L'onda anomala che precipitò sulle reti telematiche in Italia nel maggio 1994
ebbe un'eco nel mondo di cui ci dobbiamo ancora vergognare. Ma da quell'assurda
vicenda non si è tratta, a distanza di dieci anni, una sufficiente lezione.
Continuano a ripetersi, con imperdonabile assiduità, ogni sorta di persecuzioni
e di "demonizzazioni" della rete.
Dieci anni fa c'erano tre milioni di host internet nel mondo,
700.000 in Europa, 20.000 in Italia. Una parte rilevante dell'attività in
rete si basava su un altro sistema - quello dei BBS. Nel mondo c'erano
alcune decine di migliaia di bulletin board system, in Italia duemila
(che, per l'epoca, non erano pochi). L'internet c'era da 25 anni, ma da
poco l'opinione diffusa e i grandi mezzi di informazione si erano vagamente
accorti della sua esistenza. Il sistema web, che aveva mosso i primi passi nel
1989, stava appena cominciando a diffondersi.
Oggi ci sono 233 milioni di host internet nel mondo, 33 milioni in
Europa, cinque milioni in Italia. (Per un'analisi dell'evoluzione, nazionale
e internazionale, vedi la sezione dati del sito gandalf.it).
Nessuno è in grado di calcolare in modo preciso quante fossero le persone
online in Italia nel 1994, ma sappiamo che erano poche decine di migliaia. Oggi
sono, secondo i diversi criteri con cui se ne può stimare il numero, fra 9 e 13
milioni.
Dieci anni fa la Finlandia aveva una presenza in rete molto superiore a
quella italiana. Per densità rispetto alla popolazione i paesi scandinavi sono
tuttora molto più avanti di noi. Ma "in cifra assoluta" oggi l'Italia
è fra i primi dieci, se non fra i primi cinque, paesi del mondo per attività
nell'internet.
Insomma. sembra che sia tutto cambiato, che gli eventi di dieci anni fa
siano antiche storie di pionieri, senza alcun riflesso o continuità nella
situazione di oggi. Invece c'è un chiaro filo di connessione - in due sensi
contrapposti. Nei valori sostanziali della rete, che rimangono vivi e vitali
nonostante le molteplici incrostazioni che tendono a nasconderne la vera
identità. Ma anche nei pregiudizi e nelle persecuzioni.
Dieci anni fa Bruce Sterling, che nel 1992 aveva pubblicato Hacker
Crackdown, descrisse così la situazione in Italia:
Nel maggio 1994 la polizia ha sferrato un attacco contro i BBS italiani con uno
spiegamento di forze che era almeno il doppio di quelle impiegate nella "Operation
Sundevil" negli Stati Uniti - probabilmente cinque volte più grande.
Questa è la più massiccia operazione di sequestri di servizi telematici nella
storia mondiale. La polizia italiana non è stata la prima a organizzare un
attacco su larga scala contro i servizi di rete, ma lo ha fatto con più energia
e violenza di chiunque altro al mondo.
L'attacco americano del 1990, di cui Bruce Sterling nel suo libro aveva
spiegato l'assurda imbecillità, era diretto contro cosiddetti hacker e
presunti terroristi. Invece il crackdown italiano del 1994 ebbe origine
da un'indagine relativa a software non registrato richiesta dalla Microsoft e
dalla BSA (Business Software Alliance) che andò perfino oltre le
intenzioni dei suoi primi istigatori.
Lascio a chi è più esperto di me in materia di legge il compito di spiegare
com'era nata e come si era svolta quell'assurda operazione. In sostanza -
un'indagine iniziata da un procuratore di Pesaro fu ripresa in varie località
da altri magistrati, tecnicamente ignoranti, in preda un eccesso di zelo e
sedotti dalla speranza di mettersi in luce occupandosi di qualcosa di nuovo che
potesse "fare notizia". Scatenarono una "caccia alle
streghe" su scala nazionale coinvolgendo (e spaventando) un gran numero di
persone innocenti. E rendendoci ridicoli agli occhi del mondo, oltre che
sospetti di repressione e censura.
