Ormai la legislazione sui dati personali (o, impropriamente, sulla
"privacy") è diventata il mio chiodo fisso, specie nella prospettiva
della sicurezza informatica di rilevanza penale.
Dopo essermi fin troppo dilungato, sulle pagine di InterLex, in merito alla
"realtà" di alcune misure di sicurezza, la l. 675/96 viene riformata.
Il 1° febbraio 2002 (tranne alcune disposizioni particolari) è, infatti,
entrato in vigore il DLgs 467/01 che ha
inciso non poco sulle disposizione penali.
Per quanto ho letto, all'indomani della pubblicazione soltanto il Garante ha,
nella Newsletter 21-27 gennaio 2002, delineato
correttamente i confini della depenalizzazione da altri "gonfiata"
oltre i limiti fissati dal legislatore. La depenalizzazione è, in realtà,
assai limitata e riguarda soltanto una parte dell'art. 34 nelle ipotesi di
omissione, intempestività e incompletezza delle notificazioni.
La notificazione infedele ora rientra, insieme ad altre nuove condotte, nel
nuovo art. 37-bis, peraltro con
un aumento di pena (prima da tre mesi a due anni di reclusione, attualmente da
sei mesi a tre anni, sempre di reclusione). Inoltre, attesa l'estrema
vicinanza dei concetti di "incompletezza" (art. 34) e "falsità" (art. 37-bis),
è facile prevedere trattamenti diversificati in ordine alla collocazione (tra
amministrativo e penale) della prima ipotesi.
Anche il regime del trattamento illecito (art.
35) appare modificato in senso peggiorativo. Ora sono penalmente sanzionati
tutti i tipi di trattamento e non soltanto la comunicazione e la diffusione.
Infine, subisce un allargamento del censurabile anche l'art. 37 con il riferimento al novellato (a
sua volta) art. 31, comma 1, lett. l):
"se il trattamento risulta illecito o non corretto anche per effetto della
mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera c)".
E così si ritorna inevitabilmente a quello che tempo fa, a seguito dell'invasione
di worm "spara dati personali" (Sircam e Magistr, per menzionare i
più noti e diffusi), è stato un tema di grande attualità: l'omessa adozione
di misure di sicurezza ex art. 36.
A parte l'espunzione dal penale di casi di trattamento per fini esclusivamente
personali (all'art. 3, comma 2, è stato
cancellato il riferimento all'art. 36), la fattispecie criminosa è stata
completamente riscritta.
Subito appare evidente la trasformazione da delitto a contravvenzione punita con
pena alternativa (peraltro con una pena detentiva raddoppiata rispetto a quella
previgente per l'ipotesi base e, come detto in alternativa, un'ammenda
considerevole in nessun modo prevista dal testo ante decreto).
Ma senza dubbio innovativa, almeno nel campo dei dati personali, è l'introduzione
della procedura estintiva del reato prevista già in tema di sicurezza e igiene
nel lavoro (DLgs 758/94) applicabile, per giunta, anche ai procedimenti pendenti
alla data di entrata in vigore del decreto e a condizione che la richiesta sia
avanzata entro 40 giorni da tale data.
La novità è, in linea di massima, da apprezzare. In sostanza, a seguito dell'accertamento
del reato de quo, seguirà il provvedimento di blocco del trattamento (la
cui inosservanza, come visto, è distintamente sanzionata ai sensi dell'art.
37) e, soprattutto, l'indicazione di prescrizioni atte a "coprire" i
"buchi" delle sicurezza. L'adeguamento a tali prescrizioni
comporterà la possibilità di accedere alla fase finale della procedura: il
pagamento di una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda: in pratica, la
"modica" cifra di oltre 10.300 Euro (20.000.000 delle nostre care ma
vecchie lire).
Ed è proprio questo il punto. Chi vorrà vedersi revocato il blocco del
trattamento (dunque lavorare) non potrà che adeguarsi alle prescrizioni dell'accertatore,
sarà, cioè, letteralmente costretto a regolarizzarsi, cosa tutt'altro che
indesiderabile. Ma per giungere all'estinzione del reato dovrà pagare anche
la somma di cui sopra. Non sfugge, però, l'insita iniquità di tale sistema,
nel senso che non è difficile immaginare il peso che l'esborso potrà avere,
ad esempio, per un piccolo imprenditore all'inizio della propria attività
rispetto, sempre ad esempio, a quello che graverebbe sul responsabile della
sicurezza di una grande multinazionale (che pagherebbe per il soggetto
penalmente responsabile).
Personalmente, avrei preferito una totale depenalizzazione. Il sistema della
l. 689/81 è ancora oggi molto efficace e più elastico rispetto alle rigide
regole del diritto penale. D'altro canto, è lo stesso legislatore della
riforma a considerare gli aspetti di cui ho parlato, proprio nel riscritto art. 39, comma 2, del quale vale la pena di
riportare un passaggio assai significativo: "La somma può essere aumentata
sino al triplo quando essa risulti inefficace in ragione delle condizioni
economiche del contravventore".
Purtroppo coloro che pretendono di avere un legislatore coerente ed equo, al
di là delle riforme sbandierate come conquiste della civiltà, rischiano sempre
di fare la figura degli "Incontentabili" di caroselliana memoria.