Troppi virus, intervenga il
legislatore!
30.11.01
Dilagano i worm allegati alla posta elettronica.
Negli ultimi giorni è più che raddoppiata la quantità media di messaggi in
arrivo nelle caselle di InterLex. Circa la metà contiene allegati infetti,
quasi tutti dal micidiale W32.Badtrans.B@mm (ma ci sono anche
retroguardie di Nimda e Sircam), buona parte degli altri sono
inviati da lettori esasperati per l'invasione.
E' il caso di ricordare che questi virus non sono pericolosi tanto per i sistemi
informatici, quanto per la riservatezza dei dati che vi sono contenuti.
Infatti, come tutti dovrebbero sapere, gli infernali codici si propagano
automaticamente dal computer infetto agli indirizzi che trovano nella rubrica di
Windows. Alcuni, come Sircam, si attaccano a un file, che quindi
diffondono con il suo contenuto a un elevato numero di destinatari, tutti in
qualche modo in relazione con l'ignaro mittente; altri, come il recente Badtrans,
installano addirittura un "cavallo di Troia" che registra i tasti
premuti dall'utente, e quindi anche le password.
I rischi per la riservatezza sono quindi enormi, con conseguenze che potrebbero
assumere, in qualche raro caso, rilevanza penale (vedi Misure
minime e operatori del diritto: tre pezzi facili di Daniele Minotti).
Ma, anche quando è al sicuro da effetti catastrofici, un utente che riceve
un messaggio infetto subisce comunque un danno non indifferente: tempo
necessario per scaricare l'ingombrante e-mail, il tempo per rispondere ai
messaggi del programma antivirus e neutralizzare il rischio, tempo per gli
ulteriori controlli suggeriti dalla prudenza e la definitiva eliminazione dei
file trattati (anche se teoricamente ormai inoffensivi)... Si deve considerare
che, anche quando l'antivirus ha sventato la minaccia (cosa non sempre possibile
al 100%), resta sempre il file prelevato dal computer del mittente, che può
contenere informazioni delicate.
A InterLex sono recentemente arrivati, fra gli altri, un elenco di password (con
elementi sufficienti a identificare l'ignaro mittente...), la memoria di un
avvocato per una causa di divorzio e un elenco di clienti morosi di una
società.
Tra le curiosità che meritano di essere segnalate, c'è anche un Badtrans
spedito da un ex magistrato, che negli anni passati si era distinto per il
rigore che reclamava nei confronti dei criminali informatici e degli operatori
di sistema che, a suo dire, non compivano dettagliati controlli...
E' ovvio che le "misure minime di sicurezza" contenute nel DPR
318/99 (non rinnovato dal Governo nel termine di due anni previsto dall'art.
5, comma 3, della l. 675/96) sono assolutamente inadeguate. Il termine di
sei mesi previsto per l'aggiornamento degli antivirus è ridicolo, le misure
previste per gli "elaboratori accessibili mediante una rete di
telecomunicazioni disponibili al pubblico" sono del tutto inadeguate
(qualsiasi cosa significhi l'espressione, tecnicamente scorretta).
Sarebbe compito del Garante per la protezione dei dati personali segnalare al
Governo la necessità e l'urgenza di emanare disposizioni adatte, ma non sembra
che negli uffici di piazza Monte Citorio si siano ancora resi conto della
gravità della situazione.
Ma di chi è la responsabilità dei danni che si possono verificare in
seguito alla diffusione dei virus? Per capirlo vediamo quali sono le condizioni
che rendono possibile il contagio:
1. L'utente che riceve il virus deve aprire l'allegato, oppure
2. Deve usare il client di posta elettronica Windows Outlook o Windows
Outlook Express, senza aver installato le "pezze" che la stessa
Microsoft mette a disposizione sul suo sito e senza aver disattivato alcune
funzionalità automatiche.
3. Deve usare la rubrica di Windows/Outlook.
Dunque è tutta colpa dell'utente che ha il computer infettato? Un momento.
Chi si trova nelle condizioni appena descritte è un utente inesperto, un
"mero utilizzatore" che non ha alcuna conoscenza di informatica.
Quello che compera o riceve il PC con tutto il software installato (magari anche
un antivirus, che però non sa come aggiornare o addirittura ignora che vada
aggiornato) e magari lo usa di malavoglia, perché è obbligato a farlo.
Invece l'utente appena un po' smaliziato sa che non deve aprire attachment
"strani" - anzi, che deve controllare tutti gli allegati, uno per uno
- che non deve usare Outlook e la relativa rubrica, e se proprio decide di
farlo, deve adottare tutte le necessarie precauzioni.
Ma è chiaro che la maggioranza degli utilizzatori di personal computer non
è in condizione di comportarsi da "esperto", di scegliere un diverso
programma per l'e-mail (ce ne sono tanti da prelevare dalla rete, anche
completamente gratis), di installare e configurare un programma antivirus, o
addirittura di tenersi aggiornato sugli avvisi relativi alla sicurezza e sulle patch
da scaricare e installare.
La quasi totalità dei PC in vendita è pensata e configurata per l'utente
inesperto, e proprio questa caratteristica è sfruttata per conquistare un
numero sempre più alto di clienti da fabbricanti e venditori . E tra questi è
in primissimo piano proprio Microsoft.
E' come mettere in libera vendita armi pericolose.
E' uno scandalo che deve cessare e per questo pare indispensabile un
intervento legislativo sul piano penale. La legge
23 dicembre 1993 n. 547 ha inserito nel codice una previsione di reato:
Art. 615-quinquies. - (Diffusione di programmi diretti a danneggiare o
interrompere un sistema informatico). - Chiunque diffonde, comunica o consegna
un programma informatico da lui stesso o da altri redatto, avente per scopo o
per effetto il danneggiamento di un sistema informatico o telematico, dei dati o
dei programmi un esso contenuti o a esso pertinenti, ovvero l'interruzione,
totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, è punito con la
reclusione sino a due anni e con la multa sino a lire 20 milioni.
Ma si tratta di un'ipotesi dolosa, la diffusione per semplice negligenza non
è punita.
L'evidenza della pericolosità della diffusione di programmi che danneggiano
i sistemi e/o i dati è tale da giustificare una previsione di reato colposo. La
norma deve essere calibrata con attenzione: agli utilizzatori si deve richiedere
una proporzionata diligenza, ma è necessario prevedere per l'industria
l'obbligo di informare gli acquirenti e di mettere a loro disposizione gli
strumenti necessari per proteggersi e per non danneggiare gli altri.
Questi sono i punti essenziali, quanto basta per riprendere una discussione che,
su queste pagine, non è nuova: si occupava della questione il magistrato
Gianfranco D'Aietti in un intervento al Forum multimediale "La società
dell'informazione". Era la prima sessione del Forum (l'embrione di questa
rivista), e si intitolava Comportamenti e norme
nella società vulnerabile.
Lo scritto di D'Aietti è La
responsabilità per i danni da software (colposamente) difettoso e
porta la data del 16 giugno 1995.
(M. C.)
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