di Piero Luisi - 21.12.2000
La definizione di "rivoluzione", rivolta ai processi di riforma
della pubblica amministrazione italiana, non è mai stata tanto utilizzata
quanto negli ultimi anni. La portata delle iniziative legislative e
regolamentari cui la definizione si è riferita, merita, comunque, tale enfasi,
visto che stiamo parlando di vere spallate al sistema autoreferenziale della
burocrazia italiana.
La chiave di volta dell'impianto della riforma innescata dal Governo e dal
ministro Bassanini è la gestione elettronica dei documenti, ovvero l'automazione
e la digitalizzazione dei processi di lavoro e delle modalità di erogazione dei
servizi da parte della pubblica amministrazione.
Il protocollo informatizzato, la gestione elettronica dei flussi documentali,
l'archiviazione ottica dei documenti in formato elettronico e la firma
digitale costituiscono l'architettura informativa e organizzativa della nuova
forma di governo elettronico, o e-goverment, su cui si concentrano le
raccomandazioni e le azioni dei piani strategici sulla "società dell'informazione",
adottati recentemente dall'Unione europea e dal Governo italiano.
Se le premesse a livello di strategia politica e impianto normativo hanno
dato avvio ad un processo di trasformazione delle prestazioni dei servizi
amministrativi, in cui il versante del cosiddetto back office è al
centro di un importante lavoro di analisi e semplificazione delle procedure
amministrative che ne consentano il passaggio dal supporto cartaceo a quello
elettronico, la strada che porta alla disponibilità pubblica di tali servizi è
ancora lunga.
Uno dei nodi più importanti per garantire l'accesso universale ai servizi
telematici pubblici, è rappresentato dalla diffusione sociale degli strumenti
che possano facilitare ed agevolare l'accesso al patrimonio informativo
detenuto dalla pubblica amministrazione.
Sul lato del cosiddetto front-office, infatti, la presenza massiccia
delle amministrazioni in Internet non ha finora garantito la qualità dei
servizi erogati. Ma se Internet è certamente il canale trasmissivo, la porta da
cui far entrare il cittadino/utente nelle stanze chiuse della PA, e se, come
abbiamo accennato, la gestione elettronica dei documenti è la sfida posta alla
burocrazia pubblica, a mancare sono le chiavi per poter finalmente "aprire
quella porta" ed accedere in maniera facile, trasparente e, soprattutto,
sicura ai servizi pubblici.
La chiave della nuova pubblica amministrazione digitale è rappresentate dalla
carta di identità elettronica (CIE), vero pilastro, quindi, del processo di
cambiamento della pubblica amministrazione italiana, perché consentirà a tutti
i cittadini italiani di conservare ed utilizzare lo strumento di accesso della
"propria" amministrazione.
Caratteristiche e circuito di emissione
Con il DPCM n. 437 del 22 ottobre 1999
è stato approvato il "Regolamento
recante caratteristiche e modalità per il rilascio della carta di identità
elettronica e del documento di identità elettronico, a norma dell'articolo 2,
comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127 come modificato dell'articolo 2,
comma 4, della legge 1 giugno 1998, n. 191".
Il decreto stabilisce che la Carta di identità elettronica può contenere:
- la firma digitale e la chiave biometrica - art. 4;
- il codice fiscale ed i dati necessari per la certificazione elettorale,
compresi anche i dati del Servizio Sanitario Nazionale - art. 3;
- tutti gli "altri dati" intesi come " (.) informazioni di
carattere individuale generate, gestite, e distribuite dalle pubbliche
amministrazioni per attività amministrative e per l'erogazione di servizi al
cittadino" - art. 1.
Tra i servizi a valore aggiunto, la Carta di identità elettronica potrà
essere utilizzata anche per "il trasferimento elettronico dei pagamenti tra
soggetti privati e pubbliche amministrazioni, previa definizione, d'intesa tra
il comune interessato e l'intermediario incaricato di effettuare il pagamento,
delle modalità di inserimento e validazione dei dati necessari" - art 6,
comma 1.
