Il futuro, tra il libro
dei sogni e la scommessa
di Manlio Cammarata - 29.06.2000
Il Governo accoglie la "visione del
mondo" dell'internet e presenta un grande progetto per la pubblica
amministrazione. Un progetto che applica e sfrutta con coerenza le opportunità
offerte dalla rete e definisce obiettivi e scadenze, anche vicine.
Chiacchiere? Castelli in aria? Marketing pre-elettorale? No, o almeno non
troppo. La maggior parte delle iniziative descritte nel Piano d'azione non è
nuova, molte sono già avviate. La novità è nella visione sistematica, esposta
con molta chiarezza, di una pubblica amministrazione "in rete", non
solo sotto l'aspetto tecnologico, ma soprattutto dal punto di vista funzionale.
Dare conto nello spazio di un articolo di tutti
gli aspetti del piano è impossibile: la sintesi può
dare qualche indicazione, ma i punti più importanti vanno pazientemente scovati
nel testo integrale. Cerchiamo di vedere
quelli essenziali, seguendo un ordine logico. Ma prima di tutto si deve rilevare
una novità attesa da anni e che dovrebbe diventare realtà in tempi
ragionevolmente brevi. Si tratta delle "norme in rete", cioè della
messa on line, gratis, di tutto il patrimonio normativo italiano, compresa la
Gazzetta ufficiale. Un progetto "globale" e molto avanzato sul piano
tecnico, già in fase di approfondimento, che dovrebbe dare i primi frutti in
tempi abbastanza brevi. Ne parleremo in dettaglio sul prossimo numero di
InterLex.
I principi ispiratori del Piano sono quelli tante
volte conclamati: mettere la pubblica amministrazione al servizio dei cittadini,
attuare l'interscambio dei documenti tra gli uffici, eliminare le certificazioni
e via discorrendo, secondo le previsioni delle varie "leggi Bassanini"
per la semplificazione dell'attività amministrativa.
Ma ecco la grande novità: la pubblica amministrazione è ora concepita come una
banca, o come qualsiasi altro ufficio aperto al pubblico, con un front office
a diretto contatto con i cittadini e un back office al servizio del front
per fornire applicazioni, informazioni e quant'altro serva. Lo schema prevede
che cittadini abbiano rapporti esclusivamente con il front office,
costituito dalle amministrazioni locali, mentre quelle centrali svolgono il
ruolo del back office.
Elementare? Non tanto, se si riflette sulla
struttura storica della pubblica amministrazione italiana, che è fondata sulla
stratificazione e sulla rigida divisione delle competenze. "Deve rivolgersi
all'ufficio competente" è la risposta più frequente data al cittadino che
si presenta a uno sportello per una pratica qualsiasi, e l'ufficio competente
non è mai uno solo, ma almeno due o tre, con la conseguente moltiplicazione
degli spostamenti e delle code.
Qui è la vera rivoluzione, tante volte annunciata, ma solo ora a portata di
mano: qualsiasi sportello sarà "competente" per qualsiasi pratica,
grazie alla condivisione delle informazioni e alla interoperabilità delle
procedure.
La prospettiva si può realizzare solo se tutti
gli sportelli - cioè i front office delle amministrazioni
locali possono effettivamente scambiarsi i dati o accedere direttamente ai
dati dei back office centrali. E per questo serve una rete telematica
capillare che serva l'intera pubblica amministrazione, in tutti i luoghi e a
tutti i livelli.
Dunque il Piano prevede la creazione di una rete nazionale "in grado
di interconnettere tutte le amministrazioni e gli enti locali e centrali, che si
ispiri al modello Internet e che consenta, in condizioni di sicurezza, lo
scambio di servizi applicativi paritetici tra tutte le amministrazioni... La
realizzazione della rete nazionale avverrà secondo un modello architetturale
federato che renda interoperabili le reti già esistenti sul territorio: la rete
unitaria, le reti delle regioni, altre eventuali reti di area, le reti di
categoria e le reti di settore amministrativo", come si legge al punto
3.1.3.
In questo modo il Piano supera le limitazioni
insite nel progetto stesso della RUPA (una intranet delle amministrazioni
centrali, con un solo punto di contatto con l'internet) e riconduce a uno schema
unitario la dispersione delle iniziative telematiche degli enti locali e delle
singole amministrazioni (vedi il punto 4).
Alla fine si dovrebbero avere una extranet delle amministrazioni centrali e una
extranet di quelle locali, completamente interconnesse per la condivisione dei
dati e l'interoperabilità delle procedure, aperte (in condizioni di sicurezza)
all'accesso dei cittadini. Dal punto di vista concettuale è una specie di
rivoluzione, perché si passa dalla visione centralistica della "Rete
unitaria della pubblica amministrazione" alla visione federativa delle
"rete nazionale", in sintonia con tutto il processo di rinnovamento
del sistema amministrativo (non a caso il piano per l'e-government è
firmato dal ministro Bassanini).
