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Le norme sul procedimento amministrativo elettronico e la loro immediata
applicabilità
Nel provare a mettere per iscritto le prime impressioni sulle nuove norme
codicistiche in materia di procedimento amministrativo elettronico, non si può
di certo non tenere in considerazione che il nostro ordinamento già oggi
riconosce validità e rilevanza giuridica alla attività amministrativa in forma
elettronica, e che la dottrina ancor prima aveva preconizzato le dirompenti
conseguenze che tale riconoscimento avrebbe determinato.
Già la legge 241 del 1990 apriva le porte alla informatizzazione. Essa,
auspicando l'adozione delle tecnologie informatiche nel procedimento
amministrativo, avrebbe costituito da lì a poco il quadro normativo di
riferimento delle prime teorizzazioni in materia, in particolare del primo
modello procedimentale caratterizzato dall'uso degli strumenti informatici (G.
Duni, Teleamministrazione, voce Enc. Giur. Treccani, XXX, Roma, 1993; si
veda anche A. Masucci, L'atto amministrativo informatico, Napoli,
1993).
D'altronde, è proprio l'art. 22 della 241/90 che, preoccupandosi di
individuare l'oggetto del diritto di accesso, al comma 2, definisce il documento
amministrativo, in maniera ampia e generica, come "ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra
specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche
amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa",
in questo modo specificando come l'accesso debba essere garantito anche agli
atti amministrativi informatici.
In seguito fu il DLgs 12 febbraio 1993, n. 39, istitutivo dell'ex AIPA, a
recepire, all'art. 3, gli studi sull'atto
amministrativo elettronico, prevedendo per le amministrazioni pubbliche sia l'elaborazione
che la forma elettronica degli atti (G. Duni, L'illegittimità diffusa
degli appalti di informatica pubblica, in Dir. Inf, 1995, 11).
Ed infine il DPR 513 del 1997, oggi rifluito nel TU sulla documentazione
amministrativa. E' il vigente art. 9 del
DPR 445/2000 che dispone, al primo comma, che gli atti amministrativi
informatici "costituiscono informazione primaria ed originale", sancendo
così il principio di piena equiparazione sul piano giuridico tra atti
amministrativi cartacei e atti amministrativi elettronici (sulle prime decisioni
giurisprudenziali si veda C. Giurdanella, L'atto amministrativo
elettronico, in E-government, Piacenza, 2003, 22).
E' proprio in quest'ottica che giurisprudenza recente ha affermato una
preferenza nei confronti delle forme elettroniche di fruibilità dei documenti
amministrativi: "la accessibilità sulla rete web consente agli interessati
sia di conoscere direttamente, ed in tempo reale, tutti i provvedimenti di loro
interesse, che di poter gestire i relativi procedimenti" (TAR Lazio, III-Ter,
8 marzo 2004, n. 2159).
Lo schema di codice che oggi commentiamo
prova a fare un passo in avanti, dettando i principi generali per una capillare
riorganizzazione gestionale, e di conseguenza, per un'organica
informatizzazione del procedimento amministrativo. Ed infatti, l'art. 13 prescrive che la riorganizzazione
gestionale - da perseguire insieme a quella strutturale, di cui si è già
detto nell'articolo precedente - deve riguardare, in particolare, i
procedimenti amministrativi e i documenti (modulistica, modalità di accesso e
istanze di cittadini e imprese).
In tal senso, e sempre nell'ottica degli obiettivi di efficienza ed efficacia
ripresi dall'art. 10, deve leggersi l'art. 37, il primo articolo del capo III,
dedicato appunto alla gestione informatica del procedimento amministrativo: "le
pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ai sensi del presente
decreto".
Ciò che, in definitiva, dovranno garantire le amministrazioni è, da un
lato, la tenuta dei fascicoli informatici, in cui confluiranno tutti gli atti e
documenti del procedimento da chiunque formati (art. 37, c. 2); dall'altro la
partecipazione a tale procedimento amministrativo informatico, a mezzo di
tecnologie anch'esse informatiche (art. 4).
