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Pubblica amministrazione

Amministrazione digitale: leggiamo il Codice - 3

di Carmelo Giurdanella e Elio Guarnaccia* - 16.12.04

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Le norme sul procedimento amministrativo elettronico e la loro immediata applicabilità

Nel provare a mettere per iscritto le prime impressioni sulle nuove norme codicistiche in materia di procedimento amministrativo elettronico, non si può di certo non tenere in considerazione che il nostro ordinamento già oggi riconosce validità e rilevanza giuridica alla attività amministrativa in forma elettronica, e che la dottrina ancor prima aveva preconizzato le dirompenti conseguenze che tale riconoscimento avrebbe determinato.
Già la legge 241 del 1990 apriva le porte alla informatizzazione. Essa, auspicando l'adozione delle tecnologie informatiche nel procedimento amministrativo, avrebbe costituito da lì a poco il quadro normativo di riferimento delle prime teorizzazioni in materia, in particolare del primo modello procedimentale caratterizzato dall'uso degli strumenti informatici (G. Duni, Teleamministrazione, voce Enc. Giur. Treccani, XXX, Roma, 1993; si veda anche A. Masucci, L'atto amministrativo informatico, Napoli, 1993).

D'altronde, è proprio l'art. 22 della 241/90 che, preoccupandosi di individuare l'oggetto del diritto di accesso, al comma 2, definisce il documento amministrativo, in maniera ampia e generica, come "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa", in questo modo specificando come l'accesso debba essere garantito anche agli atti amministrativi informatici.

In seguito fu il DLgs 12 febbraio 1993, n. 39, istitutivo dell'ex AIPA, a recepire, all'art. 3, gli studi sull'atto amministrativo elettronico, prevedendo per le amministrazioni pubbliche sia l'elaborazione che la forma elettronica degli atti (G. Duni, L'illegittimità diffusa degli appalti di informatica pubblica, in Dir. Inf, 1995, 11).
Ed infine il DPR 513 del 1997, oggi rifluito nel TU sulla documentazione amministrativa. E' il vigente art. 9 del DPR 445/2000 che dispone, al primo comma, che gli atti amministrativi informatici "costituiscono informazione primaria ed originale", sancendo così il principio di piena equiparazione sul piano giuridico tra atti amministrativi cartacei e atti amministrativi elettronici (sulle prime decisioni giurisprudenziali si veda C. Giurdanella, L'atto amministrativo elettronico, in E-government, Piacenza, 2003, 22).

E' proprio in quest'ottica che giurisprudenza recente ha affermato una preferenza nei confronti delle forme elettroniche di fruibilità dei documenti amministrativi: "la accessibilità sulla rete web consente agli interessati sia di conoscere direttamente, ed in tempo reale, tutti i provvedimenti di loro interesse, che di poter gestire i relativi procedimenti" (TAR Lazio, III-Ter, 8 marzo 2004, n. 2159).

Lo schema di codice che oggi commentiamo prova a fare un passo in avanti, dettando i principi generali per una capillare riorganizzazione gestionale, e di conseguenza, per un'organica informatizzazione del procedimento amministrativo. Ed infatti, l'art. 13 prescrive che la riorganizzazione gestionale - da perseguire insieme a quella strutturale, di cui si è già detto nell'articolo precedente - deve riguardare, in particolare, i procedimenti amministrativi e i documenti (modulistica, modalità di accesso e istanze di cittadini e imprese).

In tal senso, e sempre nell'ottica degli obiettivi di efficienza ed efficacia ripresi dall'art. 10, deve leggersi l'art. 37, il primo articolo del capo III, dedicato appunto alla gestione informatica del procedimento amministrativo: "le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ai sensi del presente decreto".
Ciò che, in definitiva, dovranno garantire le amministrazioni è, da un lato, la tenuta dei fascicoli informatici, in cui confluiranno tutti gli atti e documenti del procedimento da chiunque formati (art. 37, c. 2); dall'altro la partecipazione a tale procedimento amministrativo informatico, a mezzo di tecnologie anch'esse informatiche (art. 4).

