La legge 675/96 esplode come una
bomba a grappolo
di Manlio Cammarata - 13.05.99
E' in arrivo un altro pezzo della normativa sulla
tutela dei dati personali. Il Governo ha predisposto un decreto legislativo sul
trattamento dei dati "particolari" da parte degli enti pubblici e lo
ha inviato alle Camere, per il parere prescritto dall'articolo 1 della legge
344/98.
Le Camere hanno espresso giudizi fortemente critici su alcuni aspetti del
provvedimento, come si può leggere nei resoconti delle sedute della Commissione
giustizia del Senato alle pagine www.senato.it/notes/ODG_PUBL/2b9ee.htm
e www.senato.it/notes/ODG_PUBL/2ba8a.htm,
(non sono ancora disponibili i testi della Camera, ma anche i Deputati non sono
stati teneri). Di conseguenza il testo definitivo subirà alcune modifiche
rispetto a quello
che pubblichiamo oggi. Ma l'impianto
generale resterà sostanzialmente inalterato e non è quindi prematuro formulare
qualche osservazione su un articolato che suscita non poche perplessità.
Per mettere a fuoco i diversi problemi facciamo
un passo indietro. La materia è il trattamento dei dati sensibili e dei dati
relativi ai provvedimenti di cui all'articolo 686 del codice di procedura penale
(cioè alle iscrizioni nel casellario giudiziale), previsti rispettivamente
dall'articolo
22 e dall'articolo
24 della legge 675/96.
Il comma 3 dell'articolo 22 stabilisce per gli enti pubblici un'eccezione alla
disciplina generale delle autorizzazioni da parte del Garante:
Il trattamento dei dati indicati al comma 1 da parte di soggetti pubblici,
esclusi gli enti pubblici economici, è consentito solo se autorizzato da
espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i dati che possono
essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse
pubblico perseguite.
Dunque c'è un'esplicita e dettagliata riserva di
legge e, in attesa della legge, le disposizioni transitorie dell'articolo
41 stabiliscono, al quinto comma:
Nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore della
presente legge, i trattamenti dei dati di cui all'articolo 22, comma 3, ad opera
di soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici, e all'articolo 24,
possono essere proseguiti anche in assenza delle disposizioni di legge ivi
indicate, previa comunicazione al Garante.
Il termine è scaduto qualche giorno fa, ma il problema non è questo. Il
problema è nella sostanza delle disposizioni, nel quadro sistematico che ne
deriva e nei loro effetti sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni
coinvolte.
Vale la pena di ricordare che nell'estate
dell'anno scorso il Governo approvò un testo che, oltre al trattamento dei dati
sensibili da parte degli enti pubblici, conteneva disposizioni anche per altre
materie previste dalla legge-delega
676/96. Il provvedimento suscitò forti
polemiche, al punto che sparì prima di essere pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale. Il confronto con il vecchio provvedimento rende l'idea di quante
discussioni siano state necessarie per giungere al nuovo: da tredici articoli si
è passati a ventidue e le dimensioni del testo sono quasi raddoppiate a forza
di cavilli, distinzioni e precisazioni. Che tuttavia non hanno migliorato la
situazione generale, anzi, hanno reso le norme criptiche e confuse nel puro
stile originario della legge del '96.
Tanto per incominciare, ci sono alcune modifiche
all'articolo 22 della legge (elencate nell'articolo
5 del nuovo decreto): l'ennesima patch,
che mette in risalto ancora una volta l'inadeguatezza del testo iniziale e
introduce una contraddizione interna in forte odore di anticostituzionalità.
Infatti al dettato originale del terzo comma dell'articolo
22 si aggiunge:
In mancanza di disposizione di legge, e fuori dai casi previsti dai decreti
legislativi di modificazione ed integrazione della presente legge, emanati in
attuazione della legge 31 dicembre 1996, n.676, il trattamento dei dati è
consentito previa autorizzazione del Garante, che individui le rilevanti
finalità di interesse pubblico che legittimano il trattamento stesso. In
quest'ultimo caso il Garante si pronuncia, ai sensi del comma 2, su richiesta
del soggetto pubblico....
In sostanza, dopo aver sancito la riserva di
legge (cioè che il trattamento è consentito solo sulla base di presupposti che
possono essere indicati solo da una legge - o da un atto avente forza di legge)
la stessa legge assegna al Garante il compito di individuare, per alcuni casi,
gli stessi presupposti, con un provvedimento di natura amministrativa, cioè in
violazione della stessa riserva di legge!
A parte la contraddizione, questa parte dell'articolo 5 di per sé potrebbe
essere viziata da incostituzionalità, perché la legge-delega pone un limite
preciso: le disposizioni delegate devono essere emanate "nel rispetto dei
principi e della impostazione sistematica della legislazione in materia di
tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati
personali", come recita la legge-delega. E non c'è dubbio che la riserva
di legge è un "principio" che non può essere ignorato. Si potrebbe
dunque trattare di un eccesso di delega.
Ma, ancora, non siamo alla sostanza dei problemi,
che è in altri articoli del testo che stiamo esaminando. Recita, per esempio,
il terzo comma dell'articolo
4:
In ogni caso, la diffusione dei dati, nonché le operazioni e i trattamenti
di cui al comma 2, se effettuati
tramite l'interconnessione di banche dati di diversi titolari, sono ammessi solo
se previsti da espressa
disposizione di legge.
