della carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei
servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai
sensi della normativa vigente;
- ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico con
i diversi strumenti di cui all'articolo 64, comma 2, nei limiti di
quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa
vigente e fermo restando il disposto dell'articolo 64, comma 3.
- Le istanze e le dichiarazioni inviate secondo le modalità previste dal
comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con
firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento.
Di tutto questo non c'è traccia nel sito del commissariato
"virtuale". Sulla firma digitale non ci sono eccezioni (mentre per gli
"ovvero" ci sono i "limiti" che consentono alle pubbliche
amministrazioni di rinviare l'attuazione delle norme). E allora a che servono le
disposizioni che si moltiplicano da nove anni, a che serve il codice
dell'amministrazione digitale, se le amministrazioni non applicano neanche i
pochi punti chiari e consolidati della normativa?
(M. C.)
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