L'Europa verso l'armonizzazione - 2
di Gian Marco Rinaldi* -
12.04.01
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Eccezioni e limitazioni
Di grande importanza è l'ampia trattazione che la direttiva
fa in merito alle limitazioni dei diritti di utilizzazione economica degli
autori (e degli esecutori, interpreti, produttori etc.). Salvo la limitazione
relativa al caching tutte le altre, pur inserite in una lista chiusa
(dunque non passibile di ampliamento), sono liberamente adottabili dagli Stati
Membri.
L'art. 5 delinea nel paragrafo 1, un'esenzione riguardante tutte quelle
riproduzioni a carattere temporaneo finalizzate alla trasmissione in rete o
comunque ad un utilizzo legittimo dell'opera. È il caso del caching,
cioè la necessaria memorizzazione preventiva e temporanea che permette ad ogni
singolo computer di visualizzare le pagine web. Come è noto, infatti, i singoli
file relativi alla pagina HTML, alle immagini, alle musiche, alle animazioni
etc. vengono preventivamente memorizzati all'interno della memoria cache
la quale, temporaneamente, contiene i file destinati poi a comporre la pagina
mostrata a video. Lo stesso considerando 33 dà un ampia spiegazione
sulla riproduzione temporanea e delle copie "cache"
individuando le stesse come eccezioni al diritto di riproduzione.
Molte delle altre limitazioni invece hanno a che fare con il concetto di fair
use ovvero coma da considerando 34 e 40, con il consentire eccezioni
e limitazioni dei diritti di sfruttamento "per l'utilizzo a scopo
didattico e scientifico, o da parte di organismi pubblici quali le biblioteche e
gli archivi, per scopi d'informazione giornalistica, per citazioni, per l'uso
da parte di portatori di handicap, per fini di sicurezza pubblica e in
procedimenti amministrativi e giudiziari". Inoltre si prevede la
possibilità di copie private salvo corrispondere un equo compenso (ved. considerando
38)
Questo genere di limitazioni "non possono essere applicate in modo da
arrecare pregiudizio agli interessi legittimi dei titolari dei diritti o da
essere in contrasto con la normale utilizzazione economica delle loro opere o
materiali protetti" (considerando 44).
Molte di queste limitazioni si avvicinano a quelle già presenti nella nostra
legge sul diritto d'autore negli artt. 65
e ss. sotto il nome di "Utilizzazioni libere".
Particolare attenzione merita proprio la possibilità prevista dal paragrafo 2,
lett. b), laddove si prescrive che gli Stati membri possono prevedere
limitazioni al diritto di riproduzione per ciò che riguarda "le
riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso
privato e per fini non commerciali diretti o indiretti a condizione che i
titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell'applicazione
o meno delle misure tecnologiche di cui all'articolo 6 all'opera o agli altri
materiali interessati."
Il problema della copia privata si era posto in passato a proposito delle
copie effettuate artigianalmente da chiunque su cassette audio e video di brani
musicali e film. In Italia, come negli altri Paesi, constatata l'impossibilità
pratica di impedire siffatte operazioni di riproduzione, si sono adottate delle
norme (l. 5 febbraio 1992, n.93) che prevedono che una parte del prezzo di
vendita delle cassette vergini audio e video e degli apparecchi di riproduzione
finisca alla SIAE (www.siae.it), che li ripartisce poi agli autori ed ai loro
aventi causa.
Si comprende facilmente come finora nessun artista ha ricevuto dei soldi, ad
esempio, per le copie di file musicali circolate in formato Mp3 in Rete. La
direttiva ribadisce dunque che anche per le riproduzioni in copie private in
formato digitale vada corrisposto un equo compenso agli aventi diritto.
Ovviamente non vi deve essere fine di lucro ed il tutto deve rimanere nell'ambito
privato altrimenti ci troveremmo di fronte ad una forma vera e propria di
sfruttamento economico per la quale è necessaria una cessione del relativo
diritto a tutti gli effetti.
La misura del compenso viene inoltre legata all'aver o meno apposto una forma
di protezione tecnologica.
Dei chiarimenti ulteriori in merito a quanto appena specificato li fornisce
il considerando 35 il quale sottolinea che " .nel determinare la
forma, le modalità e l'eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe
tenere conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità,
un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai
titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione. Se i titolari dei
diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell'ambito
di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a
parte. Il livello dell'equo compenso deve tenere pienamente conto della misura
in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla
presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei
diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento."
In merito alle misure tecnologiche merita, all'art. 6, di essere
sottolineato il paragrafo 2, nel quale si prevede che gli Stati membri adottino
forme di protezione giuridica contro la fabbricazione, importazione, la
distribuzione, la vendita, il noleggio, la pubblicità, la detenzione a scopi
commerciali di strumenti o servizi vari che siano "principalmente"
finalizzati a eludere efficaci misure tecnologiche.
Ci si augura, a proposito di queste ultime norme che, al di là dei pur
legittimi interessi dei discografici degli editori e dei produttori, la
traduzione delle stesse nel nostro ordinamento abbia un carattere di maggiore
specificità e chiarezza.
