Il diritto alla salute, garantito dalla costituzione Italiana
è solo un diritto apparente, visto dal punto di vista del medico: tutti coloro
che hanno malattie che non guariscono potrebbero lamentare un diritto non
riconosciuto. Il diritto reale è il diritto ad essere curati, il diritto
di avere qualcuno che "si prende cura" prima e che "cura"
quando è necessario, con le tecnologie e le conoscenze, possibilmente le
migliori, per il tempo e più indicate per quella persona. Quando il diritto è
stato sancito esisteva la radiologia di base, le analisi cliniche e poco più.
Oggi abbiamo strumenti e tecnologie molto più sofisticate, costose, alcune
indispensabili, altre meno utili, ma la complessità del curare e del prendersi
cura è aumentata enormemente. Soprattutto le possibilità di COMUNICARE,
CONDIVIDERE, LAVORARE IN TEAM, anche indipendentemente dal luogo fisico, sono
enormemente cresciute dall’arrivo delle nuove tecnologie, ora diventate
personali.
Parafrasando Nicholas Negroponte oggi la maggior parte delle informazioni del
sistema salute ci viene fornita ancora sotto forma di atomi, carta, immagini,
filmati. Un paradosso perché anche in sanità si sta affermando da anni un
passaggio da atomi a bit per cui con l'andare avanti del tempo non abbiamo più
carta per le lastre ma CD, i referti sono stampabili via web, le prenotazioni si
fanno on line e molto altro. I dati sono in bit ma vengono riportati su carta o
in genere su atomi per essere dati ai pazienti ed ai medici. Come fare per
adeguare i diritti del cittadino/paziente e contemporaneamente migliorare un
sistema che, volenti o nolenti, più o meno guidato, sta passando (anche
malamente) dagli atomi ai bit?
Cittadinanzattiva/tribunale per i diritti del malato nel 2014 ha presentato
il documento "I Diritti del Malato 2.0 – Raccomandazione civica sull’informatizzazione
in sanità, focus telemedicina". In una intervista due dei leader del
progetto Carla Mariotti, Project Manager , e Paolo Baronti, che ha lanciato il
tema della sanità elettronica nell’ambito di Cittadinanzattiva,
semplificavano alcuni dei punti chiave relativi al tema Telemedicina, che
potrebbe agire in modo decisivo su quatto diritti fondamentali:
1. Diritto all’accesso:
Ogni individuo ha il diritto di accedere ai servizi sanitari che il suo stato
di salute richiede. I servizi sanitari devono garantire eguale accesso a ognuno,
senza discriminazioni sulla base delle risorse finanziarie, del luogo di
residenza, del tipo di malattia o del momento di accesso al servizio.
2. Diritto al rispetto del tempo dei pazienti:
Ogni individuo ha diritto a ricevere i necessari trattamenti sanitari in
tempi brevi e predeterminati. Questo diritto si applica a ogni fase del
trattamento.
3. Diritto al rispetto di standard di qualità:
Ogni individuo ha il diritto di accedere a servizi sanitari di alta qualità,
sulla base della definizione e del rispetto di standard ben precisi.
4. Diritto all’innovazione:
Ogni individuo ha il diritto di accedere a procedure innovative, incluse
quelle diagnostiche, in linea con gli standard internazionali e
indipendentemente da considerazioni economiche o finanziarie.
Partendo da questi concetti credo che valga la pena di ampliarli e renderli
più dettagliati ed operativi, con un "esalogo", certamente non
esaustivo ma che può far riflettere sugli indirizzi per un curare e prendersi
cura 2.0.
1. Il diritto ad essere curati VICINO a
dove si vive Oggi anche per banali medicazioni o trattamenti eseguibili in
telemonitoraggio dal domicilio o solo per parlare con un medico e fargli vedere
le analisi bisogna spesso fare chilometri e il medico neppure deve sfiorare
fisicamente il paziente. Rendere rimborsabile la televisita quando basta vedere
le analisi e parlarsi a voce, come per molte visite di controllo, non sarebbe
difficile.
2. Il diritto ad avere i dati sanitari come propri, sotto la propria custodia
personale, autorizzando ogni volta l’uso degli stessi. Ognuno di noi deve
essere il custode del proprio cassetto del comò digitale. Un sistema con un OTP
o doppia autenticazione può impedire qualsiasi accesso non autorizzato, come
avviene banalmente anche con i sistemi di posta elettronica. Nessuno vuole i
propri dati "a disposizione" oggi potrei non preoccuparmene ma domani,
cambiando lavoro potrei non volerli rendere noti
3. Il diritto del cittadino nella sanità digitale a veder separati gli scopi di
cura da quelli di controllo del sistema. Il problema dell’autorizzazione, dell’oscuramento,
dell’oscuramento dell’oscuramento nel fascicolo sanitario elettronico si
pone proprio perché’ nessuno di noi "si fida" di dare
autorizzazioni in bianco a chicchessia . Queste problematiche nascono quando un
paziente chiede che alcuni dati siano oscurati, ma logicamente non si deve
neppure sapere che è stato chiesto di oscurarli, perché anche questa è una
informazione sensibile. Il medico come fa a fidarsi di curare un paziente che
per non perdere il porto d’armi ha oscurato l’uso di farmaci antidepressivi?
