di Andrea Monti - 22.06.2000
La notizia è
riportata da Punto Informatico: "L'ufficio del Garante della Privacy ha
confermato l'avvio di un monitoraggio sui siti italiani, per capire quali sono
gli strumenti di profilazione messi in atto e fino a che punto gli utenti
vengano messi in condizione di sapere di essere monitorati da un "grande
occhio elettronico".
Dopo il caso "Libero-Infostrada" dunque, questa Autorità sembra aver
deciso di occuparsi (finalmente o purtroppo, dipende dai punti di vista) anche
della Rete e del modo in cui vengono applicate le norme sulla protezione dei
dati personali.
Polemiche a parte (e molte ce ne sarebbero da fare su curiose amnesie normative
e procedimentali, nonché sul fatto che proprio il sito
del Garante è privo quantomeno dell'informativa sul trattamento - vedi la
pagliuzza nell'occhio del vicino.) cerchiamo di capire i termini del problema
con riferimento alle situazioni concrete.
Il gestore telefonico
Ricostruendo le fasi dell'accesso all'internet il primo soggetto che
tratta dati è il gestore telefonico del POP al quale ci si collega.
Di regola, costui tratta i dati relativi alla telefonata (data, ora, durata,
numero chiamato, CLI) ai soli fini di fatturazione pertanto, evaso l'obbligo
di informativa - se non esentato ex art. 10 c.
4 L. 675/96 - si può ritenere "a posto".
Il fornitore di servizi internet
Il secondo soggetto nel quale ci si imbatte è il nostro provider, e qui le
cose si complicano.
Sicuramente il provider "logga" oltre ai dati di cui al punto
precedente, anche username e password (altrimenti il cliente non accederebbe al
servizio) e da questo momento in poi comincia la Babele.
Teoricamente l'attività di monitoraggio del comportamento di un utente può
essere estremamente spinta, fino al punto di tenerne sotto controllo ogni
piccolo movimento e addirittura leggergli la posta (il che - è bene
ricordarlo - costituisce reato). Nella realtà dei fatti questo analisi troppo
approfondite sarebbero estremamente complesse da gestire, per cui è ragionevole
pensare che difficilmente il fornitore di servizi si discosterà da quel
"minimo sindacale" cui facevo cenno in precedenza. Peraltro, non
esistendo uno specifico obbligo normativo di tenuta e conservazione dei LOG di
accesso, si potrebbe tagliare la testa al toro e decidere di farne a meno.
Sotto il profilo pratico, gli obblighi del fornitore variano sensibilmente a
seconda della scelta operata in concreto.
Se si è deciso di "lavorare al minimo" e i dati relativi all'accesso
(e non all'impiego del servizio) sono trattati esclusivamente per adempiere al
contratto (consentire il funzionamento dei sistemi ed erogare accesso e altre
funzionalità di rete) e/o a obblighi di legge (adozione di misure di sicurezza)
basta l'informativa, mentre non è necessario il consenso, per via dell'esclusione
prevista dall'art. 12 L. 675/96.
Viceversa, se i dati sull'accesso e sul "comportamento" dell'utente
costituiscono oggetto di trattamento per finalità diverse (una per tutte,
proprio la profilazione, appunto) allora è necessario raccogliere il consenso
dell'avente diritto.
Ma in che modo?
E' oramai invalsa nell'uso la prassi - mai "sconfessata" dall'Ufficio
del Garante o da un'aula giudiziaria - di consentire la manifestazione del
consenso mediante check-box, sistemi pop-up e assimilati. Questa
modalità è probabilmente corretta se i dati oggetto di trattamento sono
"ordinari", ma è del tutto insufficiente quando si ha a che fare con
i dati sensibili per i quali è previsto un consenso specifico ed espresso in
forma scritta. In altri termini, ci vuole la firma.
A questo punto l'alternativa è secca: o si compie uno sforzo
interpretativo e si dice che certe modalità di acquisizione del consenso
permettono di essere "più realisti del Re", riconoscendo che certe
sequenze di accesso (che, ad esempio, costringono l'utente a leggere
determinate pagine prima di proseguire nell'uso del servizio) offrono garanzie
maggiori della sottoscrizione autografa sotto il profilo della effettiva presa
di coscienza del contenuto di informativa e consenso, oppure si sposa una tesi
più restrittiva e allora, fino a quando la firma digitale non si diffonderà a
dovere, ai provider conviene rinunciare a qualsiasi forma di profilazione,
essendo praticamente impossibile "dividere il grano dal loglio" e
limitare il monitoraggio ai soli servizi politically correct
Ulteriore profilo rilevante nell'applicazione della legge è quello
relativo alla comunicazione/diffusione di dati verso Paesi straniere. Di questo
argomento ho scritto molto tempo fa e non è il caso di aggiungere altro (vedi Internet
chiude?).
Il gestore del servizio remoto
Il terzo interlocutore è il provider che ospita i servizi remoti ai quali
accediamo una volta connessi alla rete. Questi, oltre che oltre ad elaborare i
dati per sé, trasferisce le statistiche di accesso ai clienti che sono in
hosting/housing sulle sue macchine.
Per questi soggetti l'utente della rete è essenzialmente anonimo, essendo
semplicemente un numero IP che arriva da qualche parte, e in questo senso, non
avendo a che fare con dati personali, non ci si deve preoccupare della 675/96.
La situazione cambia parzialmente quando all'utente viene chiesto di
fornire le proprie generalità per poter usufruire del servizio. Fino a quando i
dati dell'utente non sono usati per interagire con la sua sfera giuridica -
come per esempio in una compravendita - non c'è alcuna garanzia che il
signor Dino Sauro utente dell'internet sia effettivamente lui e non il suo
segretario, Ptero Dattilo.
Battute a parte, in questo caso pur avendo dei dati relativi ad un soggetto, non
c'è modo di associarli univocamente ad una persona "in carne e
ossa". Un po' come accadeva ai tempi dei BBS, quando ogni volta che si
accedeva ad un nuovo sistema, si fornivano dati di chiunque tranne che i propri
(utilissimo in questo senso l'elenco telefonico).
Quando invece l'identificazione è ragionevolmente certa torniamo al punto
di partenza: se i dati servono solo per il contratto e per adempiere ad obblighi
di legge, nessun (??) problema - con l'eccezione di quelli generati dall'art.
28. Se si intende fare altro, in bocca al lupo!
Conclusione
Non ci vuole molta fantasia per immaginare i risultati dell'indagine
avviata dal Garante per i dati personali, e speriamo che il quadro di generale
inadempimento alla legge, al quale sono obbligati i fornitori per via di norme
confuse e incoerenti, induca una seria riflessione sulle modifiche -
abrogazioni, se del caso - da apportare alla legge. Che se venisse applicata sul
serio costituirebbe una pesantissima zavorra per lo sviluppo della rete e delle
opportunità che offre.
Per fortuna siamo in Italia.