Norme antiriciclaggio e identificazione del contraente
di Paolo Ricchiuto* -
08.02.01
La vendita on line di prodotti finanziari, l'accensione di conti correnti e
la attivazione di servizi di internet banking, l'offerta per via telematica di
polizze assicurative: sono questi alcuni dei settori nei quali gli operatori
sono chiamati alla applicazione di regole e principi spesso rigorosi, a volte
ostici da adattare alla nuova realtà, in alcuni casi, forse, incompatibili con
gli sviluppi connessi alla crescita della new economy.
Tra i tantissimi problemi tecnico-giuridici che le aziende del settore sono
chiamate a risolvere, si pone quello dell'adempimento degli obblighi previsti
dalla legge "antiriciclaggio" 197/91, per tutto quanto attiene alla
identificazione del cliente.
Il quadro normativo
L'art. 2 comma 1 della Legge 197/91, prevede per alcune categorie di
operatori (uffici della pubblica amministrazione, compresi gli uffici postali,
enti creditizi, imprese ed enti assicurativi, SIM eccetera - che di qui in poi,
per comodità di esposizione, chiameremo "intermediari"), l'obbligo
di identificare i soggetti che eseguono operazioni di importo superiore a L.
20.000.000 o che accendono conti, depositi o altri rapporti continuativi.
Le modalità operative per l'adempimento di tali obblighi di identificazione
sono fissate nei decreti del Ministero del tesoro del 19.12.1991 (da
interpretarsi alla luce dei chiarimenti forniti con Comunicazione del 05.06.92)
e delle modifiche apportate dal decreto 29.10.1993.
Il principio di base, è che per l'accensione di un rapporto continuativo
con l'intermediario, i dati identificativi devono essere acquisiti in
presenza del titolare del rapporto o del suo mandatario (par. 4.2 prima
parte).
All'uopo l'intermediario può agire per mezzo del personale incaricato, e
cioè soggetti legati all'intermediario da un rapporto di lavoro
subordinato - per esempio funzionari commerciali -, ovvero da apposita
convenzione nella quale siano specificati gli obblighi rinvenienti dalla L.
197/91 e dal DM 19.12.91 - per esempio gli agenti (par. 1 com. Min. tesoro
05.06.92).
La possibilità di identificazione anche senza la presenza fisica del
titolare del rapporto era inizialmente prevista soltanto qualora l'interessato
fosse già titolare di altri rapporti presso lo stesso intermediario.
Successivamente si è andata ad aggiungere, prima in via interpretativa (par.4.1
com. Min. tesoro 05.06.92), poi in virtù di una vera e propria modifica
legislativa (aggiunta al par. 4.1. DM 19.12.91, prevista dal par. 3 DM
29.10.1993), un' ipotesi ulteriore: quella in cui l'interessato sia già
titolare di un rapporto continuativo presso altro intermediario abilitato, e
ciò sia comprovato da idonea attestazione da questi rilasciata.
L'identificazione a distanza e la circolare UIC 30.01.2000
Secondo la chiara lettera della norma, quindi, è possibile l'identificazione
a distanza, ed a tale fine è sufficiente la "idonea attestazione"
rilasciata da altro intermediario che abbia già, a sua volta, identificato l'utente.
Il problema, qui affrontato con specifico riferimento alla accensione di
rapporti on line, riguarda in effetti una realtà ben più ampia: basti pensare
alle vendite per corrispondenza, al telemarketing, al direct marketing
e via discorrendo.
Già da qualche anno, pertanto, si è posto il problema di comprendere, in
mancanza di una specificazione normativa o regolamentare, cosa potesse
intendersi per "idonea attestazione" .
E' in tale contesto, che è intervenuto l'ufficio istituzionalmente preposto
alla verifica della corretta applicazione della legge 197/91, e cioè il
servizio antiriciclaggio dell'Ufficio italiano cambi.
