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 Attualità

Verso le elezioni, tra vecchie leggi e nuove sfide
di Manlio Cammarata - 26.04.01

Una settimana fa, con il titolo Giornali e giornalisti, rifare le leggi, affrontavamo il problema dei limiti che l'ordinamento del nostro Paese pone alla libertà di espressione. E' necessario allargare il discorso a tutto il sistema dell'informazione e della comunicazione, perché le questioni sollevate legge 62/01 (che estende al mondo dell'internet  i controlli e le limitazioni sulla stampa) non sono solo nella sostanza delle disposizioni e nella loro interpretazione, ma anche e soprattutto nel fatto che questa legge è l'ennesimo capitolo di una lunga serie di scelte - politiche prima che normative - che da troppi anni limitano lo sviluppo delle tecnologie e dell'informazione nel nostro Paese.

Tanto per incominciare, va osservato che le "nuove" disposizioni sull'editoria in realtà non sono affatto nuove, se non per la maldestra estensione di vecchi istituti a un contesto completamente diverso da quello per il quale furono pensati. Per restare nell'argomento specifico delle "agevolazioni" per la stampa, basta ricordare che la prima legge di questo tipo nell'Italia repubblicana risale a più di mezzo secolo fa: era la legge 1. agosto 1949, n. 482, intitolata "Provvidenze a favore della stampa" e riformava il precedente D.L.Lt 7 giugno 1945, che prevedeva anche aiuti all'editoria.
Le disposizioni di oggi partono dalla legge 5 agosto 1981, n. 416 "Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria", rimaneggiata nel 1982, nel 1983, nel 1984, nel 1985... fino alle ultime "estensioni" della legge 62/01.

Dunque la società dell'informazione in Italia è regolata da norme dettate in situazioni che non sono assolutamente paragonabili a quelle di oggi: dalla legge sulla stampa del '48 a quella sulla professione di giornalista del '63, a quella sull'editoria dell'81. Il mondo è cambiato, ma il legislatore non se n'è accorto: per esempio, nell'art. 2 della nuova legge si modificano le disposizioni sulla proprietà delle imprese editoriali stabilite nell'81, quando un giornale italiano, diffuso in Italia, non poteva essere prodotto che in Italia. Oggi un giornale telematico può essere creato e diffuso dovunque, in un "territorio" sul quale è molto difficile esercitare una giurisdizione nazionale. Senza contare che, per come sono articolate le "provvidenze", difficilmente la nuova informazione ne potrà ricavare qualche vantaggio.

Dall'editoria passiamo ad altri campi che riguardano lo sviluppo della società dell'informazione.
Conosciamo fin troppo bene la singolare situazione del settore televisivo: per anni è stato lasciato privo di regole, e quando esse sono state dettate - con la legge "Mammì" del 1990 - hanno cristallizzato l'assetto determinato da oltre quindici anni di sviluppo selvaggio.
Ma già nel 1975 un'altra legge (la n.103 del 14 aprile) aveva dato un colpo mortale allo sviluppo del sistema dell'informazione, con assurde limitazioni alla televisione via cavo, che hanno frenato lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni (per la cronaca, con questa stessa legge furono estese ai notiziari radiotelevisivi le disposizioni del '48 sulla stampa).
Per concludere su questo aspetto, non si deve dimenticare l'assurdo ritardo alla diffusione della TV a colori, anch'esso imposto per legge, che ha inferto un colpo mortale all'industria elettronica italiana.

Il capitolo dell'assetto del sistema televisivo, come sappiamo, è ancora aperto. La proposta di legge "Maccanico" (S.1138) è ferma da cinque anni, con ripetute proposte di modifiche che non passano proprio perché sbloccherebbero la situazione. Anche la TV via satellite è in ritardo,con l'incredibile vicenda del "decoder unico", che ora sembra superabile solo... creando un nuovo monopolio con la fusione dei due concorrenti.

Lo sviluppo dell'internet, come ben sanno i lettori di questa rivista, è stato frenato in tutti i modi dall'idiosincrasia culturale della classe politica, dalle battaglie di retroguardia dell'informazione tradizionale e dai costi eccessivi che hanno gravato sui fornitori e sugli utenti. Quest'ultimo è un problema ancora aperto: il cosiddetto "ex monopolista" continua a taglieggiare i suoi maggiori clienti, i piccoli fornitori hanno l'acqua alla gola, i costi di connessione per gli utenti sono ancora troppo alti, le proposte flat si stanno rivelando impraticabili.
Per anni e anni è stato sollevato il problema del costo di connessione per gli abbonati residenti in aree telefoniche diverse da quelle dei fornitori più efficienti. E' stato definitivamente risolto sono nel febbraio di quest'anno, ma ora si profila un'altra discriminazione: l'ADSL è disponibile solo nelle zone più importanti, il completamento della rete non avverrà prima di un paio d'anni e per chi non potrà usufruire di questo sistema si prospettano tariffe impraticabili.

La rimozione di tutti questi ostacoli dovrebbe essere compito dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, istituita nel 1997 con un'altra legge fatta male, che fino a ora ha garantito soprattutto ritardi e norme incredibili, come l'inserimento di cartolai e tabaccai tra i fornitori di servizi di telecomunicazioni, per il fatto che offrono ai clienti il servizio fax. E che non è ancora riuscita a varare il registro degli operatori, al quale fa appunto riferimento l'art. 16 della nuova legge sull'editoria.

E così siamo tornati al punto di partenza. Che non è solo la nuova legge sull'editoria, ma tutto il sistema normativo dal quale dipende lo sviluppo della società dell'informazione. Può essere interessante rileggere un articolo di sei anni fa, a proposito di un'indagine conoscitiva del Senato "in materia di multimedialità": quanti nodi messi in rilevo in quel documento possono dirsi sciolti?
E' necessario che il Parlamento che nascerà dalle elezioni politiche ormai imminenti faccia piazza pulita di tutta la zavorra normativa che rallenta il cammino del nostro Paese: dai regi editti e decreti di epoche remote ai provvedimenti più recenti, come la legge 248/00 sul diritto d'autore o la 62/01 sull'editoria. E che non si lasci cogliere da tentazioni pericolose, come il DDL "Passigli" sui nomi a dominio.

Occorre una normativa nuova per rispondere alle sfide della società dell'informazione. Una normativa che elimini ostacoli, pastoie burocratiche e inutili ingerenze delle autorità, e che favorisca lo sviluppo civile, economico e culturale. E' un tema di importanza fondamentale, purtroppo assente dai proclami elettorali e dalle polemiche di queste settimane.
Torneremo sull'argomento nel prossimo numero. Qui rinnoviamo alle formazioni politiche e ai singoli candidati l'invito ad inviarci i loro programmi e le loro proposte: prima delle elezioni pubblicheremo tutto il materiale ricevuto.