4. Il diritto a non avere duplicazioni di documenti sanitari quando questi
esistono già in formato digitale Oggi ad esempio il certificato telematico di
malattia non serve a nulla in caso di assicurazione, causa di servizio ecc. e va
tutto rifatto in carta
5. Il diritto di non essere "postino" della documentazione sanitaria
tra tutti gli attori del sistema. Oggi, persino a ricetta elettronica attiva
questa va stampata e portata, per non parlare del già citato certificato
telematico di malattia, ritiro di referti, di esami strumentali, cartelle
cliniche, ritirate in A per portarle a B e poi archiviate in C eccetera
6. Il diritto di accesso digitale alle strutture, ai servizi ed alla burocrazia
sanitaria. Oggi, nell'era della comunicazione digitale oltre al telefono, non si
fa molto di più per contattare medici, strutture sanitarie, reparti. L’accesso
digitale è diventato un diritto persino per INPS e Agenzia delle entrate.
Perché non può esserlo per i sistemi sanitari? Cos'ha di difficile un ECG a
casa, o un contatto via Skype prima di pensare a fantascientifici
telemonitoraggi?
Per metterli in pratica... sono
necessari moltissimi passi "di dettaglio" ma il riconoscimento
dell'"esalogo" della salute digitale, assieme alle Linee di indirizzo
Nazionali per la Telemedicina, recepite dal 2014 dalla Conferenza
stato-regioni, possono veramente aiutare in un percorso ad ostacoli fatto di
interessi aziendali, resistenza alla trasparenza portata avanti dal digitale,
innovazione nata vecchia, progetti di acquisizione di software ormai francamente
impresentabili, ed in mezzo a tutto questo i pazienti più fragili, quelli che
trarrebbero il maggior vantaggio dal godimento di questi diritti.
La sintesi sanitaria dell’esplicazione di questi diritti in termini di cura
si chiama medicina PERSONALIZZATA, la medicina del futuro prossimo, al centro
anche degli indirizzi dell’Unione Europea. Il cavallo di Troia per portarli
avanti si chiama formazione, formazione alla digital leadership, formazione in
tutti i settori, quello giudiziario incluso. Basti dire che in un procedimento
penale in essere attuale di cui sono a conoscenza, legato ad atti compiuti in
Telemedicina, nessuno (il CTU, i periti di parte, la PG, il GUP) ha minimamente
preso in considerazione la peculiarità dell’atto, semplicemente ignorandolo e
tutti i giudizi e le risultanze sono ovviamente completamente diversi se
considerati nella specificità dell’atto Telemedico.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen. Sez. IV,
Sent., ud. 03-12-2015, 21-01-2016, n. 2541) ricostruisce una vicenda di
"morte per telemetria".
Dalla sentenza: "Il paziente Go. era
rimasto abbandonato a sé stesso, precisando che l’abbandono fu cagionato dal
fatto che le infermiere B. e Ce., sole presenti nel reparto dalle "ore
5.15/5.30" fin "dopo le ore 6", erano impegnate nell’assistenza
urgente di altri pazienti e non erano pertanto "in grado di permanere nella
guardiola davanti al monitor della postazione centrale, ove sono consumabili le
tracce delle telemetrie". Osservava il Giudice di primo grado che nella
descritta situazione soltanto l’allarme sonoro avrebbe potuto avvertire
tempestivamente le infermiere dell’aritmia ventricolare di Go., ma "l’allarme
della telemetria n. I applicata a Go. non era scattato perché recava l’impostazione
ALLARMI SOSPESI e – per quanto attiene alla durata della sospensione degli
allarmi, era stato configurato su "INDEFINITE", cosicché quando la telemetria
veniva applicata con gli allarmi sospesi, questi rimanevano tali se e fino a
quando l’operatore non procedeva alla loro attivazione manualmente anche se l’apparecchio
telemetrico veniva scollegato da precedente paziente, spento, collegato a nuovo
paziente e riacceso" il tribunale di primo grado segnalava anche che:
"il "sistema di monitoraggio Philips adottato per il nuovo reparto UTIC non era
pienamente padroneggiato… neppure dagli stessi tecnici Philips"; dall’esame testimoniale
degli infermieri in servizio presso l’UTIC… è emerso… che ancora oggi… in alcuni di essi molta confusione è ancora presente su alcuni aspetti di
quel sistema"; " il livello di apprendimento... del sistema di
monitoraggio da parte degli operatori non (era) all’epoca dei fatti
esaustivo".
Un serio problema di safety, legata alla tecnologia utilizzata ed alla scarsa
conoscenza del software, persino dei tecnici, che ha fatto morire un paziente
per una fibrillazione ventricolare non rilevata dagli infermieri e probabilmente
rilevabile se il sistema non fosse stato "aggiornato".
Da una parte i nuovi diritti generati dall’evoluzione delle tecnologie,
dall’altra le competenze per renderli operativi, in mezzo gli indirizzi degli
organi vigilanti. Tra questi due estremi si giocherà il futuro della salute
digitale, che vista dal punto di vista del paziente, possiamo chiamare il
diritto alla medicina personalizzata.
* Coordinatore della commissione paritetica della Conferenza stato-regioni
per la governance delle linee di indirizzo della telemedicina in Italia.
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