(Vedi anche COVID-19, decreti e interpretazioni "autentiche")
Italia, abbiamo un problema. Si susseguono i decreti per il contrasto
all'epidemia di Coronavirus, accompagnati da un diluvio di informazioni e
commenti da parte dei media professionali, delle reti sociali e delle stesse
istituzioni che devono affrontare l'emergenza. E si rischia di non capirci più
nulla.
Le disposizioni sembrano chiare. Ma le interpretazioni e i
"chiarimenti" dei siti istituzionali e degli organi di informazione
(lasciamo perdere il delirio dei social) sollevano non pochi dubbi, come
spiega l'articolo di Andrea Monti. A prima vista
non ci sono dubbi sui motivi per i quali si può uscire di casa, riportati nei
moduli per le autodichiarazioni:
1. Comprovate esigenze lavorative;
2. Situazioni di necessità;
3. Motivi di salute;
4. Rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Ma ecco le domande, le FAQ, le interpretazioni in libertà. Per esempio, è
lecito uscire per portare a spasso il cane? La risposta sarebbe "sì",
perché l'uscita risponde alla condizione della "situazione di
necessità" (del cane?). Ma, se il padrone ha un giardino privato nel quale
l'animale può scorrazzare e fare i sui bisogni, sussiste lo stato di
necessità?
E si può andare all'edicola per comperare il giornale? Sulla questione si è
aperta una polemica, dopo che le forze dell'ordine hanno fermato un
cittadino, affermando che il giornale "è superfluo". Si potrebbe
convenire, perché ci si può informare attraverso l'internet.
Ma per il Dipartimento di Pubblica sicurezza: "Le edicole sono aperte
perché si è valutato che nonostante sia disponibile anche l'informazione
online il giornale è un bene di prima necessità. Da parte di chi ha fatto il
controllo c'è stato un eccesso di zelo, ma è giustificabile: siamo
un'organizzazione grande e complicata, cerchiamo di dare direttive chiare ma è
impossibile calibrare ogni singolo intervento".
Ancora: si può uscire di casa per fare una corsetta nel parco? Qualcuno
risponde di sì, sulla scorta dell'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 3, del
DPCM del 9 marzo, che recita: "lo sport e le attività motorie svolti
all'aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire
il rispetto della distanza interpersonale di un metro".
Ma ecco che qualcuno osserva che l'espressione"sport e attività
motorie" può riferirsi solo ad atleti – professionisti e dilettanti –
tesserati dal CONI o da altre associazioni riconosciute. Si replica che la
collocazione della norma farebbe intendere che le parole "sport" e
"attività motorie" sono usate nel loro significato comune e quindi
riferibili a chiunque, non solo ai "tesserati".
Chi ha ragione? La risposta non è facile, anche perché si deve considerare
che dal 31 gennaio – quando è stato dichiarato lo stato di emergenza – a
ieri il Governo ha già emanato 13 provvedimenti (si veda
la pagina della Gazzetta Ufficiale che elenca gli atti
governativi in materia di Coronavirus). E siamo solo all'inizio.
Come il virus, il contagio della confusione comunicativa non ha ancora
raggiunto il picco. Non resta che aspettare. E se qualcuno mi chiede se oggi ho
intenzione di mettermi le scarpe da ginnastica e correre fino all'edicola con il
cane al guinzaglio, gli rispondo IO RESTO A CASA.
Perché questo è il solo modo di combattere l'epidemia.
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