Può sembrare improprio, anzi irrispettoso, mettere insieme copyright e
terrorismo mentre sugli schermi televisivi scorrono continuamente le immagini
della tragedia spagnola dell'11 marzo. Ma il richiamo non è una deplorevole
trovata a effetto, perché il "decreto Urbani" affida la protezione
degli interessi dei padroni dei contenuti digitali agli stessi organismi
deputati a combattere il terrorismo, come spiega la lucida analisi pubblicata
dal ALCEI che riportiamo qui.
Ma vediamo i fatti. Partiamo dall'approvazione da parte del Parlamento
europeo della proposta di direttiva detta "IPR enforcement", alla
quale abbiamo dedicato diverse pagine alla fine del 2003 (vedi Anche le corporation contro la proposta
"IPR enforcement" e Anche EuroISPA contro l'estensione della direttiva "IPR
enforcement").
Secondo le informazioni diffuse nei giorni scorsi, nel testo finale della
direttiva sono stati accolti alcuni emendamenti (proposti dall'italiano Marco
Cappato) che attenuano la portata delle "proposte Fourtou". In
particolare, sarebbero state escluse le ipotesi penali a carico degli
utilizzatori. Tuttavia aspettiamo di leggere l'articolato definitivo per
esprimere qualsiasi valutazione di merito.
Desta comunque non poca preoccupazione - e soprattutto molta irritazione - il
comunicato esultante delle associazioni dei fornitori di
contenuti, in cui si mescolano astutamente le parole per far intendere al
lettore meno attento che la violazione del copyright è comunque un reato:
"File sharing di opere protette rimane reato in Italia, nessuna modifica da norme europee".
Un vecchio ritornello, una intollerabile pubblicità intimidatoria che non può
far dimenticare che la legge non può essere piegata agli interessi dei
fornitori di contenuti, di fatto i "padroni delle idee" (vedi il
chiarissimo intervento di Giovanni Ziccardi P2P e diritto penale in Italia).
Gli stessi padroni delle idee che sono dietro alle inaccettabili previsioni
del decreto-legge proposto dal Ministro dei beni culturali, sempre che il testo di cui disponiamo sia quello effettivamente
approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso. Si legge nel comunicato di Palazzo Chigi: "In linea con la proposta di direttiva appena approvata a Bruxelles, sono state, inoltre, previste misure sanzionatorie mirate a rendere effettiva la tutela dei diritti d'autore, che colpiscano penalmente la condotta di coloro che, per fini commerciali, scambiano file protetti dal copyright, riservando la sola sanzione amministrativa a chi scarica i file per uso
personale". Con buona pace di BSA, FIMI e compagnia.
Prosegue il comunicato del Governo: "Per rendere effettive tali disposizioni sono state introdotte alcune previsioni relative alla collaborazione tra service provider e autorità, in un rapporto di preziosa sinergia ed in conformità alle norme già vigenti in materia di
e-commerce". E qui non possiamo che rimandare a quanto abbiamo scritto una
settimana fa in P2P e violazione di copyright: ci pensino i provider!.
Il comunicato non fa cenno agli altri strumenti previsti dal decreto, che
coinvolgono i servizi di sicurezza. I quali, ci sembra, in questi tempi hanno
ben altro da fare che occuparsi di violazioni del diritto d'autore. A meno che i
siti del P2P non vengano classificati come "obiettivi sensibili" da
sottoporre a stretta sorveglianza!
Che il buon senso non sia fonte di diritto è una vecchia constatazione. Ma
qui manca il più elementare senso della misura.
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