Si dice che siamo tutti "profilati". Ma chi ci profila? La risposta
è "nessuno", se si leggono le informative che accompagnano sistemi
operativi, app e software di ogni genere. E allora, di che cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando di una cosa molto seria, al di là delle sue implicazioni
nella vita privata delle persone.
Nel mondo di oggi, qualsiasi processo decisionale, in ogni settore, qualsiasi
innovazione, è data driven, cioè determinata dall'elaborazione di dati. Dati
disponibili in quantità impressionanti e che possono essere elaborati in massa. Immensi spazi di archiviazione,
possibilmente in ambienti cloud, e applicazioni di (cosiddetta) intelligenza
artificiale consentono di disegnare con precisione ogni contesto, fare
previsioni e indirizzare la ricerca, il mercato, i comportamenti individuali.
Piaccia o non piaccia, è la realtà con la quale dobbiamo fare i
conti, sia nell'ambito pubblico sia in quello dell'iniziativa privata. La
conoscenza più dettagliata possibile delle tendenze e delle scelte di ciascuno
(cioè la profilazione) è presupposto essenziale dello sviluppo
economico.
Quale sia la direzione di questo sviluppo è una questione che sembra del tutto
indifferente. Che la società si stia orientando verso una struttura che
richiama (o forse supera) la visione orwelliana del Grande Fratello è un
problema che non interessa né i "padroni dei dati" né i media,
sempre attenti solo alle meraviglie del mondo che verrà.
Le eccezioni sono poche, ma cercando cercando qualcosa si trova. Per esempio
un articolo di Sergio Luciano La tracotanza di Facebook e i suoi fratelli su affaritaliani.it,
che vale la pena di leggere.
Ma chi sono i "padroni dei dati"? Gli addetti ai lavori li indicano
con la sigla OTT, che significa Over The Top, ovvero "sopra la
vetta".
Sei grandi aziende, sei
"sorelle" che in diversi modi influiscono sulla società globalizzata. Sono
chiamate così forse ricordando le "sette sorelle" che avevano lo
stesso potere in un mondo passato, quello dell'industrializzazione del secondo
dopoguerra. Allora il bene primario per lo sviluppo era il petrolio, oggi sono i
dati. I dati sono il petrolio del nostro tempo.
Ci sono divergenze di vedute su quante e quali siano le sei (o sette) sorelle
del Grande Fratello. L'elenco più comune comprende Google, Yahoo,
Apple, Amazon, Facebook e Microsoft, tutte
americane. La settima sarebbe Alibaba, cinese, che però è orientata
più al commercio all'ingrosso che alla vendita ai consumatori.
Tutte pubblicano, in forme simili, un'informativa sull'uso dei cookie, che
dovrebbe rispettare l'art. 13 del
decreto legislativo 196/03 sul trattamento dei dati personali, nonché
soddisfare le Linee guida in materia di
trattamento di dati personali per profilazione on line, pubblicate dal
Garante italiano nel 2015.
Per capire meglio la questione basta leggere con attenzione le informazioni
pubblicate da Microsoft e WhatsApp, dopo
aver visto quella di Kaspersky su Android.
E' facile notare qualche stonatura. Tanto per incominciare, tra le finalità del
trattamento non si nomina mai la profilazione, sostituita da affermazioni
rassicuranti, come"Microsoft raccoglie dati per questioni di efficienza operativa e per
fornire all'utente le migliori esperienze possibili con i prodotti".
Potrebbe bastare questa dichiarazione fuorviante per rendere discutibile il
consenso dell'interessato, come prescritto dall'art. 23. Senza contare che qualche
operazione, come l'attivazione della telecamera o del microfono, appare molto
più invasiva di una "raccolta di dati", per la quale un semplice clic
può servire come manifestazione di consenso.
Assomiglia, come ho già scritto, a una vera e propria intercettazione.
Che però costituirebbe reato solo se operata "fraudolentemente", come
recita l'art. 617-quater del codice penale. Ora la domanda è se l'elenco delle
"autorizzazioni", nel quale è compreso l'uso della telecamera o
del microfono, è sufficiente per escludere la natura "fraudolenta"
dell'operazione.
Su questo problema sarebbe utile un approfondimento in punto di diritto.
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