Tali connotati non possono che mancare quando si parla di ciò che allo stato
attuale o non esiste, o non ha alcuna diffusione e rilievo all'interno della
realtà della Rete. In assenza di chiarezza il rischio è quello di indirizzare
l'azione preventiva e repressiva verso gli obiettivi sbagliati, restringendo
inutilmente gli spazi di libertà che in questo settore hanno direttamente a che
fare con la libera ricerca scientifica e con l'evoluzione ed il progresso
tecnico.
L'art. 7 della direttiva impone, altresì, una serie di obblighi in materia
di informazioni relative ai diritti stessi. Tali obblighi consistono nell'adozione
di misure che garantiscano la presenza e la permanenza (contro ogni forma di
alterazione o rimozione) delle informazioni fornite dai titolari atte ad
identificare le opere protette o qualsiasi informazione circa i tempi e le
condizioni d'uso delle opere.
Infine si sottolinea che con le ultime modifiche apportate l'iniziale termine
di adeguamento per gli Stati Membri dall'entrata in vigore della direttiva è
stato portato da due anni agli attuali 18 mesi e si preventiva (all'interno
delle "motivazioni" delle ultime modifiche apportate) una revisione
normativa dopo i primi due anni dall'entrata in vigore.
Gli effetti sulla normativa italiana
L'applicazione della direttiva potrebbe portare, al momento della sua
traduzione in un provvedimento legislativo nazionale, ad alcuni conflitti con le
norme in vigore nella legge sul diritto d'autore, ed in particolare rispetto
alle più severe prescrizioni introdotte da ultimo con la legge 18 agosto 2000,
n.248.
Difatti, come è noto, dopo la riforma dell'art.171-bis
della LDA, viene penalmente sanzionato chiunque "per trarne profitto",
abusivamente duplichi (ma anche venda, detenga a scopo commerciale o
imprenditoriali, o conceda in locazione) programmi contenuti in supporti senza
il necessario bollino SIAE. Fra le principali novità vi è stato proprio l'aver
mutato le modalità del dolo della precedente fattispecie di reato, che erano
invece incentrate sul "fine di lucro", determinando così (al di là
di quelle che erano state le alterne letture interpretative della nozione di
"lucro") un sicuro ampliamento delle condotte passibili di sanzioni.
La nozione di profitto adottata tende, infatti, a ricomprendere al suo
interno ogni tipologia di vantaggio patrimoniale che può derivare da una certa
azione. Non solo, pertanto, un vantaggio patrimoniale diretto che veniva (nella
generalità dei casi) attribuito al "lucro" ma anche, ad esempio, il
profitto ritraibile dal risparmio dei costi.
Come in precedenza sottolineato, la direttiva, fra le "eccezioni e le
limitazioni" ai diritti degli autori, all'articolo 5, paragrafo 2,
lettera b prevede la possibilità di una copia per uso privato e per fini non
commerciali diretti o indiretti (salvo corresponsione di equo compenso).
Considerando che con la locuzione "fini commerciali" ci si avvicina
molto al fine di lucro (anzi è un nozione addirittura più specifica e
particolare) e si rimane certamente distanti da quello di profitto, si delinea
una palese diversità di trattamento fra la direttiva e l'attuale articolo
171-bis LDA. Difatti viene a crearsi un'area (tra il fine di profitto e quello
di lucro o di commercio) che la legge italiana vede come reato e quella europea
come una forma di libera utilizzazione (salvo compenso).
Inoltre le varie versioni di questo articolo hanno portato alla progressiva
eliminazione dell'espressione "uso strettamente personale",
inizialmente adoperata, in favore della locuzione "uso privato". Si
ricorda che nella nostra LDA per uso personale si intende un uso strettamente
legato alla persona e si differenzia dall'uso privato che è invece indicativo
di un utilizzo in un ambito anche di più persone ma comunque chiuso, non
pubblico e, pertanto, non fruibile da chiunque.
A questo punto è legittimo domandarsi, alla luce delle espressioni
attualmente utilizzate dalla legge, se sia comunque consentita la copia
finalizzata ad un uso personale senza neanche la necessità dell'equo
compenso, richiesto invece per la copia privata (ubi lex voluit.).
Sarà, a questo proposito interessante vedere come il legislatore risolverà la
questione.
Anche per quanto riguarda le opere dell'ingegno destinate "al circuito
televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o
supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi
di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di
immagini in movimento", l'art.
171-ter prevede che sia sanzionata penalmente la duplicazione delle stesse,
(oltre che la riproduzione, la trasmissione, la diffusione in pubblico etc.),
per fini di lucro, purché non sia effettuata per uso personale.
Come già sottolineato poc'anzi, nel momento in cui l'art. 171-ter limita
la soglia di punibilità "all'uso non personale" individua una
soglia assai più avanzata rispetto a quello della direttiva che fa invece
riferimento all'uso privato (pur dietro pagamento del suddetto compenso) e
comunque, come già in precedenza ricordato si considera, anche qui, reato ciò
che la direttiva vede come eccezione o limitazione al diritto dell'autore.
Anche in questo caso il legislatore dovrà tenere conto delle norme europee, dal
tenore certamente meno rigido di quelle attualmente in vigore nel nostro
ordinamento. Potrebbe essere forse questa l'occasione per provvedere a quella
riforma, già da più parti auspicata, delle pur recenti norme introdotte dalla
legge 248 del 2000.
* Docente nel corso di Diritto
dell'information technology, presso la Luiss Management - gmrinaldi@libero.it |