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elettronica: sì, ma come? di Paolo Ricchiuto
Buste paga via posta
elettronica? C'è la PEC... di Manlio Cammarata
La discussione sulla necessità o meno di disporre di una casella PEC per
ricevere il cedolino tocca la questione – importantissima – della “libertà
di forma” che la legge generalmente garantisce alle parti nella definizione
dei propri rapporti contrattuali. Nel mondo “normale”, le parti sono libere,
salvo casi particolari, di concordare la forma che preferiscono per definire i
propri rapporti contrattuali. In genere un contratto orale è “buono” quanto
un contratto scritto, salvo che il codice civile disponga diversamente
Nel mondo “informatico”, le cose non stanno esattamente così. Mentre
viene di fatto riconosciuto che una semplice e-mail - anche se non firmata e non
PEC - un qualche valore ce l’ha, poi il legislatore pone un impegno
notevolissimo (che non trova alcun riscontro nel mondo “normale” della
carta) per richiedere l’adozione di particolari “forme” (che a loro volta
presuppongono particolari soluzioni tecnologiche) in tutta una serie di
fattispecie. L’ultima, di cui francamente non si sentiva il bisogno, è quella
del cedolino.
Naturalmente il legislatore può obbligare l’uso “solo” di una
particolare tecnologia (nonostante esistano altre tecnologie alternative) per
motivi assolutamente legittimi.
Uno dei motivi meno legittimi (non foss’altro perché non funziona) per
obbligare l’uso di una tecnologia che il mercato si rifiuta testardamente di
utilizzare, o utilizza “troppo poco” rispetto a quanto si vorrebbe, è perché
al legislatore quella tecnologia “piace”.
Un buon esempio è l’obbligo di utilizzare la firma qualificata per la
fattura elettronica, che – oggettivamente – è un overkill rispetto
all’esigenza di garantire la identità e la autenticità del documento
informatico. L’uso della firma qualificata continua a deludere le attese, e
non sono pochi quelli che ritengono che la scarsa diffusione della fatturazione
elettronica sia in buona parte da imputare alla maggiore complessità legata all’obbligo
di utilizzare la firma qualificata. Fra l'altro la direttiva europea consente
che la fattura elettronica sia dotata della advanced electronic signature,
che corrisponde alla firma elettronica (non qualificata) del nostro codice
dell'amministrazione digitale (vedi Firma digitale:
ancora l'ottusa arroganza del legislatore di Manlio Cammarata).
Venendo al tema del cedolino, c’è qualcosa che non si capisce. La PEC
equivale ad una “raccomandata on-line”, con o senza ricevuta di ritorno, e
dimostra l’avvenuta consegna e, eventualmente, l’avvenuta ricezione di un
certo documento elettronico.
Ma nel mondo “normale”, cartaceo, di cedolini inviati per raccomandata ce ne
sono pochini. Alcune aziende chiedono al dipendente di firmare una ricevuta alla
consegna del cedolino, ma l’esigenza della “prova” di invio/ricezione non
è quella prevalente. Le esigenze che l’azienda deve assolutamente soddisfare
sono due: riuscire a consegnare il cedolino al dipendente “giusto” il giorno
“giusto” e assicurarne la confidenzialità. Non voglio che nessuno possa
guardare il mio cedolino controluce e scoprire quanto guadagno.
In Italia vengono stampati un paio di centinaia di milioni di cedolini l’anno,
con un costo complessivo (inclusa consegna) che probabilmente si aggira su
qualche centinaio di milioni di euro. Il tema della dematerializzazione
probabilmente non si pone neppure per una buona metà (quanti non hanno accesso
ad internet né al lavoro né a casa?). Dopo di che ci si confronta col problema
della resistenza al cambiamento, che non è un atteggiamento retrogrado e
irrazionale, ma semplicemente riflette il fatto che l’opzione “per via
elettronica” deve essere realmente “migliore” (cioè più pratica,
semplice, sicura) per chi riceve. Altrimenti continuiamo a tenere il cedolino
nel cassetto, assieme alle bollette dell’elettricità e del telefonino.
Se il legislatore dice che – chissà perché – anche chi riceve deve
avere la PEC, essenzialmente sta dicendo che nessun cedolino verrà mai inviato
per e-mail. E non tanto perché dare una casella PEC a ogni dipendente è – a
dire poco – complicato, ma perché una casella PEC che mi serve solo una volta
al mese per ricevere il cedolino io non la voglio proprio. Preferisco continuare
a ricevere il cedolino di carta, grazie mille. Tra parentesi, se fosse
assolutamente necessario avere “la prova” che il dipendente ha ricevuto e
aperto la e-mail, di approcci alternativi che non richiedono una casella PEC ce ne
sono parecchi.
Ma, anche nell’ipotesi che fosse sufficiente che solo la mail di chi invia
fosse PEC, e il cedolino potesse arrivare sulla e-mail normale, è legittimo
nutrire dubbi sulla attrattività pratica della cosa.
Sono anni che ci dicono che inviare una mail non cifrata è come inviare una
cartolina, che chiunque (o almeno chiunque abbia accesso al mail server della
azienda) può leggere. Personalmente, farmi arrivare il cedolino stampato su una
cartolina non lo trovo particolarmente attraente.
Ma si può cifrare il cedolino? In teoria sì, in pratica generalmente no. È
necessario che il ricevente abbia un certificato digitale e che chi invia
conosca la sua chiave pubblica. Quand’è l’ultima volta che avete ricevuto
una e-mail cifrata? Se non lavorate alla CIA, siete dirigenti di una grandissima
azienda, avvocati di affari o vi occupate di acquisizioni, la risposta è
probabilmente "mai". Il motivo è che gestire i certificati costa ed
è relativamente complicato.
Anche qui, il mercato ha sviluppato soluzioni che permettono di inviare e
ricevere mail cifrate in modo più semplice, senza bisogno di certificati. Ma
non sono necessariamente compatibili con la PEC...
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