Troppe
incertezze per il settore dell'informazione
di Manlio Cammarata -
18.07.97
Alzo zero e fuoco a
volontà. Il tiro incrociato sulla legge per la tutela
dei dati personali non si placa, anzi, sembra aumentare
col passare dei mesi.
Se ne è avuta una prova nella trasmissione radiofonica
"Lampi d'estate", del 15 luglio scorso, in un
acceso dibattito al quale hanno partecipato diversi
autorevoli personaggi: Giuseppe Corasaniti, magistrato e
docenti di diritto dei mezzi di comunicazione alla Luiss,
Franco Frattini, presidente del Comitato parlamentare di
controllo dei servizi di informazione, Vittorio Roidi,
giornalista ed ex presidente della Federazione della
stampa romana, Paolo Serventi Longhi, segretario della
Federazione nazionale della stampa italiana (il più
importante sindacato dei giornalisti), Raffaele Zallone,
responsabile della gestione del personale di IBM. Tutti
contro Giovanni Buttarelli, il magistrato dell'ufficio
legislativo del Ministero di grazia e giustizia, che ha
seguito tutto l'iter legislativo della 675 e ora è
segretario generale del Garante per la tutela dei dati
personali.
Butttarelli, come sempre,
difende appassionatamente la legge. Ma le obiezioni che
gli vengono rivolte non sono più, come ai tempi del
dibattito parlamentare, fondate su astratte previsioni o
più o meno interessate letture del testo. La legge è in
vigore da più di due mesi e i fatti dimostrano che i
timori della vigilia non erano esagerati. Nel corso della
trasmissione sono stati citati molti casi già noti, come
il rifiuto delle società calcistiche di divulgare
informazioni sullo stato fisico degli atleti, o
l'impossibilità di sapere se una persona della quale i
familiari non hanno improvvisamente notizie sia stata
ricoverata in un ospedale.
Ha ragione Buttarelli quando difende le ragioni di fondo
della legge e dice che molti problemi nascono da
interpretazioni superficiali o inutilmente allarmistiche
delle norme, ma evidentemente il testo si presta a queste
interpretazioni. E ha ragione Serventi Longhi quando
afferma che, nonostante il primo decreto correttivo, i
giornalisti incontrano molte difficoltà nel loro lavoro,
con la spada di Damocle di una possibile condanna penale
per aver divulgato dati personali contravvenendo alla
legge. Il problema è serio anche perché, come ha
ricordato Corasaniti, il timore di sanzioni si può
trasformare in una forma di autocensura e quindi limitare
la libertà dell'informazione.
D'altra parte non si può
dare torto a Frattini, quando lamenta la diffusione di
notizie delicatissime che riguardano l'attività dei
servizi segreti e, nello stesso tempo, i servizi trattano
informazioni con procedure illegittime. Ma non è
accettabile che continui a "scusare" i difetti
del testo varato dal Parlamento, adducendo il pretesto
della fretta di adempiere agli obblighi comunitari: della
legge si discuteva da una decina d'anni, e le stesse
critiche venivano sollevate ad ogni inizio di legislatura
quando il Governo ripresentava il progetto lasciato in
sospeso dalla legislatura precedente. C'era tutto il
tempo di scrivere un testo nuovo, che tenesse conto delle
anche autorevoli osservazioni avanzate su quelli
decaduti.