Sembrava che la rete in Italia avesse ricevuto un colpo mortale. Molti BBS,
che non avevano mai fatto commercio di software né commesso alcuna
scorrettezza, chiusero terrorizzati. Ma altri, non colpiti dall'uragano o
sopravvissuti senza eccessivi danni, continuarono la loro attività. Alla fine
del 1994 cominciarono a essere più largamente disponibili gli accessi all'internet.
Insomma sembra che sia acqua passata. Ma la storia continua.
Nel 1994, qualche mese più tardi, nacque ALCEI. Molti allora pensarono che l'associazione fosse
stata costituita in seguito al crackdown. Ma non è così. Si stava già
lavorando, prima del maggio 1994, sul progetto che poi prese forma come ALCEI. L'associazione,
fin dalle sue origini, fu concepita con una visione "di lungo
periodo". Per non limitarsi a reazioni estemporanee su questo o quell'episodio,
ma sviluppare una sorveglianza e un'attività costante. Le assurde vicende del
maggio 1994 possono aver contribuito a "tenere a battesimo" la
nascitura associazione, ma non ne sono l'origine, né la causa.
ALCEI era allora, e rimane oggi, l'unica associazione italiana dedicata con
metodo e continuità alla libertà e alla cultura della rete. Con dieci anni di
attività, è fra le più "storiche" del suo genere nel mondo. Soffre
cronicamente della ristrettezza delle sue risorse, ma non è mai scesa a
compromessi, non ha mai derogato dai suoi princìpi, e continua a svolgere un'attività
tutt'altro che irrilevante - e spesso più incisiva di quanto può sembrare.
Di sorveglianza e di attenzione c'è più che mai bisogno, perché varie
forme di persecuzione dell'internet erano cominciate anche prima del 1994 -
e continuano ancora oggi. C'è un filo riconoscibile di continuità fra l'assurda
ondata di sequestri di dieci anni fa e varie vicende recenti, dai decreti governativi
alle ricorrenti demonizzazioni e criminalizzazioni - che continuano a
imperversare anche quando sono ipocritamente travestite da benevolenza o
incoraggiamento delle "nuove tecnologie".
Non è solo un problema italiano la continua diffusione di notizie sballate
sull'internet (vedi Bufale, piagnistei e demonizzazioni). Un esempio fra tanti,
proprio in questi giorni. l'ennesimo insensato fracasso su un virus.
Esistono circa 90 mila virus. Il primo worm "replicante" fu
identificato nel 1988 - e da allora hanno continuato a moltiplicarsi.
Quello che nel maggio 2004 è "salito all'onore delle cronache"
non è diverso da tanti altri, né particolarmente nocivo. Ma, come era accaduto
altre volte in passato, è stato improvvisamente e insensatamente scelto come
esempio catastrofico. Importanti giornali e telegiornali ne hanno parlato (con
un'incredibile mescolanza di incompetenza e di superficialità) come se fosse
chissà quale insolito cataclisma. E naturalmente hanno trascurato di rilevare
quanto fossero inadeguate le difese - nonché il fatto che quel virus circola
solo grazie ai difetti dei sistemi Microsoft (guarda un po'. lo stesso
monopolista del software che aveva scatenato il crackdown del 1994. e
questa è tutt'altro che una coincidenza).
L'assurda impostazione della legge italiana, che tratta l'uso di software
non registrato come se fosse un crimine da perseguire secondo il codice penale,
è uno dei pilastri su cui si basano, oggi come dieci anni fa, ogni sorta di
persecuzioni e di abusi. L'insensata abitudine di sequestrare computer e
accessori (vedi Pericolo: sequestratori in
agguato su InterLex del 30 giugno 1998) è stata un po' ridotta dal buon
senso di alcuni magistrati e di una parte delle forze dell'ordine. Ma è tutt'altro
che scomparsa.