Per la verità, già prima del codice il cittadino avrebbe potuto porre in
essere, per mezzo delle tecnologie della informazione e della comunicazione, gli
strumenti procedimentali previsti dall'ordinamento. Ed infatti, come già in
precedenza accennato, più volte è stato affermato in dottrina come la 241/90
sia stata una legge "inconsapevolmente informatizzata", che se non prevedeva
l'uso delle tecnologie, certamente ne auspicava l'avvento, tanto da essere
una delle poche norme di principio che è sopravvissuta indenne alla "rivoluzione"
apportata nel 1997 dal DPR 513 sul documento informatico e la firma digitale.
Tuttavia l'innovazione apportata dallo schema di codice in commento non è
da poco.
Vi è infatti un obbligo per le amministrazioni di indicare, nella comunicazione
dell'avvio del procedimento (art. 8, legge 241/1990), le modalità necessarie
per esercitare in via telematica i diritti di cui all'articolo 10 della citata
legge sul procedimento (art. 37, co. 2). Si tratta, in altri termini, di un
obbligo per le PA di predisporre il necessario perché i soggetti direttamente
interessati possano prendere visione degli atti del procedimento, e presentare
memorie scritte e documenti con l'ausilio di strumenti informatici.
Una vera e propria informatizzazione proprio di quegli istituti, previsti da
una legge di 14 anni fa, che da allora costituiscono strumento imprescindibile
di amministrazione partecipata e trasparente. Stessa ratio è sottesa alla
previsione di principio dell'accesso telematico (art. 55), che deve essere
disciplinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del
presente decreto, mediante regolamenti pubblicati su pubblici siti accessibili
per via telematica.
Il 3 comma dell'art. 37, poi, si spinge ad "informatizzare" espressamente
un altro strumento originario della 241/90, la conferenza dei servizi,
straordinario strumento di concertazione tra più amministrazioni: "può
essere convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili,
previo accordo tra le amministrazioni coinvolte e secondo i tempi e le modalità
stabiliti dalle amministrazioni medesime."
Sono queste norme "forti", che in astratto, al momento della loro entrata
in vigore, certamente potrebbero pesare non poco sulla amministrazioni pubbliche
del nostro Paese. Tuttavia, in concreto, non può non sorgere il dubbio che tali
norme non siano applicabili a regioni ed enti locali. E ciò in relazione alla
riforma del Titolo V della Costituzione, che non ha previsto il procedimento
come materia di legislativa statale, né esclusiva, né concorrente.
Da un lato, infatti, le norme procedimentali del codice, come chiarito dalla
stessa Consulta, non sono "coordinamento informatico" ex art. 117, comma 2,
lett. r); dall'altro, esse andrebbero ricondotte alla lett. g), secondo cui lo
Stato disciplina "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici nazionali", rimanendo ad esso preclusa la previsione
legislativa, nonché regolamentare della attività amministrativa di regioni ed
enti locali. Con la conseguenza diretta che le norme codicistiche potrebbero
essere vincolanti per le amministrazioni regionali solo se ed in quanto recepite
da norme regionali ad hoc, per le quali, peraltro, il codice non
rivestirebbe nemmeno il ruolo di norma quadro di riferimento.
La soluzione potrebbe cercarsi in quelle posizioni di dottrina e
giurisprudenza che all'indomani della riforma costituzionale salvavano la
cogenza della 241/90 affermando la necessità di principi procedimentali
uniformi, e riconducendo tale corollario all'art. 120, comma 2 Cost. (Il
Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane,
delle Province e dei Comuni . quando lo richiedono la tutela dell'unità
giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali) e, più
in generale, ai principi di imparzialità e buon andamento della amministrazione
ex artt. 3 e 97 Cost. (F. Caringella, Corso di Diritto Amministrativo,
Milano, 2004).
Oggi tali posizioni sono state recepite dalla novella
del procedimento amministrativo, che modifica in questo senso l'art. 29
della 241. Ci si chiede se tale esigenza costituzionale di unitarietà possa
costituire anche il fondamento dell'applicabilità immediata delle norme
procedimentali del codice dell'amministrazione digitale a regioni ed enti
locali; ciò potrà avvenire solo se tali norme saranno considerate principi
procedimentali generali alla stessa stregua delle norme della 241/90, e solo se
la digitalizzazione verrà effettivamente riconosciuta come primario strumento
di buona amministrazione.
Rimaniamo in attesa delle reazioni dei Giudici della Corte costituzionale, che
anche per questi profili, avranno certamente occasione di pronunciarsi. (Continua sul prossimo numero)
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