A questo punto però la
legge è in vigore e continuare a discutere su come
avrebbe potuto o dovuto essere può diventare un
esercizio poco costruttivo; è meglio concentrare
l'attenzione sui problemi concreti della sua
applicazione. Questo chiama in causa l'ufficio del
Garante, del quale si deve lodare la solerzia con la
quale è intervenuto fin dai primi giorni della sua
attività, nonostante le difficoltà causate proprio
dalla scarsa attenzione del legislatore per i prevedibili
problemi organizzativi di una struttura con compiti così
delicati. E va apprezzato anche il rigore interpretativo
che traspare dai suoi già numerosi interventi: una
politica permissiva nel primo periodo di applicazione
della legge potrebbe comprometterne l'efficacia in
futuro. Che siano necessarie importanti correzioni lo ha
riconosciuto fin dall'inizio lo stesso Rodotà e lo ha
dimostrato l'urgenza con la quale il Governo ha emanato
il primo provvedimento correttivo, solo un giorno dopo l'entrata in
vigore della legge. "Tra l'altro c'era il problema
dei giornalisti... C'era il rischio, poiché lì c'è una
sanzione penale, che quella "finestra" di un
giorno potesse provocare qualche denuncia", ha detto
il presidente nell'intervista che ha rilasciato il 4 giugno alla nostra
rivista, e di problemi di questa portata ce ne sono
ancora molti. Ha detto Zallone nel dibattito alla radio
"Se non applico le misure di sicurezza rischio di
andare in galera sulla base della 675, se le metto senza
l'accordo sindacale rischio di andare in galera sulla
base dello Statuto dei lavoratori". Sarà anche
vero, come ha risposto Buttarelli, che si tratta di una
falsa questione, ma non c'è dubbio che l'incertezza è
tanta e in moltissimi settori, dall'informazione
all'economia, dalla sanità alla giustizia.
La complessità della
situazione è dimostrata anche dal fatto che un secondo
decreto correttivo, previsto per i primi di questo mese,
difficilmente vedrà la luce prima della fine
dell'estate; questo non aiuta a dissipare i dubbi e ad
allontanare il rischio che importanti attività siano
messe in difficoltà dal clima di incertezza che, invece
di diminuire, sembra aumentare a mano a mano che vengono
alla luce situazioni impreviste e di difficile soluzione.
Gli orientamenti generali del Garante, ribaditi da
Buttarelli anche nel suo intervento radiofonico, sono
chiari e condivisibili, ma al quadro d'insieme mancano
ancora troppi dettagli. Gli ormai numerosi comunicati
stampa - un mezzo
irrituale, anche se efficace - non bastano, perché in
molti casi non sono completati dall'informazione completa
sulla materia. Sarebbe necessario conoscere anche le
richieste che sono state avanzate all'ufficio e le
risposte che sono state date. Ma, si fa osservare
ufficiosamente, domande e risposte non possono essere
divulgate perché contengono informazioni personali. Si
giunge così al risultato che lo stesso Garante è
prigioniero della legge che è chiamato a far rispettare,
e che non può non rispettare per primo. Il paradosso
della "riservatezza del Garante della
riservatezza" è un sintomo delle difficoltà di
avvio di una legge tanto attesa e tanto difficile da
applicare.
Il problema è
particolarmente evidente nel mondo dell'informazione. Le
indicazioni espresse dal Garante nel comunicato
del 2 luglio
scorso sono condivisibili sia nell'ottica del principio
della tutela della dignità delle persone, sia sotto il
profilo interpretativo. Ma si scontrano non tanto col
"diritto di cronaca" quanto con le abitudini
consolidate dell'informazione italiana, alla quale è
difficile chiedere di inventarsi da un giorno all'altro
un diverso modo di lavorare. Il questo senso sarà
certamente molto utile il codice di autoregolamentazione
dei giornalisti, per il quale lo stesso Garante ha annunciato di aver avviato la procedura.
Non risulta, invece, che si sia ancora concretamente
interessato al problema del decreto legislativo previsto
alla lettera n) del comma 1 della legge
676, che riguarda
soprattutto Internet, né che abbia preso iniziative per
il codice di autoregolamentazione dei fornitori. In
questo campo le questioni aperte sono forse ancora più
delicate di quelle dell'informazione stampata e
radiotelevisiva, perché nel settore dell'informazione
telematica manca ancora un quadro normativo completo e
coerente.
Anche qui il previsto codice di autoregolamentazione, che
potrebbe essere varato in tempi più brevi di quelli
richiesti da un provvedimento legislativo, aiuterebbe a
fare chiarezza.
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