Il 19 luglio 2000 il Ministero dell'Interno ha pubblicato "Le regole
tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per
la produzione delle carte di identità e dei documenti d'identità
elettronici", ai sensi dell' art. 8, comma 1, DPCM n. 437/99 (il documento
può essere scaricato dal sito del Dipartimento della funzione pubblica)
In generale, la carta di identità elettronica, così come descritta dal
dispositivo legislativo e regolamentare in materia, si configura come una carta
intelligente "multiservizi".
Intelligente, perché dotata di un microprocessore in grado di elaborare
informazioni ed eseguire "programmi", come un vero, piccolo computer,
e di proteggere in maniera sicura dati memorizzati.
Multiservizi, perché dotata di uno spazio di memoria, riservato al comune
emittente, capace di supportare un set di servizi a valore aggiunto di diversi
livelli, che si affiancano ai dati di riconoscimento anagrafico e fiscale.
Andando a specificarne meglio le caratteristiche, da un punto di vista
tecnologico, la CIE si presenta come un dispositivo "ibrido", ovvero
è dotata sia di un microprocessore crittografico, supporto attivo, sia di banda
ottica, supporto passivo.
La scelta dell'alloggiamento dei due dispositivi tecnologici sullo stesso
supporto fisico è dovuta alla maggiore capacità di memoria della banda ottica
nella memorizzazione dei dati, in piena sicurezza. Al microprocessore, invece,
sono delegate le funzioni di sicurezza per il riconoscimento e la fruizione dei
servizi erogate su reti telematiche aperte, quale Internet.
Al termine della fase di formazione della CIE da parte del comune, le
informazioni contenute nei due dispositivi saranno allineate. A variare, quindi
sono le funzionalità rese da due dispositivi e non le informazioni in esse
contenute.
Sintetizzando ulteriormente, le funzioni svolte dai due sistemi sono:
- microprocessore crittografico: generazione di firme digitali attraverso il
sistema di crittografia a chiave pubblica, o asimmetrica, e memorizzazione
sicura della chiave privata utilizzata per le fasi di autenticazione forte (strong
authentication) del titolare. L'autenticazione certa della carta o del suo
titolare è un requisito di sicurezza fondamentale per l'accesso remoto a
sistemi informativi in grado di erogare servizi attraverso la rete Internet. La
capacità di memoria sarà non inferiore a 16Kb;
- banda ottica: area dati - memorizzazione dei dati della carta, del titolare,
dei servizi installati - e area di controllo - memorizzazione delle informazioni
di controllo e di verifica dei dati; questa ultima area dati della banda,
consente di avere un registro delle operazioni avvenute sulla carta. Come detto,
le due aree di memorizzazione sono presenti anche sul microprocessore. La
capacità di memoria sarà di circa 1,8 MB;
Tali tecnologie di memorizzazione ed elaborazione saranno
"alloggiate" su di un supporto di plastica, esattamente come le carte
Bancomat, che sarà personalizzato mediante la stampa e, quindi, il
riconoscimento a vista, dei dati identificativi e della foto del titolare della
carta.
L'infrastruttura organizzativa del circuito di emissione e i dispositivi di
sicurezza che consentono al comune di consegnare al cittadino la CIE, sono
descritte in dettaglio nell'Allegato B del citato decreto del Ministro
dell'interno del 19/7/2000.
Sicurezza e servizi
La criticità delle operazioni di "inizializzazione" e
"personalizzazione" della CIE (la prima compiuta dal Poligrafico dello
Stato e la seconda dal comune emittente) rendono il sistema di emissione di
particolare complessità, e questo per garantire al massimo il livello sicurezza
di tutte le fasi che dalla predisposizione del supporto fisico, portano alla
memorizzazione di dati ed alla sua emissione.
