La contesa tra Madrid e Barcellona sul referendum per l'indipendenza della
Catalogna ha visto pesanti attacchi a quella che chiamiamo "democrazia
elettronica". Brutto precedente per il futuro della libertà della
Rete in Europa. Fundació puntCAT alle
3.12 del 20 settembre scrive su Twitter "Right now spanish police
@guardiacivil is doing an intervention in our office @ICANN". Tra i
commenti, di diverso segno: "The domain registry broke the constitution?
Internet locks are for autoritarian governements".
I blocchi di internet sono per i governi autoritari. Punto.
"La crisi costituzionale spagnola diventa un affare di Internet, dopo
che la Guardia Civil ha fatto irruzione ieri mattina, negli uffici della
Fundació puntCAT, organizzazione con sede a Barcellona che registra i domini
catalani ‘.cat’. Obiettivo dell’azione repressiva è l’oscuramento dei
siti, registrati sul dominio catalano, contenenti informazioni relative al
referendum sull’indipendenza della regione spagnola, che si dovrebbe tenere il
prossimo primo ottobre". Così l'AGI del 21 settembre scorso.
Ma l'internet, come sappiamo, non è facile da bloccare. Dal Corriere della sera: "La Guardia Civil blocca i siti
su cui la Generalitat ha caricato le liste degli aventi diritto. Ma si inizia a
votare comunque. I siti chiusi ricompaiono su altri server nei Paesi più vari".
Ora non sappiamo quanto le risorse della Rete abbiano effettivamente favorito
il voto di milioni di catalani, se le app che indicavano i seggi in funzione
siano state utili, se il voto elettronico (pur in assenza di qualsiasi garanzia
di sicurezza o di segretezza) abbia funzionato.
La questione è un'altra. Il governo spagnolo non è un governo autoritario,
almeno non nel senso usuale di "governo non democratico". Però ha
agito come se lo fosse.
Non è qui il caso di "buttarla in politica", anche perché non siamo
di fronte a una questione politica: si tratta della negazione di un diritto fondamentale come la
libertà di espressione.
Per quanto illegale e quindi privo di qualsiasi efficacia giuridica, il voto
della Catalogna poteva comunque essere considerato come la manifestazione del
pensiero di alcuni milioni di persone. Garantita – fra l'altro –
dall'articolo 11 della Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Questa storia non ci piace. Non
ci piace perché è non è proprio di un Paese democratico il blocco di siti internet nei quali si manifestano opinioni e
si pubblicano informazioni che non sono di per sé reati, non istigano alla
violenza, non costituiscono fake news né hate speech.
Semplicemente indicano
ai cittadini come esprimere pacificamente un voto, .
E tutto questo non avviene in uno Stato-canaglia, non avviene in una
dittatura di qualche lontano angolo della Terra. Succede in un grande Paese
dell'Occidente (la cui lingua è la terza più parlata al mondo), uno dei
più importanti Stati membri dell'Unione europea. Dove sono successe altre cose
che una volta di sarebbero dette "da terzo mondo", come la polizia che
cerca di impedire ai cittadini di votare e ne ferisce a centinaia.
E' un brutto precedente.
Post-scriptum. Sono passati più di vent'anni da
quando Giancarlo Livraghi scriveva in "Cassandra": Proviamo a chiederci: chi ha voglia di
reprimere?
Per cominciare: tutti i partiti politici, nessuno escluso, perché vedono male
uno scambio di opinioni fuori dai canali noti e controllabili (e forse non hanno
capito che nessuna forma di "democrazia elettronica" potrà mai
sostituire la struttura necessaria della delega, che semmai è minata dalla
meccanica superficiale del "comizio televisivo").
Non è il caso di fidarsi di chi parla di aiutarci o proteggerci. Grazie, no:
non abbiamo alcun bisogno della loro protezione.
La tendenza di tutti i Poteri, e in particolare di quello politico, è trattare
i cittadini come bambini sbrodoloni incapaci di gestirsi da soli.
Il rischio è che con la scusa di metterci il bavaglino finiscano col
metterci il bavaglio.
(Vedi anche il contributo di Andrea Monti nel Forum del
ventennale: Madrid contro Barcellona. Nella partita sui dati personali non
è in gioco la Champions League, ma la democrazia)
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