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Attualitą

Gli insaziabili sciacalli

di Giancarlo Livraghi* - 13.07.05 (da Gandalf)

 

Sono passati quasi quattro anni da quando, nel settembre 2001, avevo scritto Sciacalli, sciocchi e sciagurati. Si potrebbero ripetere quasi le stesse parole – con la differenza che, nel frattempo, le cose sono ancora peggiorate.

Anche questa volta non ho alcuna intenzione di aggiungere inutili gocce ai fiumi di inchiostro e alle maree di parole che hanno seguito il massacro del 7 luglio a Londra.

L’ondata di chiacchiere era inevitabile. Sono state dette e scritte cose sensate – compresa l’ovvia, quanto doverosa, indignazione, il dolore e il compianto per le vittime, il rispetto per l’efficienza, la dignità e la sobrietà con cui i servizi pubblici e i cittadini hanno reagito all’emergenza. Si sono aggiunte anche parecchie scempiaggini, inutili divagazioni, pretestuose e confuse dissertazioni sui motivi della mancata prevenzione e sui modi per ridurre le probabilità di altri attentati, eccetera. È sconfortante... ma anche questo, purtroppo, è ovvio e inevitabile.

Pare che una lezione sia stata imparata. Fra i molti meriti delle organizzazioni britanniche, palesemente ben preparate ad affrontare la situazione, c’è stato anche quello di evitare notizie imprecise e premature, nonché di impedire la diffusione delle immagini più sanguinose e truculente – non solo per rispetto verso le vittime, o perché avrebbero “turbato” gli spettatori della televisione o i lettori dei giornali – ma soprattutto perché avrebbero mandato in solluchero i terroristi e i loro ispiratori. Non mi risulta che ci siano state proteste per violazioni del “dovere di cronaca”. Perché in questo caso non si tratta di censura – né, per quanto ne sappiamo, di alcun ostacolo al diritto di informazione.

C’è però, anche questa volta, scarsa attenzione per gli “sciacalli”. Non c’è mai stata tragedia umana in cui qualcuno non abbia cercato, con odioso egoismo, di approfittare delle circostanze per trarne qualche vantaggio personale. Non si ha notizia, in questo caso, di qualcuno che abbia rubato il portafoglio o la borsetta a una persona ferita o abbia cercato di vendere informazioni reali o immaginarie. Forse quelle piccole porcherie non ci sono state. Ma altre, certamente, ce ne sono – di cui probabilmente non saremo mai informati.

Possiamo chiederci, per esempio, che senso abbiano le oscillazioni in borsa nelle ore successive alla notizia dell’attentato. Per quanto odioso e nauseante, è purtroppo fondato il sospetto che qualcuno abbia realizzato un rapido guadagno provocando o sfruttando un’onda speculativa. E sarebbe sorprendente se fra gli speculatori non ci fossero quegli interessi legati alle centrali del terrorismo che notoriamente dispongono di ampie risorse finanziarie – e che avevano il vantaggio di sapere in anticipo ciò che stava per succedere.

C’è un rimedio? Non lo so. Se le grandi organizzazioni di spionaggio hanno risorse efficaci per “tracciare” i movimenti di denaro, ovviamente fanno bene a non dirlo in pubblico. Il problema è che i sistemi di occultamento delle transazioni sono utili anche a molti interessi di varia specie, non sospettabili di terrorismo, ma spesso collegati alle stanze del potere – e perciò indagini troppo precise potrebbero incontrare parecchi ostacoli. Sembra che ci sia una sorniona complicità anche da parte dei grandi sistemi di informazione. Di questo genere di problemi si parla poco.

C’è anche, ovviamente, un’infinità di profittatori. Da chi commercia in armi o esplosivi a chi traffica in informazioni o specula sui soccorsi (cosa, quest’ultima, meno probabile nel caso di Londra, ma molto diffusa in ogni sorta di catastrofi in giro per il mondo). Non c’è motivo di sorprendersi – è sempre stato così. E non è il caso di scandalizzarsi se qualcuno che lavora “a fin di bene” è costretto a pagare i servizi di qualche furfante. Non c’è mai stata una “guerra pulita” e questo genere di conflitti è ancora più sporco del solito. Ma dovremmo almeno essere consapevoli di quanto disastrosi siano gli effetti non solo in termini di vite umane distrutte, e di altre gravi sofferenze, ma anche di “premio” a comportamenti fra i più disgustosi e sciagurati che si possano immaginare.

Uno dei tanti modi per “approfittare” è l’antico e perverso gioco dello scaricabarile. Quante volte ci siamo sentiti dire che questo o quel problema è “una conseguenza dell’undici settembre”? Si tratta quasi sempre di fenomeni che erano nati prima – o che comunque hanno tutt’altra origine. È fastidiosamente diffusa l’abitudine di attribuire a qualche evento tragico o drammatico, o ad altre circostanze estranee, la “colpa” di qualcosa, per nascondere o schivare le vere responsabilità.

Ma c’è dell’altro. Abbiamo letto e ascoltato voci “autorevoli” dibattere sul problema di come difendere libertà e democrazia senza sacrificarle alle esigenze della protezione. C’è chi sostiene che la libertà e i diritti civili devono essere difesi a tutti i costi. E chi invece afferma che, per ostacolare gli attacchi, dobbiamo sacrificare una parte delle nostre libertà. Penso che abbiano sostanzialmente ragione i primi, perché quando si comincia a evocare un pericolo come strumento per la riduzione dei diritti umani si finisce in un circolo vizioso di repressione. Il dibattito filosofico è tutt’altro che irrilevante o astratto – ma intanto alcune cose sono già accadute, e altre stanno accadendo, che suscitano molte perplessità.

Un caso recentemente segnalato di violazione di diritti civili nell’internet in Italia è solo una goccia nel mare. Da quando esiste la rete si moltiplicano i pretesti per inaccettabili censure e invadenze. (Fra quei pretesti c’era il “terrorismo” molti anni prima che il problema assumesse le dimensioni attuali). Sarebbe pleonastico ripetere qui cose già dette a proposito di “crociate”, di bavagli, di sequestri e di “demonizzazione”. Ma è importante capire che non si tratta solo dell’internet. Fra le voci che puntualmente sorgono, dopo ogni tragico episodio, per chiedere maggiori poteri di invadenza, ci sono inevitabilmente quelle degli sciacalli, degli sciocchi e degli sciagurati.

Sciacalli perché consapevolmente approfittano della situazione per ottenere risorse, strumenti, privilegi e “licenze di agire” (senza freni né controlli) che hanno tutt’altri fini. Sciocchi se non si rendono conto delle conseguenze di ciò che fanno o che hanno intenzione di fare. Sciagurati perché non capiscono quanto potranno essere vittime del decadimento della società civile in cui vivono. Poco importa quanto siano intenzionalmente malvagi o umanamente stupidi. L’importante è capire quanto sono nocivi.

Purtroppo l’opinione pubblica, specialmente quando ha percezioni di rischio e di paura, bada poco a questo problema. Ma è importante ricordare che le insensate persecuzioni contro migliaia di innocenti (o contro persone “colpevoli” solo di piccole trasgressioni, ma trattate come pericolosi assassini) non sono soltanto inutili per la lotta contro la criminalità. Sono fortemente dannose. Perché distraggono risorse dai problemi veri. E perché intaccano quella civiltà che dicono di voler difendere. Quando con il pretesto del terrorismo si sacrificano le nostre libertà, si sta facendo uno stupido favore ai terroristi.
 

* gian @ gandalf.it

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