Testo unico: la risposta del Dipartimento della
funzione pubblica
28.09.2000
Sul sito InterLex è apparso il 14
settembre un articolo "Firma digitale,
così si distrugge il documento informatico", a firma di
Manlio Cammarata, seguito da un ulteriore
intervento il 21 settembre. Si impongono alcuni chiarimenti.
- Il primo chiarimento riguarda la
norma delegante e la tempistica del testo unico.
Nel sito del Dipartimento della Funzione Pubblica, a premessa dello
schema di testo unico, è chiaramente indicato che la legge di delega
è la n. 50 del 1999.
I riferimenti con i "puntini di sospensione" non riguardano
certo la norma delegante, ma il decreto legislativo e il regolamento
che saranno emanati contestualmente all'approvazione del testo unico
e i cui estremi potranno essere noti, ovviamente, solo al momento
della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il termine per l'emanazione del testo unico è effettivamente il 31
dicembre 2001; esso, peraltro, riguarda tutti i testi unici, la cui
emanazione dovrà essere scaglionata nel tempo. Il testo unico sulla
documentazione amministrativa è il primo perché questo è l'indirizzo
fornito dal Parlamento e conseguentemente quanto deliberato dal
Consiglio dei Ministri nel programma di riordino del sistema
normativo.
- Quanto alle osservazioni relative all'articolo
62, si sottolinea che esso riproduce quasi integralmente l'articolo
15 del dPR 428/98 e non l'articolo 21 del dPR n. 513/97, indicato
dall'estensore. L'accesso esterno, per via telematica, ai
documenti amministrativi da parte dei privati è invece compiutamente
disciplinato all'articolo 57 del testo unico ed è pertanto
pienamente salvaguardato.
- Una seconda preoccupazione riguarda
la supposta abrogazione delle regole tecniche (DPCM 8/02/99) per
effetto dell'abrogazione del dPR n. 513/97 operata dall'articolo
75 del testo unico.
Qui si impone un chiarimento che riguarda in generale la tecnica di
redazione di un testo unico, che serve a raccogliere le norme
esistenti, sparse nell'ordinamento e a eliminare la congerie di
fonti normative che rende complicata la vita al cittadino. Una norma,
se è trasfusa nel testo unico, deve essere abrogata; questo però non
vuol dire che gli atti emanati in forza di quella norma, cioè il DPCM, siano abrogati, perché la norma continua a vivere nel
testo unico, senza soluzione di continuità.
Le norme tecniche inoltre saranno pubblicate in allegato,
contestualmente al testo unico, come esplicitato nella relazione
illustrativa allo schema di testo.
Lo stesso discorso vale anche per le
regole tecniche per l'uso dei supporti ottici.
Se però dubbi del genere possono insorgere in attenti commentatori
del testo, si valuterà l'opportunità di inserire nelle norme
transitorie un'espressa salvezza delle norme tecniche già emanate.
Infine, l'eliminazione dei termini già previsti per l'adeguamento
dei sistemi informativi delle amministrazioni è dovuta al fatto che
gli stessi, come riconosciuto dal commentatore, sono "inutilmente
scaduti da tempo". Il testo unico certo non elimina l'obbligo
per le amministrazioni di provvedere al detto adeguamento, per il
quale, però, non aveva senso riproporre un termine scaduto.
- Un altro rilievo riguarda la
definizione di documento informatico come "rappresentazione
informatica del contenuto di atti, fatti o dati giuridicamente
rilevanti". L'estensore rileva come la stessa "aggiunta
(la parola "contenuto") si trova nella definizione di
documento amministrativo". Per la verità, per il documento
amministrativo, questa "aggiunta" si trova da 10 anni all'articolo
22 della legge n. 241/90 e nessuno ha mai pensato che il documento
amministrativo potesse non essere un originale, ma soltanto una copia
o un estratto. Comunque si valuterà l'ipotesi di eliminare la
parola "contenuto" da entrambe le definizioni, fermo
restando il dubbio che l'eliminazione di un termine consolidato
possa ingenerare più equivoci dei vantaggi che arreca.
- Per quanto riguarda il rilievo sull'articolo
10, esso concerne un supposto incremento degli oneri a carico dei
privati. Ora, il richiamo "alle regole tecniche di cui agli
articoli 8, comma 2 e 9, comma 4" riguarda i privati solo
limitatamente all'articolo 8, visto che, come si capisce dalla
semplice lettura della rubrica dell'articolo 9, questo fa espresso
riferimento ai "documenti informatici delle Pubbliche
Amministrazioni".
Quindi i privati continuano ad essere assoggettati alle regole
tecniche cui sono assoggettati oggi; e così anche la direttiva
europea, richiamata dal commentatore, è salva. A questo proposito
vale la pena di sottolineare che l'esistenza della direttiva europea
1999/93 era ben nota agli estensori del testo unico, ma il suo
recepimento è affidato dalla legge comunitaria 2000, in corso di
approvazione, ad un decreto legislativo che esula dalla delega di mero
coordinamento della normativa esistente alla base del testo unico.
