Nel novellato Codice privacy c'è una piccola aggiunta, che sembra insignificante, ma può distorcere l'uso del potere sanzionatorio. Le FAQ
del Garante sul "condono", appena pubblicate, potrebbero essere solo l'inizio.
Una delle più importanti novità contenute nel decreto 101/2018, è la norma
sulla definizione agevolata delle sanzioni pecuniarie (art. 18): chiunque avesse
avuto la sventura di aver ricevuto una contestazione di violazione
amministrativa prima del 25 maggio (sempre che il procedimento sanzionatorio non
si fosse già chiuso a quella data con una ordinanza ingiunzione) ha la
possibilità, fino al 18 dicembre 2018 (90 giorni dalla entrata in vigore del
decreto) di cavarsela pagando 2/5 del minimo della sanzione edittale. Per dare
una dimensione del fenomeno, chi si era visto contestare, per esempio, la
violazione dell’art. 164 bis comma 2 del Codice, che prevede una sanzione da
€ 50.000 ad € 300.000,00, se la potrebbe cavare con un versamento di €
20.000,00.
Un condono. Niente di più, e niente di meno. Tanto vantaggioso da odorare di
"pace fiscale".
Ora, con le faq appena pubblicate, il Garante guida per mano il
condonato, illustrando molto opportunamente requisiti soggettivi e sostanziali,
modalità di gestione dei versamenti, fattispecie escluse. Ed appuntando l’attenzione
sul meccanismo che si attiva secondo la norma, nell'ipotesi in cui prima della
scadenza indicata si rimanga inerti (la contestazione cambia natura e diventa
una ordinanza ingiunzione, senza necessità che venga nemmeno notificata),
ovvero ci si attivi non già per pagare, ma per insistere nelle proprie ragioni
(il procedimento prosegue, e sarà definito dal Garante in teoria anche con la
irrogazione della sanzione massima).
Ma nelle ultime righe delle FAQ c’è una particolarità, per comprendere la
quale è opportuno fare un piccolo passo indietro:
Nel regime precededente del Codice privacy, l’art. 166 conteneva una norma
interessante, e poco conosciuta: il 50% delle sanzioni irrogate dal Garante
venivano "riassegnate al Fondo per il funzionamento" dell’Autorità,
con la espressa previsione di uno stringente vincolo di finalità: quelle somme,
infatti, potevano esser utilizzate "unicamente" per l’esercizio dei
compiti di cui agli art. 154 comma 1 lett. h (cioè per le attività
divulgative) ed art. 158 (cioè per le ispezioni).
Non si poteva parlare, quindi, di una norma distorta come quella prevista da
alcuni Comuni in favore degli "ausiliari del traffico" (più multe
faccio, più denari mi entrano in cassa), perché il legislatore del Codice
aveva messo uno sbarramento molto netto.
Ora, una delle novità più originali (diciamo così) del decreto 101, è
nascosta nel testo novellato dell’art.
166 del Codice, che al suo comma 8 prevede lo stesso meccanismo (50% dei
proventi delle sanzioni riassegnati al Fondo, "per essere destinati
alle specifiche attività di sensibilizzazione e di ispezione"), con
una piccola sorprendente, e pericolosa aggiuntina: quei proventi possono essere
utilizzati anche per tutte le attività "di attuazione del Regolamento
svolte dal Garante".
Domanda: cosa significa? Quali sono le "attività di attuazione del
Regolamento" ? In teoria, tutto quello che fa il Garante, atteso che il
compito istituzionale dello stesso è proprio quello di… garantire la
attuazione del Regolamento.
Si può quindi, senza malizia, affermare, che il legislatore del decreto 101,
premurandosi di operare questa strana modifica, e proprio nel momento in cui il
GDPR, come noto, inasprisce a livelli siderali le sanzioni, abbia inteso di
fatto sdoganare completamente l’uso dei proventi del 50% delle stesse, di tal
che ove l’Autorità avesse in cassa i danari acquisiti con le multe, e
ritenesse "per dare attuazione al Regolamento" di dover prendere
qualsiasi altra iniziativa, non sembra possa esservi più un limite nella norma
che ridisegna l’annacquato vincolo di finalità.
Scritta la norma come è scritta, quindi, ove mai il Garante irrogasse anche
solo due sanzioni nel prossimo anno, una da € 20.000.000,00 e l’altra da €
10.000.000,00 si ritroverebbe con un tesoretto di € 15.000.000,00 imputati al fondo
per il suo funzionamento, concretando, da un lato, un salto in avanti a dir poco
clamoroso (visto che in tutto il 2017 le sanzioni riscosse sono state pari ad
€ 3.770.000 ca. vedi la Relazione annuale 2017 - all. IV tab. 6); e
risolvendo, dall’altro, buona parte dei problemi economici che il presidente
dell’Autorità denuncia tutti gli anni, vista la disponibilità che in questo
modo si viene a determinare.
Ciò posto, e cercando a fatica di contenere il timore per l’effetto
distorsivo che questa dinamica può innescare in sede di irrogazione delle
sanzioni, torniamo alle FAQ appena pubblicate sul condono. Il Garante chiude
quel documento con la seguente indicazione:
"Le somme derivanti dalla definizione agevolata dei
procedimenti (al pari dei proventi derivanti dalle sanzioni previste dal Codice)
sono assegnate al bilancio dello Stato. Tali somme, nella misura del cinquanta
per cento del totale annuo, sono poi riassegnate – ai sensi dell’art. 166,
comma 8, del Codice, come modificato dall’art. 15 del d.lgs. 101/2018 –
al fondo di cui all’articolo 156, comma 8, per essere destinati alle
specifiche attività di sensibilizzazione e di ispezione nonché di attuazione
del Regolamento svolte dal Garante".
Non solo, quindi, il decreto 101 libera di fatto l’utilizzo delle somme da
parte del Garante; ma il Garante stesso sente anche il bisogno di spiegare che
in questo appetitoso calderone finiscono anche i proventi del condono.
Qual è la logica di questo chiarimento ?
Se esisteva qualche dubbio sul fatto che le somme agevolate seguissero lo
stesso percorso delle sanzioni, non è certo una auto-faq che può risolverlo.
Se invece quel dubbio non esisteva, allora siamo di fronte ad una misteriosa
pulsione purificatrice. Ennesima gemma, in un panorama ogni giorno più ostico
ed ostile, che rende sempre meno sexy la
rivoluzione del GDPR.
* Avvocato in Roma
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