Posta-spazzatura, lo stop del Garante
di Manlio Cammarata - 10.09.03
La ripresa autunnale porta molte novità legislative nel campo delle
tecnologie dell'informazione.
La più attesa è certo il Codice
in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196), con le disposizioni aggiornate sulle misure minime di sicurezza (Allegato B). Poi c'è lo schema del Codice delle comunicazioni
elettroniche, che recepisce in un colpo solo ben cinque direttive europee
(il cosiddetto "pacchetto" del 2002, che ridisegna l'intero settore delle
telecomunicazioni). Infine, ma non ultima, la legge di semplificazione 2001
(29 luglio 2003, n. 229), con diversi punti interessanti per le materie che ci
interessano.
Nei prossimi numeri ci occuperemo dei diversi provvedimenti, alcuni dei quali
richiedono una lettura molto attenta. E' il caso, prima di tutto, del
"Codice della privacy": non è facile esprimere valutazioni sintetiche
su un corpus di grandi dimensioni, che raccoglie e riordina oltre cinque
anni di normativa di tutti i livelli, dalla legge del '96 ai provvedimenti del
Garante. Un primo assaggio delle differenti letture che si possono dare del
nuovo testo può emergere dal confronto degli articoli di due esperti di
sicurezza, Andrea Gelpi e Corrado Giustozzi, che pubblichiamo in questo numero (Misure minime, qualche passo avanti
e Dati al sicuro,
non ci sono più scuse).
In tema di protezione dei dati personali merita un discorso a parte il provvedimento del Garante sul mail spamming. Ha
riscosso l'attenzione dei media nella prima settimana di questo mese (con le solite superficialità e
imprecisioni) ed è stato richiamato dalla
newsletter del Governo due giorni fa, anche se il testo porta la data del
29 maggio.
"Il Garante vieta il mail spamming" è la notizia in sintesi, ma si sa
che la sintesi va spesso a scapito della precisione. Infatti, come si legge nel
provvedimento stesso, non c'è nessuna novità sostanziale nella normativa
sull'argomento.
In effetti il Garante accoglie l'allarme per l'intollerabile e sempre
crescente quantità di posta-spazzatura che intasa i server e riempie le mailbox
degli utenti e richiama una per una le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative sull'invio di messaggi commerciali non richiesti. Elimina anche
qualche problema di natura strettamente giuridica, come la discutibile natura di
"dato personale", qualche volta attribuita anche a stringhe di
caratteri generate casualmente da un software: saltando a pie' pari la
questione, il provvedimento ricorda che comunque è necessario il consenso
preventivo per l'invio di qualsiasi messaggio non specificamente richiesto.
Anche per quanto riguarda gli indirizzi "conoscibili da chiunque" o il
per mail grabbing (raccolta automatica di indirizzi disponibili sul
web), il Garante non ha dubbi: l'uso di tali indirizzi per l'invio di
comunicazioni commerciali è in contrasto col "principio di finalità"
dei trattamenti e quindi non è consentito.
Fin qui, tutto bene. Il problema è che buona parte della spazzatura che
appesta le nostre caselle è inviata da soggetti stabiliti all'estero, ai
quali le disposizioni italiane e comunitarie non possono essere applicate. I
rimedi contro lo spam extracomunitario non sono né facili né rapidi e in
qualche caso possono mancare del tutto. Per buona misura, il provvedimento
contempla anche questo aspetto e suggerisce anche qualche soluzione per una
forma di "spamming legittimo". Quasi un manuale, dunque, ad uso degli
spammatori e soprattutto delle loro vittime.
Comunque l'efficacia sostanziale del provvedimento del Garante non può che essere
limitata, almeno fino a quando non si troveranno intese efficaci a livello
internazionale. Intese che non appaiono dietro l'angolo.
In tutto questo c'è da registrare un aspetto importante: se il provvedimento
del 29 maggio aiuta a capire un tema specifico, delicato e controverso, il
codice che entrerà in vigore all'inizio del prossimo anno cerca di mettere
ordine in tutto il complesso sistema della protezione della riservatezza. Certo,
molti punti possono essere oggetto di discussione, dall'impostazione fin troppo
analitica dell'articolato alle singole disposizioni e al modo in cui sono state
raccordate all'insieme. Ma almeno adesso sappiamo di che cosa discutere.
E, cercando di osservare la situazione sotto l' angolazione più ampia
possibile, possiamo avere la sensazione che con il Codice si apra una
"seconda fase" nel sistema giuridico della tutela della riservatezza.
In parte, ma solo in parte, possiamo parlare anche di una "seconda
generazione" di norme, particolarmente in relazione alle disposizioni
contenute nel decreto legislativo 467/01 e nella direttiva 2002/58/CE
(formalmente recepita dallo stesso Codice).
Questo significa che dobbiamo considerare conclusa la prima fase della
normativa sulla protezione della riservatezza, quella in cui era necessario
prima di tutto far entrare nella testa delle persone (e soprattutto delle
aziende e degli enti pubblici) il principio stesso della tutela dei dati e della
sua importanza nei rapporti sociali e commerciali. Ora occorrono alcune
"rifiniture", in primo luogo i codici deontologici che il nuovo testo
prevede specificamente per molti comparti. A cominciare da quello,
importantissimo, dei fornitori dei servizi di telecomunicazioni. Un settore di
primo piano nella società dell'informazione, nel quale i problemi di tutela
della riservatezza appaiono molto più impegnativi di quanto si possa verificare
in altri campi.
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