Con la circolare 31.01.2000 l'UIC segnala quali debbano essere i requisiti di
forma per il rilascio della cosiddetta "idonea attestazione" da parte
di altro intermediario. Le strade indicate sono due:
1. Bonifico con causale identificativa - l'attestazione può essere
resa in via implicita, attraverso la trasmissione di un bonifico dalla banca
attestante all'intermediario che deve procedere alla identificazione a distanza,
a condizione che: a) il bonifico sia eseguito a valere su un rapporto nominativo
per il quale il Cliente è stato opportunamente identificato; b) l'intermediario
che deve procedere a identificazione a distanza e che riceve dal Cliente
comunicazione dei dati identificativi, assegni al Cliente stesso un codice
identificativo che questi avrà cura di comunicare alla banca presso la quale è
intrattenuto il rapporto che, a sua volta, lo dovrà riportare sul bonifico
inviato all'intermediario; c) tutte le successive operazioni siano domiciliate
e cioè transitino sul conto originario d'appoggio per avere la certezza che
queste siano effettuate sempre dalla stessa persona, in modo tale da soddisfare
l'obbligo di identificazione previsto per ogni operazione a valere su di un
medesimo rapporto
L'esempio classico è quello del trading on line: sarà la mia banca che,
in sede di costituzione della provvista necessaria alla attivazione del
servizio, provvederà a certificare la mia identità all'intermediario
finanziario che mette a disposizione le funzionalità proprie del trading on
line.
La stessa CONSOB, con la comunicazione n. DI 30396 del 21.04.2000, nel dettare
le regole di comportamento per la prestazione per via telematica di servizi di
investimento, fa esplicito riferimento a tale soluzione.
Non pochi intermediari, peraltro, scelgono strade diverse: alcune, molto più
sicure (la visita di un promotore finanziario che raccoglie la firma del
cliente); altre, molto più rischiose (l'invio da parte del cliente, in uno
alla sottoscrizione del form scaricato da internet, di una copia del
documento di identificazione. Strada quest'ultima certamente snella, ma in
nessun modo conforme al dettato normativo ed ai requisiti richiesti dall'UIC).
2. Timbro e sottoscrizione - In alternativa, secondo l'UIC, l'idonea
attestazione può essere effettuata mediante compilazione di un modulo, anche
predisposto dall'intermediario che deve procedere all'identificazione,
contenente i dati identificativi del cliente, ivi compresi gli estremi del
documento impiegato per l'identificazione, debitamente timbrato e sottoscritto
dall'intermediario attestante.
Ora, nell'epoca dell'internet, affidarsi alla polverosa logica dei
timbri, ha il sapore di una vera e propria distonia, e rischia di assumere il
senso di un incomprensibile ritorno al passato.
Si immagini il totale svuotamento del plus commerciale consistente nella
"immaterialità" e nella immediatezza della vendita on line di una
polizza assicurativa, quando per la corretta identificazione del cliente si
richieda un adempimento materialmente gravoso e poco invitante, come una visita
in banca per farsi rilasciare un modulo timbrato e sottoscritto.
La firma digitale e l'identificazione ai sensi della legge 197/91
Una vera e propria svolta, rispetto a questa sorta di empasse
normativa ed operativa, potrebbe derivare dal definitivo lancio della firma
digitale.
Peraltro, come risulterà immediatamente evidente, anche tale passaggio non è
esente da dubbi, dovendosi indagare se, dal punto di vista esegetico, esista e
possa essere attivato un rapporto sinergico tra la normativa sul documento
informatico e la legge antiriciclaggio.
Ma procediamo con ordine.
Non c'è dubbio sul fatto che le finalità perseguite dalle due discipline
siano del tutto diverse: l'una, intesa a regolamentare l'identificazione
dell'utente nel settore finanziario-creditizio, l'altra, diretta a creare
uno strumento che consenta di ritenere "validi e rilevanti" i
documenti sottoscritti con firma digitale.
Un'attenta analisi, però, lascia emergere dei decisivi punti di contatto:
infatti, secondo quanto previsto dall'art. 1 lett. h) del DPR 513/97 (rifluito
nell'art. 22 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 04.10.00, e ad oggi
non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale), deve intendersi per certificazione:
il risultato della procedura informatica... mediante la quale si garantisce la
corrispondenza biunivoca tra chiave pubblica e soggetto titolare cui essa
appartiene, si identifica quest'ultimo e si attesta il periodo di
validità di detta chiave.
L'ente certificatore, pertanto, nel certificare la firma digitale, è
tenuto a compiere una fondamentale operazione preliminare, consistente appunto
nell' identificare con certezza la persona che fa richiesta
della certificazione (art. 9 lett.a DPR 513/97, ora art.
28 lett.a) del testo unico), affinché la firma digitale, una volta apposta,
consenta di rilevare gli elementi identificativi del soggetto titolare
della stessa (art. 10 comma 7 del DPR 513/97, ora art.
