Le politiche sociali e di innovazione, così come quelle
del lavoro, della scuola della giustizia, della salute e non ultime quelle per
la semplificazione e la Pubblica Amministrazione, solo per citarne alcune,
passano attraverso il concetto di CITTADINANZA DIGITALE.
Giusto per
schematizzare il tema dobbiamo considerare 3 componenti in gioco:
·
la CITTA’ intesa come habitat e sistema di Infrastrutture,
Servizi, Comunicazione;
·
il CITTADINO come parte della comunità che fa riferimento a
Regole, Dati/Informazioni ed Educazione;
·
il DIGITALE al quale affidare l’evoluzione del concetto di
CITTADINANZA tradizionale.
Come si vede gli argomenti da trattare sono numerosi e
vorrei soffermarmi su alcuni di essi che possono essere di interesse per il
dibattito odierno.
Come si fa ad essere CITTADINI DIGITALI? Sicuramente
andranno definite e rispettate le REGOLE ossia i Diritti e i Doveri della
cittadinanza digitale e come dicevano i nostri “padri”: UBI SOCIETAS IBI IUS.
Avremo infatti nuove opportunità derivanti dalle
tecnologie digitali come ad esempio quelle relative all’Internet delle cose e
alla Domotica o quelle cosiddette wearable
ad uso sanitario o lavoristico. E ciò comporta nuove interrogativi e nuove
soluzioni. Si pensi ad esempio ai temi della Security, della Privacy,
si pensi alla diffusione delle cosiddette Fake
News.
In proposito mi vengono in mente alcune idee.
·
Si pensi ad esempio ad un Cittadino Digitale che utilizza sistemi
anche semplici di Intelligenza Artificiale:
bisognerà
essere attenti alle tecnologie adottate ed al loro funzionamento (ad esempio
andranno gestite con attenzione le reti di telecomunicazione e di energia per
evitare che il loro blocco possa inibire il funzionamento di automatismi ed
apparati domotici);
si
dovrà curare il reskilling (riaggiornare le proprie capacità e competenze) perché
altrimenti non si riuscirà più a guidare l’automobile se c’è il pilota
automatico ovvero non si potrà tenere in ordina la casa se la sua pulizia è
affidata a robot.
·
C’è un problema generazionale relativo ai cosiddetti NAID (Nati
Analogici ed Invecchiati Digitali) ai quali toccherà vivere la trasformazione.
·
Ed infine il cambiamento che va Dominato e non Subito, realizzando
una trasformazione che deve essere PROGRESSIVA (si pensi all’evoluzione dei
trasporti che sono passati dal cavallo alla locomotiva, all’automobile,
all’aeroplano).
Bisogna quindi valutare ed accompagnare
il cambiamento considerando problemi, difficoltà, nuove sfide, opportunità,
nuove regole, … che si associano alla diffusione dell’Information Technology.
E mi piace ricordare in proposito alcuni
punti relativi allo studio “Il settore IT in Italia” realizzato da
Anitec-Assinform in collaborazione con l’ISTAT e presentato lo scorso 4
dicembre a Roma.
In Italia l’Information Technology è un settore strategico che contribuisce in
modo rilevante al PIL con il 3,7% del valore aggiunto. È caratterizzato da una
elevata produttività e dal fatto di occupare in prevalenza giovani in buna
parte laureati. Il settore IT è uscito dalla crisi 2008-2014 grazie a un
processo di trasformazione evolutiva che ha generato grandi potenzialità
innovative ed elevate competenze, cruciali per sostenere la digitalizzazione del
Paese. Abbiamo un’occasione da cogliere e che va ben oltre gli interessi del
settore. Le direzioni strategiche sulle quali l’IT evolverà sono chiare:
·
abiliterà e coglierà le opportunità della Trasformazione
Digitale in atto in tutte le Imprese;
·
si focalizzerà sulle competenze richieste dalle nuove tecnologie
come il Cloud, gli Analytics e l’Intelligenza Artificiale,
Internet of Things, applicazioni e
comunicazioni in Mobilità;
·
il suo sviluppo sarà ulteriormente accelerato dalle straordinarie
iniziative di sistema quali il Piano Strategico Banda Ultra Larga, Il Piano
Impresa 4.0, e, auspicabilmente, dall’accelerazione del Piano Triennale della
Pubblica Amministrazione Digitale.
Tutto questo tenendo conto del peso e del
ruolo del settore IT, e della sua ancora eccessiva frammentazione, porta non
solo a invocare ulteriore impulso alle iniziative citate di digitalizzazione già
varate, ma anche intraprendere ulteriori iniziative volte a:
·
ridurre l’eterogeneità di specializzazione settoriale e i
disequilibri territoriali;
·
stimolare la diffusione dei processi di trasformazione digitale
nello stesso IT;
·
rafforzare le circolarità virtuose tra domanda e offerta evoluta
di IT;
·
incoraggiare la crescita dell’offerta Cloud, che per sua natura
può favorire la diffusione di applicazioni nelle PMI;
·
aumentare qualità e diffusione di competenze e cultura digitali.
Quali sono le “condizioni al contorno” ? Sicuramente
entra in gioco il tema dei BIG DATA che possono daci risposte giuste se sapremo
porre domande giuste e quindi ecco emergere le “3C” che devono accompagnare
il cambiamento: COMPETENZE, COSCIENZA e CONOSCENZA. Questo soprattutto
considerando che la “Cittadinanza Digitale” è sinonimo di “Società
dell’Informazione” e come detto in apertura “UBI SOCIETAS IBI IUS” o se
mi è consentita la libertà linguistica “UBI SOCIAL
IBI IUS” che si collega direttamente alla dimensione umana degli argomenti in
parola e a tematiche del tutto nuove come l’Identità digitale o il Diritto
all’Oblio.
Concluderei pertanto con le parole dell’Onorevole Paolo
Coppola, Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul livello di
Digitalizzazione e Innovazione delle Pubbliche Amministrazioni: “Non credo sia una novità scoprire che il
problema principale è dovuto al fattore umano, alla mancanza di cultura, alle
scarse professionalità …” nonché con una citazione di Manlio
Cammarata, che ringrazio per l’invito odierno, su MCmicrocomputer n. 101 di
novembre 1991, dove, in un’intervista a Giancarlo Scatassa, Presidente
dell’allora Commissione per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione,
istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica, chiede “l’ultimo schema di disegno di legge elaborato dalla Commissione
Informatica, parla, fra l’altro, di ‘eliminazione dei supporti cartacei’.
Lei crede che sia possibile, in tempi ragionevoli, che dall’Amministrazione
dello Stato scompaiano le scartoffie ?” e Scatassa risponde: “[…] Il problema è di mentalità. Noi dobbiamo superare il nostro modo di
pensare. Non sono problemi tecnologici o normativi, ma di comportamento. Per
questo credo che sarà necessaria una mobilitazione culturale, mi lasci usare
questa espressione. Però io sono fiducioso […]”.
* Direttore Anitec-Assinform
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