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Diritto d'autore

Timide e insufficienti proposte contro i padroni delle idee

di Andrea Monti – 03.11.05

 

Il “lodo Corasaniti”, la bozza di una proposta per la riforma del diritto d’autore (materia più volte martoriata da interventi di alta macelleria giuridica) è finalmente pubblica. E’ dunque ora possibile cercare di capire “cosa” abbia suscitato la reazione violenta e arrogante della Presidenza del consiglio di cui parla Manlio Cammarata nel suo articolo La "bozza Corasaniti" è solo un piccolo passo.

Ad una prima lettura (e sono condivisibili i rilievi di Cammarata in tal senso) le preoccupazioni di Palazzo Chigi e delle major dell’audiovisivo sembrano realmente infondate. Certo, la proposta di abbandonare la perseguibilità d’ufficio di almeno una parte dei reati di abusivo sfruttamento delle opere protette, in favore di quella a querela di parte (vedi Bloccate le audizioni per la riforma della legge sul diritto d'autore) è sicuramente un passo avanti rispetto alle rigidità integraliste e forcaiole degli anni passati. Ma si deve registrare che i fondamenti della bozza Corasaniti rimangono ispirati alla conservazione di un sostanziale controllo duopolistico (SIAE-major) sulle opere dell’ingegno a discapito degli autori e dei fruitori delle opere stesse.

Molto ci sarebbe da commentare, infatti, sulla sostanziale assenza – nel testo della bozza – di queste due ultime categorie di soggetti che rappresentano, al contrario, i due fuochi dell’ellisse artistica. E dunque, per esempio, spicca la “norma che non c’è”: quella che applica (o dovrebbe applicare) concretamente un principio di ragionevolezza nel bilanciamento degli interessi del padre dell’opera, dello sfruttatore dell’uno e dell’altra e dell’incolpevole innamorato dell’opera stessa.

Con la scusa dei “pirati” e dei “ladri”, infatti, ogni occasione è stata buona per rinforzare l’arsenale penalistico a disposizione delle lobby dell’audiovisivo e del software, ma buono anche per “altre stagioni”. Come nel caso della modifica del dolo specifico da “scopo di lucro” in “scopo di profitto” nell’art. 171-bis (imposta per annullare gli effetti dell’orientamento giurisprudenziale creato dalla Pretura di Cagliari nel dicembre 1996). O come l’instaurazione del regime “pentitismo elettronico” con l’art. 171-novies LDA – inserito dalla l. 248/00 - o con l’altalena sulla penalizzazione/depenalizzazione in materia di smart-card per accesso condizionato, le cui sanzioni penali vengono prima depenalizzate con il DLgv 373/00, per poi tornare – una volta scoperta la svista – ad essere nuovamente reato.
Sicuramente la bozza Corasaniti tiene conto di questo “dibattito interno” e adotta un approccio interessante – ma non ancora sufficiente - al tema dell’uso personale di opere duplicate al di là delle prescrizioni imposte dall’avente diritto. L’uso personale cessa infatti di essere un fugace passaggio annegato in un oceano di cavilli e diventa un vero e proprio (embrione di) “sistema di diritti e prerogative”.

Viceversa è assolutamente, irrinunciabilmente e graniticamente inaccettabile l’estensione alle violazioni del diritto d’autore dei poteri di azione sotto copertura della polizia. Si tratta di sistemi pericolosi per l’ordinamento e le libertà civili, che giustamente il legislatore, prima di cadere vittima delle “sirene antipedofili”, aveva esclusivamente consentito per indagare su fatti di droga e traffico d’armi. Ora, rotto l’argine faticosamente costruito della graduazione dei poteri di polizia in funzione dell’attività criminale oggetto di attenzione, con la scusa dei “pedofili”, si vorrebbero estesi questi metodi anche a canzonette e filmetti natalizi, e poi domani chissà a cosa altro.
C’è da pensare con terrore al giorno in cui le montagne di carta dei procedimenti per pornografia minorile (sempre più finalizzati a tutto tranne che alla protezione dei deboli) si accatasteranno su tutte quelle dei procedimenti per duplicazione abusiva (???) di software. Sarà la paralisi. Ed è questo un punto in cui la proposta di Corasaniti avrebbe realmente potuto – se accolta – contribuire seriamente a ristabilire un equilibrio sociale e giudiziario.

Eliminando la perseguibilità automatica (“d’ufficio” in termini tecnici) di certi fatti, l’indagine giudiziaria si aprirebbe solo se la vittima sporgesse querela entro 90 giorni dal fatto. Altrimenti, anche in presenza di indizi o prove, non sarebbe possibile procedere oltre.
La polizia giudiziaria – in questo schema - non sarebbe più (volente o nolente) il “braccio secolare” di questa o quella major o associazione di categoria, mentre – nello stesso tempo – avrebbe la possibilità di dedicare le proprie attenzioni a chi commette reati di ben altra natura. E le “parti offese”, dovendo cercare in proprio le “prove” di quanto vanno strillando a destra e a manca, sarebbero forzatamente costrette a limitare il proprio operato agli eventi realmente consistenti.

Comunque, il solo fatto che con la querelle Masi-Corasaniti la bozza sia diventata di dominio pubblico rende ora molto difficile ritornare a trattare l’argomento nelle segrete stanze del Palazzo, fingendo di ignorare che migliorare le leggi è sempre possibile, soprattutto alla luce del sole.
 

 

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