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Firma digitale

La giurisprudenza europea sull'art. 5.2 della direttiva

di Roberto Manno* - 05.02.04

 
Nel dibattito sul ricorso per decreto ingiuntivo accolto dal tribunale di Cuneo possono essere utili alcune indicazioni contenute nello studio dell'università di Leuven, che abbiamo commentato nello scorso mese di novembre, sullo stato dell'attuazione in Europa della direttiva sulle firme elettroniche 1999/93/CE.
Infatti le contraddittorie e controverse disposizioni contenute nell'art. 10 del novellato testo unico sulla documentazione amministrativa dovrebbero attuare l'art. 5.2 della direttiva: in realtà vanno ben oltre il dettato comunitario. Recitano infatti le disposizioni europee:

Articolo 5 - Effetti giuridici delle firme elettroniche
1. Gli Stati membri provvedono a che le firme elettroniche avanzate basate su un certificato qualificato e create mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura:
a) posseggano i requisiti legali di una firma in relazione ai dati in forma elettronica così come una firma autografa li possiede per dati cartacei; e
b) siano ammesse come prova in giudizio.
2. Gli Stati membri provvedono affinché una firma elettronica non sia considerata legalmente inefficace e inammissibile come prova in giudizio unicamente a causa del fatto che è
- in forma elettronica, o
- non basata su un certificato qualificato, o
- non basata su un certificato qualificato rilasciato da un prestatore di servizi di certificazione accreditato, ovvero
- non creata da un dispositivo per la creazione di una firma sicura.

Sembrano norme semplici e condivisibili: le firme qualificate hanno gli effetti legali delle firme autografe sui documenti cartecei, mentre per le firme non qualificate vale un generale principio di non discriminazione. Di fatto l'art. 5.2 ha creato non pochi problemi negli Stati membri e non è un caso che proprio su questa disposizone si sia concentata l'attenzione del gruppo di studio dell'Università di Leuven.

Lo studio (pagg. 77 e ss.), dopo aver esaminato le procedure nazionali di trasposizione della direttiva e le poche pronunce giudiziali, rileva pericolose disarmonie sulla trasposizione dell'art. 5.2 della direttiva e sull'interpretazione giurisprudenziale (peraltro finora non corposa) dello stesso: vi sono Stati che hanno trasposto la disposizione in modo letterale, esplicito, tra cui Austria, Belgio, Francia, Grecia, Lussemburgo, Olanda, Irlanda e Italia. In particolare, Belgio e Francia confermano la rilevanza probatoria della firma elettronica che assicura la paternità del documento e l'integrità del suo contenuto, mentre l'Irlanda attribuisce generale rilevanza alle informazioni in forma elettronica.

Altri Stati hanno operato una trasposizione implicita, tra cui Danimarca, Germania, Portogallo, Spagna, Finlandia e Svezia. Ciò risponde ad una scelta deliberata, avendo gli stessi Stati riconosciuto il valore legale dei documenti informatici sottoscritti digitalmente già prima della direttiva.
In Germania, è la sicurezza effettiva, valutata caso per caso, che attribuisce alle firme elettroniche di qualsiasi tipo un valore legale e probatorio.
Infine vi sono Stati che hanno optato per una trasposizione parziale, come il Regno Unito.

Indice dell'incertezza interpretativa, a quattro anni dall'emanazione della direttiva, è il contrastante indirizzo seguito dai giudici di fronte alla rilevanza probatoria dell'e-mail: in un caso (Corte di prima istanza di Atene, decisione 1337/2001) è stato affermato che l'indirizzo di posta elettronica soddisfa le funzioni della sottoscrizione manuale (identificazione univoca del firmatario e nesso tra questi e il suo indirizzo di posta); mentre in un altro (AG Bonn, decisione 25 ottobre 2001) il disconoscimento è stato pieno, avendo il giudice escluso la rilevanza probatoria dell'e-mail, per gli evidenti rischi di sicurezza delle comunicazioni attraverso la posta elettronica, specialmente in un sistema aperto come Internet.

Queste disarmonie, secondo lo studio, sembrano inevitabili, stante l'ambigua formulazione dell'art. 5.2: la valutazione del valore legale delle firme elettroniche diventa così un terreno irto di difficoltà per i giudizi nazionali. L'approccio funzionale della direttiva si presta ad interpretazioni diverse e in alcuni casi opposte, come dimostrano i casi in materia di posta elettronica. Proprio tali clamorose divergenze spingono gli estensori del rapporto a chiedersi se queste siano dovute a circostanze fortuite, tra cui l'inesperienza degli stessi giudici nazionali di fronte a tali nuove questioni, ovvero a radicate e difficilmente conciliabili tradizioni giuridiche.

Alla luce di tale scenario, il decreto ingiuntivo del tribunale di Cuneo, anche se non è una sentenza, e quindi costituisce in alcun modo un precedente interpretativo sull'impossibile valore probatorio dell'email, sicuramente offre l'occasione per approfondire anche in una prospettiva internazionale le varie questioni aperte, soprattutto in vista dell'imminente revisione della disciplina italiana.
 

* weblegal @ tin.it

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