La Fondazione Ugo Bordoni
ha risposto alla chiamata dei Ministeri per l'innovazione, per lo sviluppo
economico e dell'università e ricerca e ha presentato un'app per tracciare ogni
nostro spostamento e ogni nostro contatto con altre persone. Il fine è di
tenere sotto controllo l'epidemia, oggi da Covid-19, domani chissà. Lo hanno
fatto in altri Paesi, ha funzionato. Non adottare una soluzione del genere
sarebbe un errore imperdonabile.
Ma la privacy? domanda qualcuno.
La protezione dei dati personali per un'operazione di tutela della salute
pubblica non è un problema. Tra un attimo vedremo perché. Prima è necessario
capire come funzionerebbe l'app proposta dalla FUB. Lo ha spiegato
il presidente della fondazione, il professor Antonio Sassano,
considerato uno dei massimi esperti mondiali di reti di telecomunicazioni, con
un'intervista e un video su Key4biz.
In poche parole, la app chiamata "Stop-Covid" serve a ricostruire i
contatti ravvicinati recenti di una persona che ha contratto l'infezione,
con lo scopo di individuare soggetti eventualmente contagiati. Per ottenere
questo risultato non bastano le coordinate raccolte dalle varie app generalmente
in uso, perché i dati ottenuti dalle celle della telefonia mobile e dalle
connessioni WI-Fi abbracciano aree troppo vaste. Il GPS (dove c'è la copertura)
è più preciso, ma occorre un dettaglio ancora più stretto. E'
necessario trovare chi si è trovato a "distanza di contagio" da una
determinata persona, quindi in un raggio di pochissimi metri. Questa è un dato che si può
ricavare dal campo del Bluetooth che, come tutti sanno, è molto limitato.
Resta il problema dell'intrinseca insicurezza del protocollo, che
dovrà essere risolto, nei limiti del possibile, dalla stessa app (vedi Contact tracing via
Bluetooth, attenzione alla sicurezza di Andrea Gelpi ). E' chiaro comunque
che la vulnerabilità è sempre presente quando il Buetooth è acceso, quindi non
sarà questa app a peggiorare la situazione.
Vediamo ora la questione dal punto di vista della protezione dei dati
personali. Prima di tutto consideriamo che l'autore della proposta è un
soggetto di alto livello, che opera in ambito pubblico senza fini di lucro.
Dunque non un privato, un'azienda commerciale che può trarre dall'iniziativa
vantaggi economici o di altro tipo. Dalle prime anticipazioni si può immaginare
che il trattamento dei dati potrà essere controllato in ogni dettaglio e sarà
molto meno invasivo di tante altre app che ci spiano sistematicamente dai
furbofoni (si veda, per esempio, Zoom, un'app oggi sulla cresta dell'onda
per il lavoro e la formazione a distanza, invasiva della privacy a un livello
impensabile – ne parla Umberto Rapetto su Federprivacy.org).
A questo punto la questione-chiave è nelle riserve di chi si
scaglia contro la presunta, ennesima invasione della sfera personale, agitando il GDPR come
in tempi non troppo lontani qualcuno agitava il libretto rosso di Mao.
Deve essere chiaro: in un trattamento di dati come questo il GDPR non c'entra.
Lo esclude lo stesso Regolamento all'articolo 2, comma 2, lettera d):
Il presente regolamento non si applica ai trattamenti
dei dati personali [...] effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine,
accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la
salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle
stesse.
Che vuol dire "non si applica"? Vuol dire esattamente "non si applica".
Come una legge sulla nautica da diporto non si applica alla coltivazione dei
carciofi.
Questo significa anche che il Garante per la protezione dei dati personali non ha voce in capitolo,
perché la sua stessa esistenza e i suoi compiti sono previsti e regolati dal
GDPR.
Ma non significa che il tracciamento dei singoli cittadini allo scopo di
controllare una gravissima pandemia possa essere operato senza regole e senza
garanzie. Lo impongono le regole non scritte della società civile e anche le
regole scritte. Prima di tutte l'articolo 2 della nostra Costituzione:
La Repubblica... riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo.
E, nello stesso tempo, gli
articoli 7 e 8 della Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea:
Articolo 7. Rispetto della vita privata e della vita familiare
Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del
proprio domicilio e delle proprie comunicazioni.
Articolo 8. Protezione dei dati di carattere personale
1. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che
la riguardano.
2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per
finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un
altro fondamento legittimo previsto dalla legge. [...]
Dunque la legge che imporrà l'uso di questa app (o di un'altra con gli
stessi effetti di contact tracing) dovrà dettare con precisione i limiti
del trattamento dei dati. In poche parole, quale entità pubblica sarà incaricata del
trattamento e i limiti del trattamento stesso: le informazioni (anonimizzate
o pseudonominizzate ove possibile, custodite cifrate su un cloud di una
struttura pubblica in Italia), non potranno tassativamente essere usate per altri scopi.
Al termine dell'emergenza potranno essere disponibili solo a scopo di ricerca
scientifica (e per questo rientreranno nella normativa ordinaria). L'applicazione
stessa dovrà disattivarsi e la disattivazione dovrà essere controllabile.
Ai difensori della privacy a tutti i costi si dovrebbe anche ricordare che
fino a oggi, solo in Italia, il Coronavirus ha fatto più di diecimila morti,
secondo le statistiche ufficiali (ma
probabilmente molti di più). E
che i
trattamenti previsti per l'app anticontagio sono ben poca cosa rispetto a quelli
sistematicamente operati dai signori dei big data con applicazioni che sono
presenti su tutti i furbofoni. L'accesso alle rubriche personali,ai
contenuti delle email e dei messaggi, il tracciamento via GPS e Wi-Fi, la
registrazione degli acquisti e delle operazioni bancarie sono operazioni molto
più invasive del contact tracing a fini sanitari.
E sono anche più subdole, perché non dichiarano apertamente le finalità di
profilazione a fini commerciali e politici, grazie a informative parziali e,
soprattutto, sostanzialmente illeggibili. Si applichino, i solerti Garanti,
all'esame di queste informative e di questi trattamenti e verifichino se
rispondono alle disposizioni del GDPR e delle normative nazionali.
|