Nel Piano c'è un altro aspetto rilevante, di
competenza delle amministrazioni centrali, ed è la previsione di una serie di
portali informativi e per l'erogazione di servizi (punto
5). In pochi mesi l'idea del "Portale Italia" improvvisata dal
precedente governo ha fatto molta strada e si è trasformata in uno schema
articolato e probabilmente efficace. Il progetto indica i portali informativi
come strumento per l'accesso del pubblico alle basi di dati delle
amministrazioni, con standard comuni e garanzia della qualità delle
informazioni, partendo da una ricognizione degli archivi di rilevanza nazionale.
Tra i portali informativi c'è anche quello delle norme, già citato all'inizio.
Ai portali informativi si affiancheranno i
portali per l'erogazione di servizi ai cittadini e alle imprese. E' sempre la
vecchia idea dello "sportello unico telematico", che ora si colloca in
un disegno sistematico che ne può garantire la funzionalità.
Il punto di arrivo è un portale "che materializzi la visione proposta dei
servizi integrati al cittadino", con procedure di accesso unificate,
compresa l'identificazione dei soggetti e la validazione dei documenti
attraverso la carta d'identità elettronica e la firma digitale. Anche questo è
un punto che esamineremo a parte, perché non tutti i problemi di tecnologia e
di standard della carta elettronica possono dirsi risolti e le scadenze previste
dal piano potrebbero peccare di un eccesso di ottimismo.
Il discorso sui portali non si esaurisce qui: è
prevista anche la costituzione di un portale per i servizi di certificazione,
che dovrebbe consentire a tutte le amministrazioni la verifica delle
informazioni fornite dai cittadini e poi la loro acquisizione diretta. Così
dovrebbero scomparire non solo l'attività di certificazione - già ridotta in
misura notevole rispetto al passato - ma anche l'autocertificazione: ogni
amministrazione potrà ottenere i dati o dalle altri amministrazioni che ne
dispongono, o dai data base centralizzati. Tra questi, particolarmente
importante sarà quello del Ministero dell'interno, che conterrà tutti i dati
anagrafici dei cittadini, forniti dai comuni.
In sintesi, già da queste note forzatamente
superficiali e incomplete, si possono intuire la dimensione "epocale"
del Piano e la sua complessità, ma anche la solidità delle basi tecnologiche
sulle quali è fondato. Dal punto di vista tecnico non è "il libro dei
sogni", ma potrebbe esserlo al momento della realizzazione, se tutte le
amministrazioni non faranno la loro parte e opporranno le già sperimentate
burocratiche resistenze all'innovazione.
Non induce all'ottimismo la constatazione che l'articolo
22 del DPR 513/97 obbligava tutte le pubbliche amministrazioni a
"definire e a rendere disponibili per via telematica moduli e formulari
elettronici validi ad ogni effetto di legge per l'interscambio dei dati
nell'ambito della rete unitaria e con i soggetti privati" entro il 31
dicembre 1998. Nessun ufficio, per quello che risulta, ha attuato questa
disposizione. La sola amministrazione che ha messo in piedi una struttura per lo
scambio di informazioni con i cittadini, in qualche modo certificate, è
il Ministero delle finanze, ma lo ha fatto senza tener conto delle indicazioni
dello stesso DPR sulla firma digitale. Così, nel momento in cui il sistema
disegnato dal Piano d'azione incomincerà a funzionare, le Finanze saranno fuori
standard e quindi "escluse dal giro", oppure dovranno convertire le
procedure proprie e quelle degli intermediari, con spreco di tempo e di denaro.
In conclusione, l'aspetto meno convincente del
Piano è quello dei tempi di realizzazione. Le scadenze sono indicate con
precisione, sono previsti gli organismi di pianificazione, gestione e controllo
delle diverse iniziative, sono indicati con accettabile approssimazione gli
obiettivi di breve, medio e lungo periodo. C'è l'indispensabile capitolo della
formazione dei dipendenti, è stata pensata anche una struttura di comunicazione
che possa diffondere la conoscenza e favorire il consenso diffuso alla
realizzazione del grande progetto.
Ma, nell'insieme, c'è la sensazione che il calendario dei lavori sia molto,
troppo stretto. Forse non c'era altra soluzione per avviare il superamento del
ritardo tecnologico italiano, ma il meccanismo è complicato e l'interdipendenza
delle sue parti è fortissima. Tutto questo è inevitabile, ma comporta il
rischio che un solo ingranaggio che non giri a dovere possa fermare l'intera
macchina o rallentarla sensibilmente. Alla fine, il Piano d'azione non è il
libro dei sogni: è una scommessa.
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