Il fatto che molti siano assolti dimostra quanto siano insensate le
procedure, ma non risolve il problema. Un lungo percorso giudiziario,
accompagnato dalla privazione di risorse essenziali di vita e di lavoro, può
procurare gravi sofferenze ai cittadini senza alcun giustificato o accettabile
motivo.
Questo barbaro modo di agire non si è concluso con l'assurda vicenda del
maggio 1994. È continuato e continua, spesso incoraggiato da campagne di
disinformazione e da perversi provvedimenti legislativi. (La continuità e l'interconnessione
di questo genere di abusi sono spiegate nel comunicato ALCEI del 24 gennaio 2004
Ambiguità
e pericoli della prevenzione).
Ma c'è dell'altro - e di peggio. Contrariamente all'opinione diffusa,
che ha sempre descritto la rete come un giocattolo per ragazzini maniaci, erano
pochi gli adolescenti online nel 1994 - e anche quando, qualche anno più tardi,
si sono scatenate con sconsiderata violenza le "crociate" contro l'internet.
Non c'erano bambini in rete (anche oggi non sono molti). Ma con il pretesto di
"proteggere i minori" si è fatto di tutto. Non è il caso si ripetere
qui cose già dette tante volte (vedi per esempio Storia della crociata
infame, Alice nel
paese delle ipocrisie, Dagli all'untore, Il coro
dei bugiardi alla seconda crociata, Dalla
parte dell'Inquisitore). Ma due fatti sono chiari.
Il primo è che le sconsiderate aggressioni contro la rete hanno colpito
gravemente molti innocenti, hanno perseguitato oltre ogni limite di civiltà e
buon senso alcuni che innocenti non erano, ma erano colpevoli solo di
"malsana" curiosità - e non hanno ottenuto alcun risultato nell'individuare
i veri criminali e metterli in condizione di non nuocere.
Ci sono fatti gravissimi, come l'assassinio (dieci anni dopo) di una
signora che aveva avuto il coraggio di denunciare i violentatori di bambini e le
loro connessioni con la criminalità organizzata. O i molti casi di abusi fra le
mura domestiche, di cui pochi scoperti e denunciati. Contro quell'orrenda
criminalità gli interventi sono scarsi e inadeguati. Mentre si disperdono
risorse (e clamore) nell'inutile e perversa persecuzione della rete.
L'altro problema è che si tenta continuamente di instaurare, con il
pretesto di "proteggere i minori", sistemi di filtri e di censura. Che
per quel "finto scopo" sono inefficaci, se non nocivi - mentre sono,
fin troppo palesemente, tentativi di assoggettare la rete alla volontà di
ristretti e repressivi interessi politici o commerciali.
Può sembrare banale, ma se è vero che c'è una perversa continuità fra
il 1994 e il 2004 è difficile non pensare a un'altra data - anche se
immaginaria. Come sappiamo, "1984" di George Orwell non era un libro
di profezie, ma una descrizione di ciò che accadeva nel 1948. Avevamo sperato,
nei "veri" anni '80, che fosse finalmente arrivata la stagione della
libertà e dell'informazione aperta a tutti. Ma le cronache di ogni giorno ci
confermano che non siamo in quell'era della ragione che avevano immaginato,
più di duecento anni fa, gli illuministi - né in quella liberazione dall'oscurantismo
che ingenuamente celebrava, cent'anni fa, il Ballo Excelsior.
Nel 1996 in una nota intitolata Cassandra (che aveva avuto anche diffusione internazionale)
spiegavo le ragioni per cui è meglio stare in guardia, perché sono molte le
forze ostili che hanno voglia di reprimere la rete - comprese le oligarchie
politiche, economiche, culturali e dei sistemi di comunicazione. I fatti
confermano ogni giorno che la situazione non è cambiata. Anzi tende a
peggiorare, anche per effetto di varie strumentalizzazioni che non servono a
combattere il terrorismo, ma ne fanno un pretesto per ridurre i nostri spazi di
libertà. I rischi di repressione e censura non sono diminuiti, anzi tendono ad
aumentare.
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