Gira e rigira, si finisce sempre con
le proposte di censura
di Manlio Cammarata - 19.03.98
In una settimana, tre notizie che riguardano la
regolamentazione di Internet:
- 10 marzo: il consiglio direttivo dell'Associazione italiana Internet providers
approva in via preliminare la bozza di codice di autoregolamentazione;
- 12 marzo: la Camera dei Deputati approva una risoluzione che impegna il
Governo a un'iniziativa per definire un accordo "tra tutti gli Stati del
mondo per una corretta disciplina dello strumento Internet;
17 marzo: a Bruxelles l'AIIP presenta il codice di autoregolamentazione
italiano, che viene criticato perché "troppo permissivo" nei
confronti dei fornitori di accesso".
Sulla prima notizia c'è poco da aggiungere: la
bozza della "Carta
delle garanzie di Internet",
sviluppata in collaborazione tra l'AIIP e la nostra rivista, è pubblicata su
queste pagine e chiunque può rendersi conto dei principi che l'hanno ispirata:
il bilanciamento più realistico possibile tra diritti e doveri degli operatori
e degli utenti, con una precisa distinzione di responsabilità tra chi immette i
contenuti e chi li distribuisce senza alcuna possibilità di controllarli. Ma
con l'obbligo preciso, per i fornitori di accesso, di informare gli utenti sui
problemi dei contenuti critici e di fornire strumenti e assistenza per la
selezione.
La risoluzione della Camera
La seconda notizia merita invece un'analisi
attenta. La Camera dei Deputati, dopo due ore e mezza di discussione, ha
approvato una risoluzione (primo firmatario l'onorevole Bono di Alleanza
Nazionale) che impegna il Governo a una serie di azioni per contrastare la
diffusione su Internet dei contenuti relativi alla pedofilia.
Sarebbe un'iniziativa lodevole, se non fosse generata dal solito panico che
coglie chi non riesce a capire il nuovo, perché non lo conosce, e se non
giungesse a conclusioni inaccettabili.
Si legge infatti nella mozione:
...anche approfittando della sostanziale
assenza di qualsivoglia limitazione di ordine giuridico e legislativo, spesso
soggetti animati da intenzioni criminali e ripugnanti hanno utilizzato Internet
per i loro fini più immorali e inconfessabili ...
Mentre la risoluzione
conclude impegnando il Governo a mettere in atto tutte le iniziative
necessarie a definire nei tempi più brevi possibili, un accordo tra tutti gli
Stati del mondo per una corretta disciplina dello strumento Internet e trovare,
conseguentemente, la soluzione al comune angosciante problema di tutelare i
soggetti più indifesi e di ostacolare in tutti i modi legali l'operatività
telematica a individui deviati e senza scrupoli, restituendo, nel contempo,
Internet al suo fondamentale ruolo di strumento moderno e fondamentale al
servizio dell'umanità.
I due testi e il resoconto sommario del dibattito
(purtroppo la Camera non si è ancora decisa a diffondere i suoi atti su
Internet, come fa invece il Senato), offrono una serie di amari motivi di
riflessione.
In primo luogo sembra che nessuno abbia capito che il problema della pedofilia
presenta due aspetti ben distinti: da una parte ci sono i pedofili, persone il
cui comportamento viene considerato deviante e desta un forte allarme nella
nostra società, che quindi lo sanziona pesantemente, ma l'essere pedofilo è un
problema personale che non dovrebbe avere rilevanza penale fino al momento in
cui non produce, o rischia concretamente di produrre un danno nei confronti di
un soggetto indifeso. Dall'altra ci sono le organizzazioni dedite al traffico di
bambini e di materiale pornografico con contenuti pedofili: questi sono i veri
criminali, come i trafficanti di droga, di armi, di rifiuti tossici, di donne.
Per quanto riguarda i pedofili, i genitori più
attenti hanno sempre svolto un'azione educativa e di prevenzione sui loro figli
per proteggerli dai rischi di violenza da parte di queste persone (non c'è
dubbio che si tratti sempre di violenza, anche quando le apparenze sono
"amichevoli"), poi ci sono sempre state le forze dell'ordine pronte a
prevenire e reprimere. Internet rappresenta un ambiente nuovo e richiede quindi
una nuova sensibilizzazione degli educatori e nuove forme di prevenzione e
repressione, ma non ha senso pretendere di mettere sotto controllo tutta la Rete
in funzione della lotta alla pedofilia.