Per la verità, già prima del codice il cittadino avrebbe potuto porre in essere, per mezzo delle tecnologie della informazione e della comunicazione, gli strumenti procedimentali previsti dall'ordinamento. Ed infatti, come già in precedenza accennato, più volte è stato affermato in dottrina come la 241/90 sia stata una legge "inconsapevolmente informatizzata", che se non prevedeva l'uso delle tecnologie, certamente ne auspicava l'avvento, tanto da essere una delle poche norme di principio che è sopravvissuta indenne alla "rivoluzione" apportata nel 1997 dal DPR 513 sul documento informatico e la firma digitale.

Tuttavia l'innovazione apportata dallo schema di codice in commento non è da poco.
Vi è infatti un obbligo per le amministrazioni di indicare, nella comunicazione dell'avvio del procedimento (art. 8, legge 241/1990), le modalità necessarie per esercitare in via telematica i diritti di cui all'articolo 10 della citata legge sul procedimento (art. 37, co. 2). Si tratta, in altri termini, di un obbligo per le PA di predisporre il necessario perché i soggetti direttamente interessati possano prendere visione degli atti del procedimento, e presentare memorie scritte e documenti con l'ausilio di strumenti informatici.

Una vera e propria informatizzazione proprio di quegli istituti, previsti da una legge di 14 anni fa, che da allora costituiscono strumento imprescindibile di amministrazione partecipata e trasparente. Stessa ratio è sottesa alla previsione di principio dell'accesso telematico (art. 55), che deve essere disciplinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del presente decreto, mediante regolamenti pubblicati su pubblici siti accessibili per via telematica.
Il 3 comma dell'art. 37, poi, si spinge ad "informatizzare" espressamente un altro strumento originario della 241/90, la conferenza dei servizi, straordinario strumento di concertazione tra più amministrazioni: "può essere convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte e secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle amministrazioni medesime."

Sono queste norme "forti", che in astratto, al momento della loro entrata in vigore, certamente potrebbero pesare non poco sulla amministrazioni pubbliche del nostro Paese. Tuttavia, in concreto, non può non sorgere il dubbio che tali norme non siano applicabili a regioni ed enti locali. E ciò in relazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, che non ha previsto il procedimento come materia di legislativa statale, né esclusiva, né concorrente.

Da un lato, infatti, le norme procedimentali del codice, come chiarito dalla stessa Consulta, non sono "coordinamento informatico" ex art. 117, comma 2, lett. r); dall'altro, esse andrebbero ricondotte alla lett. g), secondo cui lo Stato disciplina "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali", rimanendo ad esso preclusa la previsione legislativa, nonché regolamentare della attività amministrativa di regioni ed enti locali. Con la conseguenza diretta che le norme codicistiche potrebbero essere vincolanti per le amministrazioni regionali solo se ed in quanto recepite da norme regionali ad hoc, per le quali, peraltro, il codice non rivestirebbe nemmeno il ruolo di norma quadro di riferimento.

La soluzione potrebbe cercarsi in quelle posizioni di dottrina e giurisprudenza che all'indomani della riforma costituzionale salvavano la cogenza della 241/90 affermando la necessità di principi procedimentali uniformi, e riconducendo tale corollario all'art. 120, comma 2 Cost. (Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni . quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali) e, più in generale, ai principi di imparzialità e buon andamento della amministrazione ex artt. 3 e 97 Cost. (F. Caringella, Corso di Diritto Amministrativo, Milano, 2004).

Oggi tali posizioni sono state recepite dalla novella del procedimento amministrativo, che modifica in questo senso l'art. 29 della 241. Ci si chiede se tale esigenza costituzionale di unitarietà possa costituire anche il fondamento dell'applicabilità immediata delle norme procedimentali del codice dell'amministrazione digitale a regioni ed enti locali; ciò potrà avvenire solo se tali norme saranno considerate principi procedimentali generali alla stessa stregua delle norme della 241/90, e solo se la digitalizzazione verrà effettivamente riconosciuta come primario strumento di buona amministrazione.
Rimaniamo in attesa delle reazioni dei Giudici della Corte costituzionale, che anche per questi profili, avranno certamente occasione di pronunciarsi.

(Continua sul prossimo numero)
 

* Avvocati, studio legale Giurdanella, Catania

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