Che bello essere un consumatore
anonimo!
di Manlio Cammarata - 12.12.02
"Privacy, da costo a risorsa" era il titolo della conferenza
internazionale organizzata a Roma la settimana scorsa dal nostro Garante. Un
titolo azzeccato per descrivere lo stato della discussione sull'uso commerciale
dei dati personali, con una serie di interventi di esperti provenienti da
diversi paesi di tutto il pianeta.
La tesi di fondo può essere riassunta in poche righe: superato il primo
periodo di applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali, in
cui le aziende lamentavano gli alti costi necessari per rispettare le
disposizioni sulla tutela della riservatezza, si è passati a una nuova
concezione, che vede il rispetto per il consumatore come un plus che può
determinare il successo commerciale di un'azienda (per saperne di più si può
scaricare l'edizione speciale della Newsletter del Garante , che traccia un quadro esauriente
della situazione raccogliendo alcuni testi già pubblicati in precedenza).
Ma alla fine, cercando di guardare al di là della facciata congressuale,
resta qualche perplessità sul grado di aderenza alla realtà della visione
proposta da diversi interventi. Per esempio, lo studioso tedesco Herbert Burkert
ha sostenuto il maggior valore per un'azienda del dato anonimo rispetto a quello
nominativo. Tesi piuttosto singolare, se si pensa agli uomini del marketing che
inseguono il sogno del consumatore "profilato" nei minimi dettagli, al
quale proporre acquisti "su misura" per ogni momento della vita.
Altre considerazioni possono essere fatte sull'intervento Orson Swindle,
della Federal Trade Commission degli Stati Uniti. Swindle ha dato conto di
precise contestazioni mosse dalla FTC a Microsoft, in merito a gravi lacune di
sicurezza riscontrate nei data base in cui sono archiviati i dati personali dei
clienti. Ma poco dopo Umberto Paolucci, vice presidente della compagnia
americana, si è ben guardato dal rispondere a Swindle, preferendo descrivere le
meraviglie delle nuove soluzioni della casa, in particolare per quanto riguarda
il Trustworthy Computing, presentato come un modello del rispetto della
privacy dei clienti. Mentre c'è chi lo considera il peggior esempio di
invasività dell'industria nelle scelte degli utilizzatori (vedi Puoi fidarti del tuo computer? di Richard Stallman).
Ma l'uscita più illuminante del vice presidente di Microsoft (illuminante
per capire quanto la protezione dei dati degli utenti stia a cuore dei dirigenti
della casa) ha riguardato proprio la sicurezza dei dati. Se le applicazioni non
sono sicure, ha detto Paolucci, è perché gli utenti non scaricano le patch.
Che significa affermare il diritto di vendere prodotti difettosi, imponendo
all'acquirente l'onere di turare le falle! E non basta farlo una volta, perché
a ogni "toppa" ne segue un'altra, fino a quando il cliente non viene
costretto ad acquistare una nuova versione del software, regolarmente descritta
come più sicura, e regolarmente soggetta a ripetuti e fastidiosi rattoppi della
sicurezza.
La conferenza va avanti. Due telecamere riprendono gli oratori per
proiettarne l'immagine sul grande schermo. A volte c'è un controcampo sul
pubblico, con ogni probabilità tutto viene registrato. Ma qui, nella sede del
Garante per la protezione dei dati personali, non ci sono i cartelli che lo
stesso Garante ha prescritto per i luoghi dove sono installate telecamere di
sorveglianza (vedi il Decalogo). Certo, le
riprese di una conferenza non sono videosorveglianza, però è sempre un
trattamento di dati personali...
Esci dalla conferenza, guardi in alto e ti accorgi che sei controllato da una
quantità incredibile di telecamere. Ce ne sono quasi in ogni angolo (quelle
visibili). Nessun avviso del fatto che in questo momento la tua immagine è
registrata su decine di nastri, non sai chi li guarda e per quanto tempo li
conserva, e con quali misure di sicurezza.
Trilla il telefonino, rispondi e ti chiedi quante persone stanno ascoltando le
tue parole e quante si stanno attrezzando per ascoltarle. Arrivi a casa, accendi
il computer e scarichi la posta. Butti via lo spam e pensi a quanti l'avranno
letta prima di te. Echelon, i grandi centri di ascolto dei quali si parla a
mezza voce... E presto anche il grande progetto del Total Information Awareness
(http://www.darpa.mil/iao/TIASystems.htm
e http://www.darpa.mil/iao/BAA02-08.pdf
). Che certo non sarà fermato da un'interrogazione
parlamentare dell'opposizione in Italia.
Però devi riconoscere che è una bella soddisfazione sapere che puoi essere
un consumatore anonimo.
* * *
Tu, onesto cittadino, vai a Milano per onesti affari, come ti capita spesso.
All'arrivo in albergo ti chiedono un documento, ne trascrivono i dati
direttamente sul computer e hai la sensazione che il tuo nome e cognome siano
trasmessi direttamente alla questura. Un po' più efficiente del vecchio
cartellino, e un dunque po' più fastidioso. L'indomani mattina chiami un taxi
dal tuo cellulare. "Buon giorno, signor Rossi" dice la voce della
centralinista. Sobbalzi: come mai sanno il tuo nome? Non fai a tempo a
riprenderti che la voce, cortese, chiede: "Il solito indirizzo?"
Evidentemente la compagnia dei taxi non condivide la teoria di Burkert. E poi
che se ne fa la questura di un dato anonimo? |