Per quanto riguarda i criminali che lucrano sui
traffici di bambini, si tratta di un problema che riguarda le magistrature e le
polizie, i cui strumenti devono essere aggiornati e potenziati, anche con
accordi internazionali. Ma giudici e poliziotti devono combattere i criminali,
non la Rete! Il paragone è ormai stantio, ma va ripetuto, perché evidentemente
non è ancora stato capito: non si può attribuire alle compagnie telefoniche
una responsabilità sui crimini organizzati per telefono, né si può assegnare
loro il compito di controllare i contenuti delle telefonate.
E allora il Governo dovrebbe essere stimolato a rafforzare le strutture di
prevenzione e repressione del crimine, e non a proporre "a tutti gli stati
del mondo" una regolamentazione repressiva di Internet.
E poi sarebbe ora di finirla con certi luoghi
comuni privi di ogni riferimento con la realtà, come il fatto che Internet
sarebbe priva "di qualsivoglia
limitazione di ordine giuridico e legislativo": Internet è uno strumento
di comunicazione, provvisto di norme legali e regolamentari ben precise per
quanto riguarda la sua natura di strumento di comunicazione. I comportamenti
criminali che su Internet si possono verificare sono invece sanzionati come tali
dai diversi ordinamenti. E' necessario promuovere il concerto internazionale per
armonizzare le norme relative ai comportamenti criminali e per rendere più
efficaci le azioni di polizia. Ma, ripeto, per combattere i reati specifici, con
qualsiasi mezzo vengano organizzati e commessi, non per combattere lo strumento
di comunicazione!
Infine sarebbe opportuna, da parte del potere
legislativo, una più attenta valutazione degli strumenti normativi che propone:
che significa l'espressione che per combattere le "nuove fattispecie di
reato", come si legge nella risoluzione, "si impone un allargamento
del principio di extraterritorialità"?
Il principio di extraterritorialità, in estrema sintesi, consiste in
un'attenuazione di alcuni diritti o poteri di uno stato in determinate
situazioni, contemplate dal diritto internazionale. Si vuole forse prospettare
la possibilità che i nostri Carabinieri compiano irruzioni nei bordelli di un
altro stato, paradiso per pedofili?
La riunione di Bruxelles
La terza notizia riportata nell'apertura di
questo articolo riguarda una riunione che si è svolta martedì 17 a Bruxelles,
alla quale hanno partecipato i rappresentanti di diverse organizzazioni di
operatori di Internet per mettere a punto il "Piano
d'azione" proposto dalla Commissione
al Parlamento europeo, per promuovere "l'uso sicuro di Internet".
Presiedeva il signor De Bruine della DG XIII.
Anche qui, invece di occuparsi dei veri problemi della Rete - primo fra tutti il
diritto di accesso a pari condizioni per tutti i cittadini - l'Europa si
preoccupa in primo luogo dei "contenuti illegali e nocivi", con
proposte quanto meno discutibili: la responsabilità dei fornitori di accessi
per i contenuti immessi da altri e l'ormai vecchia solfa del "rating"
cioè dell'etichettatura dei contenuti stessi.
L'una e l'altra proposta hanno un aspetto in comune: da una parte si vogliono
obbligare i fornitori di accesso a controllare preventivamente quello che passa
per i loro siti, dall'altra si vuole imporre ai fornitori di contenuti
l'etichettatura preventiva, sulla base di criteri non si sa da chi stabiliti, di
tutto il materiale che immettono nella Rete. In una sola parola: censura.
Tornerò su questi aspetti appena avrò notizie
più precise sulla riunione di Bruxelles. Ma non posso tacere di un'idea che
queste notizie mi fanno venire in mente, soprattutto quando leggo che bisogna
"ostacolare in tutti i modi legali l'operatività telematica di individui
deviati": va a finire che prima o poi sentiremo qualcuno dire: "Quando
sento la parola Internet metto mano alla pistola"...
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