"In considerazione dell'architettura definita per la carta di identità
elettronica e dell'utilizzo della componente microchip per il riconoscimento
in rete della carta nei confronti di un server applicativo che eroga servizi, la
soluzione che si è scelta è quella della strong authentication che
richiede l'utilizzo di funzioni tipiche di una Public Key Infrastructure (SSCE)",
art. 6.2, Allegato B.
I livelli di sicurezza che sono rispettati nella definizione delle procedure
di emissione della CIE, e che lo differenziano dall'emissione attuale del
modello cartaceo, riguardano il supporto fisico, il circuito di emissione,
formazione e rilascio, il processo di riconoscimento dei titolari "a
vista", anche attraverso l'utilizzo della banda ottica, ed in rete, e le
transazioni dei servizi on-line.
La richiesta di standard elevati di sicurezza dei sistemi informativi impiegati
sia nel circuito di emissione sia per il trattamento dei dati personali che
dovranno essere aggiornati per la disposizione di servizi qualificati, è stata
ribadita da una nota del Garante per la
protezione dei dati personali.
Un nuovo intervento del Garante è atteso a breve scadenza, in relazione alla
proposta di inserire nella CIE anche l'impronta digitale o della retina del
titolare.
I servizi a bordo della CIE sono distinti, dall'art . 5 del DM
(Interno),19/7/2000, in servizi standard e servizi qualificati.
I servizi standard sono, comma 1, "(.) tutti i servizi che non implicano
la memorizzazione dei dati sui documenti sono predisposti in piena autonomia
dalle amministrazioni".
I servizi qualificati sono, comma 2, quelli che richiedono la memorizzazione di
dati sui documenti, ovvero l'installazione degli stessi da parte del comune e,
qualora relativi a dati sensibili, la richiesta dell'interessato. Questi
ultimi, possono essere erogati, ed avere valenza, dalle amministrazioni centrali
e dalle amministrazioni locali o essere indirizzati alle associazioni di
categoria che sono interessate da un dialogo costante con la pubblica
amministrazione.
Rispetto ai livelli di sicurezza utilizzati per erogare tali servizi, questi
sono (art. 6, Allegato B):
- Autenticazione forte (strong authentication) del titolare
- Autenticazione forte del server erogatore (autenticazione esterna)
- Cifratura del canale (secure messaging)
Per tutti i tre livelli è necessaria la digitazione del PIN, il numero
identificativo che lega il certificato della chiave pubblica della carta al
titolare della stessa. Il PIN è rilasciato dal Comune al titolare "su
speciale carta chimica retinata, tale da garantire la riservatezza dell'informazione
contenuta ed evidenziare eventuali tentativi di apertura" (Art. 7.4.1.3,
5), Allegato B).
Per poter essere installati nella CIE, nella fase di formazione svolta dal
comune-emettitore, tutti i servizi qualificati devono essere registrati in
apposite liste. Esistono liste di servizi nazionali (mantenuta dal SSCE), liste
di servizi comunali (mantenuta dai comuni), liste di servizi ultra-comunali,
cioè erogate dal Comune in ambito non strettamente comunale.
Tra i servizi qualificati può essere compresso l'utilizzo della firma
digitale, ovvero la generazione delle chiavi di sottoscrizione che consentono la
generazione della firma digitale da apporre al documento elettronico, così come
disciplinata dal DPR 513 del 1997.
Nel testo unico sulla documentazione
amministrativa, approvato il 25 agosto 2000 dal Governo e pubblicato sul
sito del Dipartimento della funzione pubblica, si fa esplicito riferimento alle
funzioni di firma della CIE, oltre che, in generale, al ruolo strategico dello
strumento per l'accesso sicuro ai servizi amministrativi on-line.
La sperimentazione
Al Capo IV, art. 14 e 15, il DM sulla CIE definisce i criteri che
consentiranno ai comuni di partecipare alla fase di sperimentazione dell'adozione
della carta di identità elettronica.