Quindi nessuna dimenticanza, ma solo l'illegittimità costituzionale
per eccesso di delega di un recepimento della direttiva europea per
mezzo del testo unico.
- Per quanto concerne il rilievo sull'articolo
2, comma 2, lo stesso si limita ad estendere le modalità delle
dichiarazioni sostitutive anche all'attività di volontaria
giurisdizione. Comunque, per non dare adito a dubbi, si procederà ad
un chiarimento.
- I rilievi concernenti gli articoli 7
e 18 aprono un discorso più generale che deriva dall'inevitabile
confluenza nel testo unico sia delle norme che riguardano la
documentazione amministrativa tradizionale, cioè su supporto
cartaceo, sia delle norme sul documento informatico. Di conseguenza ci
sono norme nelle diverse sezioni che potranno riferirsi ad entrambi i
tipi di documento ovvero solo ad uno di essi. E la logica dovrebbe
soccorrere: per esempio l'articolo 18 si riferisce evidentemente al
supporto cartaceo; lo stesso vale per l'inciso "anche
promiscuamente" contenuto nell'articolo 7.
- Quanto all'articolo 23, comma 7,
difficilmente un interprete penserebbe che la verifica della firma
digitale "va fatta ad occhio". I requisiti del documento
informatico e della firma digitale sono comunque definiti nelle regole
tecniche di cui all'articolo 8.
- Il rilievo relativo all'articolo
38, comma 3, concerne l'utilizzabilità della firma digitale come
sottoscrizione delle istanze e dichiarazioni inviate per via
telematica. La norma non limita affatto il valore legale della firma
digitale, che resta intatto. Essa vuole solo identificare una
modalità aggiuntiva di sottoscrizione delle istanze, inviate per via
telematica, creando un parallelo tra copia fotostatica del documento d'identità
inviata a corredo dell'istanza cartacea, prevista dalla legge n.
191/98, e la possibilità di utilizzare anche la carta d'identità
elettronica a corredo delle istanze inviate per via telematica. Quindi
i certificatori iscritti nell'elenco dell'AIPA potranno continuare
a operare anche con riferimento ai rapporti tra privati e pubbliche
amministrazioni, in quanto la firma digitale potrà essere validamente
apposta a istanze e dichiarazioni inviate per via telematica alle
amministrazioni; solo che i cittadini potranno avvalersi dell'ulteriore
possibilità di utilizzare la carta di identità elettronica come
mezzo di identificazione a corredo delle istanze inviate per via
telematica: la carta di identità elettronica, quindi, non è
"indispensabile per i rapporti con le pubbliche
amministrazioni", ma costituisce solo un'opportunità in più.
Le istanze e dichiarazioni inviate per via telematica, in definitiva,
restano validamente sottoscritte con l'uso della firma digitale.
- Resta da esaminare una questione di
raccordo tra gli articoli 5 e 6 della legge n. 15 del 1968 e l'articolo
3 della legge n. 127 del 1997, trasfuso nell'articolo 45 del testo
unico, posta da un gentile lettore su InterLex del 21 settembre.
La legge n. 15 delineava, nel contesto di un uso dell'autodichiarazione
assai limitato e di un'estesa esigenza di autenticazione delle
firme, uno strumento di semplificazione limitato alla esibizione dei
documenti: il funzionario che riceveva i documenti doveva trascrivere
su un modulo il contenuto degli stessi e farli firmare in sua presenza
dall'interessato, prima di procedere egli stesso alla sottoscrizione
del modulo in cui i dati erano stati riportati. Un meccanismo non
semplice e scarsamente utilizzato. Ad ogni modo, un meccanismo datato
(1968), che nulla ha a che vedere con l'uso della firma digitale
(come sembra chiosare il commentatore del sito), e che è sicuramente
separato dall'evoluzione normativa successiva che, al posto del
detto meccanismo, copre l'intera area dei fatti comprovabili senza
certificazione (articolo 46 del testo unico), con l'uso dei
meccanismi molto più avanzati e meno onerosi per il cittadino dell'autocertificazione
(dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto notorio) e
dell'acquisizione di ufficio.
Comunque va detto che il testo unico si
muove nella prospettiva della "decertificazione", cioè dell'eliminazione
dei certificati e dei connessi oneri, ancorché
"semplificati", a carico dei cittadini, attraverso lo
scambio di dati tra le amministrazioni in via telematica.
- Infine, vale la pena di rilevare che
il testo ha sin qui ricevuto, oltre che un preliminare esame del
Consiglio dei Ministri, i pareri favorevoli del Consiglio di Stato,
della Conferenza Stato- Città e del Garante per la protezione dei
dati personali.
- Si spera di non aver veramente
abusato della pazienza del lettore, ma il dibattito su questi temi è
comunque utile e stimolante, purché condotto, anche nei toni, con
onestà intellettuale e nel rispetto del lavoro altrui.
Cons. Filippo Patroni
Griffi
(coordinatore del
Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure)
(22 settembre 2000)
|