23 comma 7 del testo unico).
Se tutto ciò è vero, se cioè l'ente certificatore di fatto identifica il
titolare della firma elettronica, la domanda da porsi è la seguente: potrà
considerarsi esaustiva detta identificazione, anche ai fini del rispetto della
legge antiriclaggio? Facendo un esempio: la banca che offra all'utente la
possibilità di sottoscrivere on line un contratto per l'apertura di un conto
corrente, potrebbe o no legittimamente accontentarsi dell'apposizione della
firma digitale, e quindi del fatto che il soggetto sia stato previamente
identificato dall'ente certificatore?
Entrambe le tesi sembrano sostenibili: infatti, a stretto rigore formale, la
categoria degli enti certificatori non coincide con quella degli "altri
intermediari" che secondo il DM 19.12.91 possono attestare l'identità
del soggetto, con la conseguenza che, anche in presenza della firma digitale,
nell'esempio fatto, la banca... non si potrebbe accontentare.
Dall'altro lato, però, spostando il ragionamento sul piano sostanziale, deve
esser dato il giusto valore al fatto che i requisiti che devono possedere gli
enti certificatori per poter essere abilitati a svolgere il servizio di
validazione della firma digitale siano in parte perfettamente sovrapponibili con
quelli richiesti dal decreto legislativo 01.09.1993 n. 385 per l'esercizio
dell'attività bancaria e creditizia (art. 8 DPR 513/97, ora art.
27 del testo unico). Tale meccanismo, così come l'iscrizione all'elenco
dei certificatori tenuto dall'AIPA, sembra dare piena garanzia, in questo
senso, anche ai fini della tutela dell'interesse pubblico che anima la legge
antiriciclaggio.
Porre dunque un problema di attendibilità dell'ente certificatore,
assumerebbe i caratteri di una vera e propria aberrazione.
Il problema è, a ben guardare, un altro, e riguarda le modalità operative
che la legge prescrive per l'effettuazione della identificazione: infatti,
mentre l'intermediario è vincolato ai principi fissati nella normativa prima
richiamata (che, ad esempio, inibisce il riconoscimento a distanza, se non
effettuato nelle forme. vessatorie imposte dall'Ufficio italiano cambi),
dall'altro lato il certificatore, ad oggi, non deve far altro che identificare
"con certezza" la persona che richieda la validazione della propria
firma digitale. (art. 9 lett.a DPR 513/97, ora art.
28 lett.a) del testo unico).
Come si ottiene tale certezza? E' possibile per il certificatore adottare
sistemi, tipo l'invio di una fotocopia del documento (modalità espressamente
prevista, tra l'altro, dallo stesso testo unico sulla documentazione
amministrativa, all'art. 38) non
affatto esaustivi ai fini della legge antiriciclaggio?
La norma non dice nulla, e lascia aperto un pertugio interpretativo che, se
non correttamente ricucito, rischia di trasformarsi in una vera e propria falla,
minando alla base non solo la prospettata equiparabilità tra identificazione
del certificatore e riconoscimento dell'intermediario, ma anche la stessa
certezza che dovrebbe presiedere al definitivo lancio della firma digitale.
Basti pensare alle pesantissime implicazione che potrebbero derivare da una
applicazione troppo elastica del concetto di "certezza del
riconoscimento", nel campo dei rapporti economici (contratti) , ed in
quelli ancor più delicati del processo civile (vedi l'ultimo regolamento
sull'uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel
processo amministrativo e nel procedimento innanzi alle Sezioni giurisdizionali
della Corte dei conti, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del
26.01.01)
Conclusioni
L'intera questione qui affrontata, potrebbe essere risolta con alcune,
piccole correzioni, alla ormai emananda normativa unificata sul documento
informatico. Basterebbe prevedere espressamente, con un richiamo esplicito, la
esaustività dell'apposizione della firma elettronica "anche ai fini
della normativa antiriciclaggio".
Accanto a ciò, peraltro, sembra più che opportuno anche un intervento che
riempia di contenuti il troppo malleabile concetto di "certezza della
identificazione".
Poche, mirate modifiche, che, dando chiarezza alla materia, potrebbero risolvere
alla radice un dibattito, ed un contenzioso, le cui proporzioni potrebbero, in
mancanza, assumere proporzioni enormi.
* Avvocato in Roma |