Il carattere sperimentale della distribuzione delle CIE è tale soltanto
riguardo alla non estensione su scala nazionale del servizio, ma i documenti che
saranno emessi da parte dei comuni "sperimentatori", avranno valore
legale a tutti gli effetti e quindi andranno a sostituire da subito il documento
cartaceo.
La sperimentazione si prevede che duri due anni, in cui, secondo quanto
descritto nel Piano di e-goverment, saranno distribuiti due lotti
di carte: un primo lotto di carte pari a 100.000 pezzi ed un secondo pari a
1.000.000 pezzi.
Il formato dei progetti di sperimentazione da presentare al Ministero dell'interno
sono pubblicati sulle pagine dedicate alla CIE
nel sito dell'Ancitel. Il comune che intende partecipare alla sperimentazione
deve dimostrare di:
- possedere l' infrastruttura informatica necessaria per dialogare
correttamente con il circuito di emissione e possedere la dotazione hardware
necessaria per formare ed emettere la CIE;
- aver definito le modalità organizzative per la gestione e distribuzione
delle carte;
- essere in grado di attivare la connessione telematica al SAIA (Sistema di
accesso e interscambio anagrafico) e dichiarare di aver terminato, anche
attraverso il SIATEL (sistema interscambio dei dati in materia tributaria), la
fase di validazione ed allineamento dei codici fiscali dei cittadini che saranno
interessati alla sperimentazione;
- aver definito delle policy e dei sistemi in grado di garantire, lato
comune, la sicurezza dell'infrastruttura organizzativa dedicata all'emissione
della CIE;
- aver definito i servizi che intende erogare tramite CIE - ambito di
erogazione, target, tipologia di servizio (standard o qualificato),
meccanismi di sicurezza utilizzati in fase di erogazione - quali dati si intende
utilizzare (riguardo i servizi qualificati) e quali dati aggiunti ci si propone
di inserire sulla carta.
All'interno del periodo della sperimentazione, la prima fase di emissione
delle CIE (100.000 pezzi) vedrà erogati servizi limitati all'ambito comunale.
Nella seconda fase di emissione (1.000.000 di pezzi), saranno erogati anche i
servizi a livello nazionale che saranno stati predisposti dalle amministrazioni
centrali.
Gli obiettivi della fase di sperimentazione, così come avvenuto in forma
spontanea per l'applicazione del sistema di firma digitale prima della
pubblicazione del DPCM 8/2/1999 -"Regole tecniche per la formazione, la
trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la
validazione, anche temporale, dei documenti informatici ai sensi dell'art. 3,
comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997,
n. 513 -, sono;
- verificare i problemi organizzativi che l'adozione della CIE comporta
sulla pianta organica dell'amministrazione interessata;
- verificare i problemi di natura tecnologica rispetto alla integrazione dei
sistemi informativi delle anagrafi comunali;
- verificare la risposta del pubblico all'utilizzo del sistema di accesso
telematico ai servizi amministrativi individuati;
- definire un set di servizi aggiuntivi, sia in ambito comunale che
ultra-comunale sia rivolto a target particolare di utenti, che possa migliorare
il feedback riguardo la soddisfazione o le eventuali modifiche da
apportare alla gestione del servizio telematico gestito con CIE;
- sperimentare le funzionalità di firma digitale, all'interno dei servizi
qualificati gestibili tramite la CIE, per l'avvio del processo di
digitalizzazione dell'attività amministrativa;
- predisporre un adeguato sistema di punti di accesso pubblici per migliorare
l'accesso ai servizi telematici.
Molti dei grandi comuni che hanno da tempo predisposto una infrastruttura
organizzativa e tecnologica in grado di supportare al meglio il processo di
virtualizzazione dell'attività amministrativa, hanno aderito alla prima fase
della sperimentazione.
Sarà importante creare un sistema di monitoraggio e controllo dei risultati
della sperimentazione, così come peraltro previsto dall'art. 15 del DM
19/7/2000, che porti, però, ad avviare un processo di comunicazione e
condivisione delle esperienze da offrire a tutto il sistema delle autonomie
locali del Paese.