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 Attualità

Come si può colmare un ritardo di otto anni?
di Manlio Cammarata - 25.10.01

Cinque domande costituivano la premessa del convegno di apertura dello SMAU 2001. Cinque domande sul "secondo atto" della new economy, poste ai manager di alcune tra le più importanti aziende italiane dell'Information and Communication Technology e rivolte anche alla Rete. I relatori hanno risposto, la Rete ha risposto e ha anche formulato altri quesiti (vedi Il Forum).
Ma le domande erano state scritte molto tempo prima dei fatti dell'11 settembre, e un altro interrogativo era presente in tutti gli interventi al convegno milanese. L'incertezza che deriva dalla consapevolezza che è in corso una guerra, una strana guerra lontana e "globale" nello stesso tempo. Qualcuno, con il cinico ottimismo che spesso contraddistingue il mondo del business, ha osservato che nel medio termine le guerre sono all'origine di una crescita economica.
Magra soddisfazione.

Nel taccuino del cronista ci sono poche annotazioni significative.
Bracchi (Politecnico di Milano): "Si è chiuso il primo ciclo, quello delle dot com, e si è aperto quello delle dot corp".
Catania (IBM): "Bisogna fare un salto verso il basso, verso la concretezza... I distretti industriali non funzionano".
Paolucci (Microsoft): "Noi stiamo cambiando il mondo".
Piol (Pino Venture Partners): "Non condivido l'ottimismo, non c'è una lira per nuove iniziative. L'errore dell'UMTS: far pagare le licenze invece che incentivare".
Viriglio (Alenia Spazio): "E' in ritardo la regolamentazione. I satelliti offrono grandi possibilità, ma non si possono usare le parabole per l'uplink".

E via lamentando. La burocrazia che frena qualsiasi iniziativa, la larga banda che non decolla, le autorità che non decidono, l'ex monopolista che... Già: ma l'ex (o quasi) monopolista non c'era: una partecipazione annunciata in ritardo e poi annullata, un'assenza che valeva più di cento discorsi.
Dire che l'aria era pesante è poco. Mancava del tutto quell'atmosfera celebrativa (e autocelebrativa) che sempre caratterizza i convegni importanti, al di là dei contenuti specifici.

E all'inizio del suo intervento il ministro Stanca ha riassunto così la situazione: "Ci sono stati eccessi fuori da qualsiasi ragionevole dimensione, alimentati anche da chi lavorava in questa industria, e dopo questo pendolo che è andato in una dimensione assolutamente insostenibile, abbiamo il pendolo che va nell'eccesso opposto, in termini di pessimismo e di sfiducia".
Il discorso di Stanca è stato l'elemento di maggior rilievo del convegno, anche perché per la prima volta il Ministro per l'innovazione e le tecnologie ha descritto il quadro organico delle politiche che intende seguire. L'intervento recava infatti il titolo "Linee guida del Governo per lo sviluppo della società dell'informazione" e ha risposto a molte delle domande che abbiamo elencato all'inizio di questo articolo (per alcuni passaggi significativi vedi  Innovazione, le sfide del ministro).

Al primo posto Stanca ha messo gli incentivi, in particolare per la formazione, e non solo in ambito scolastico. Superando il vecchio concetto della cosiddetta "alfabetizzazione telematica", ha indicato nella necessità di formare le competenze che mancano in tutti i campi delle tecnologie (e in particolare nel delicatissimo settore della sicurezza).
Poi ha elencato i settori di intervento prioritario: le telecomunicazioni al primo posto, con un impegno a vedere che cosa può fare il Governo per lo sviluppo della larga banda. E qui emerso l'aspetto è più strettamente politico: "una diffusione equa ed equilibrata di questa infrastruttura in tutto il Paese". Cioè, sembra di capire, non lasciare solo alle logiche del mercato le scelte di dove investire nella larga banda, perché si finirebbe col privilegiare le zone già produttive, alimentando il divario con quelle dove ora l'operazione appare meno conveniente.

Quindi i problemi del Sud, con la prospettiva di sfruttare molto più di quanto si è fatto finora i finanziamenti comunitari. E poi la pubblica amministrazione, nella quale sono ormai largamente diffuse le tecnologie, ma resta indietro l'ammodernamento dei processi. Questo è un discorso che hanno già fatto i precedenti governi, scontrandosi però con le resistenze della burocrazia. Riuscirà l'ex top manager a cambiare il sistema dalle fondamenta?

Nell'ambito della pubblica amministrazione il ministro ha toccato alcuni problemi essenziali: la firma digitale, la carta d'identità elettronica e la rete della pubblica amministrazione. Entro la fine dell'anno, ha detto, presenteremo una "carta dei servizi" che servirà per il riconoscimento in rete dei cittadini e sarà "lo sdoppiamento" della carta d'identità elettronica, un progetto troppo complesso, che richiederà tempi lunghi. Stanca ha insistito molto sul concetto dello standard unico della carta, quasi a voler indicare una sua diffidenza nei confronti della banda ottica (che è uno standard solo in teoria, perché di fatto quasi nessuno lo ha adottato) che gli enti locali dovrebbe usare per l'erogazione di servizi senza alcun coordinamento a livello nazionale.

Sono le osservazioni che ci si aspetta da un ministro "tecnico", come le proposte per la extranet della pubblica amministrazione, con ampie possibilità di accesso da parte dei cittadini. Anche qui, pur con la prudenza di linguaggio del politico (ha imparato presto!) il ministro ha fatto giustizia del vecchio progetto della RUPA, che considerava come un optional il collegamento degli enti locali e prevedeva l'accesso dei cittadini con uno schema ormai del tutto obsoleto.
Nulla ha detto, invece, sull'intenzione che gli è stata attribuita di chiudere l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione. Una questione seria, perché è vero che oggi ci sono sovrapposizioni di ruoli, ma è anche vero che in questi anni l'AIPA ha fatto un lavoro importante e ha concentrato e sfruttato professionalità e competenze di grande rilievo (basta pensare alla firma digitale e a tutta la normativa tecnica di contorno).

Il filo conduttore di tutto il discorso è stato il ritardo italiano nello sviluppo della società dell'informazione. E qui il ministro ha indicato un punto fondamentale: ci sono grandi e costosissimi programmi per la costruzione di infrastrutture fisiche: "Il mio compito è di creare delle infrastrutture digitali, importantissime e vitali, e grazie a Dio ho bisogno di meno risorse finanziarie".
Un discorso già sentito molti anni fa: Clinton e Gore impostavano il problema di quelle che allora battezzarono "autostrade dell'informazione" nel documento Technology for America's Economic Growth, A New Direction to Build Economic Strenght, che porta la data del 22 febbraio 1993.

Ci sono voluti più di otto anni e un ministro proveniente da una grande azienda americana per sentir accennare a un progetto simile per l'Italia. Il problema è se e come si possano recuperare in poco tempo otto anni di ritardo, non tanto nella realizzazione delle infrastrutture fisiche, quanto nell'evoluzione di una mentalità e di una cultura diffuse anche nelle aule parlamentari. Come ci ha ricordato l'intervento di ALCEI nel Forum che ha preceduto il convegno milanese.