Interconnessione di banche dati? Il legislatore evidentemente ignora che le
banche dati non si possono "interconnettere". L'interconnessione
riguarda solo le reti. Le banche dati possono, in certi casi, essere consultate
da titolari diversi, e si possono quindi compiere raffronti o integrazioni tra
dati che appartengono a diverse banche, anche senza l'interconnessione delle
reti. In termini tecnici si tratta di "interscambio di dati". Forse è
questo che intendeva il legislatore, ma una simile imprecisione di linguaggio è
intollerabile nell'epoca in cui viviamo, perché questi concetti sono ormai alla
base di tutta la legislazione che coinvolge, direttamente o indirettamente, le
tecnologie dell'informazione. Fra l'altro la "interconnessione dei
dati" è un vizio originario della legge, perché è elencata nell'articolo
1 della 675/96 tra le operazioni che
costituiscono "trattamento".
Non basta. L'articolo
3 detta le norme generali per i
trattamenti:
...
3. Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lett. c), d) ed e) della legge, i soggetti
pubblici verificano periodicamente l'esattezza e l'aggiornamento dei dati,
nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e necessità rispetto
alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che
l'interessato fornisce di propria iniziativa. Al fine di assicurare che i dati
siano strettamente pertinenti e non eccedenti rispetto agli obblighi e ai
compiti loro attribuiti, i soggetti pubblici valutano specificamente il rapporto
tra i dati e gli adempimenti. I dati che, anche a seguito delle verifiche,
risultano eccedenti o non pertinenti o non necessari non possono essere
utilizzati, salvo che per l'eventuale conservazione, a norma di legge, dell'atto
o del documento che li contiene. Specifica attenzione è prestata per la
verifica dell'essenzialità dei dati riferiti a soggetti diversi da quelli cui
si riferiscono direttamente le prestazioni o gli adempimenti.
4. I dati contenuti in elenchi, registri o banche di dati, tenuti con l'ausilio
di mezzi elettronici o comunque automatizzati, sono trattati con tecniche di
cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altri sistemi
che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, permettono di
identificare gli interessati solo in caso di necessità.
5. I dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale sono
conservati separatamente da ogni altro dato personale trattato per finalità che
non richiedano il loro utilizzo. Al trattamento di tali dati si procede con le
modalità di cui al comma 4 anche quando detti dati non sono contenuti in
elenchi, registri o banche dati o non sono tenuti con l'ausilio di mezzi
elettronici o comunque automatizzati.
...
7. Con i decreti di cui all'articolo 15, commi 2 e 3, della legge, sono
individuate le misure minime per garantire la sicurezza dei trattamenti
effettuati con tecniche di cifratura o mediante codici identificativi, anche al
fine di assicurare il trattamento disgiunto dei predetti dati dagli altri
personali che permettono di identificare direttamente gli interessati.
...
E così, o queste disposizioni sono destinate a
restare inapplicate, oppure si blocca tutto, perché la pubblica amministrazione
non è preparata a trattamenti cifrati, alla separazione dei dati contenuti
nella stessa banca e via discorrendo. Per di più i decreti "di cui
all'articolo 15" della legge, i famosi regolamenti sulla sicurezza non
sembrano nemmeno all'orizzonte, sicché le amministrazione non possono nemmeno
metter subito mano all'adeguamento degli archivi, perché misure di questo tipo
riguardano la struttura stessa delle banche dati. Senza contare che le
prescrizioni del terzo comma obbligano a rivedere tutte le procedure in funzione
dei controlli periodici.
Si aggiunga che, non essendo attualmente in atto la separazione dei dati
sensibili da quelli ordinari, il divieto di "interconnessione delle banche
dati" per i "dati particolari" renderebbe impossibile
l'interscambio di tutti i dati, cioè bloccherebbe sul nascere l'intera rete
unitaria della pubblica amministrazione, pensata in primis per
l'interscambio di dati tra gli uffici!
Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine, ma
è opportuno rimandare le ulteriori osservazioni alla pubblicazione del testo
definitivo. Vale però la pena di considerare il quinto comma dell'articolo
5 (quello che modifica l'articolo 22
della legge):
I provvedimenti di cui all'articolo 22, comma 3 bis della legge, introdotto
dal comma 2 del presente articolo, costituiscono attuazione dei principi di cui
agli articoli da 1 a 4 del presente decreto.
E' molto singolare: un decreto stabilisce che una legge precedente applica i
principi di un decreto successivo. Un guazzabuglio del quale non si comprende il
significato.
Così aumenta il guazzabuglio di tutta la
normativa sulla protezione dei dati personali, che parte da una legge tanto
inapplicabile da essere continuamente modificata, fin dal primo giorno della sua
entrata in vigore. Con la conseguenza di una proliferazione di provvedimenti
che, a scorrere l'elenco contenuto nella legge-delega, è solo all'inizio
(questo dovrebbe essere già il decimo, se non ho contato male). Da una parte la
legge esplode come una "bomba a grappolo", generando altre piccole
leggi che rischiano di restare inesplose sul terreno, dall'altra implode in se
stessa automodificandosi e crescendo all'infinito.
Il Garante ha detto che alla fine ci vorrà un
"testo unico". Mai come in questo caso ci vorrebbe un
"ipertesto", ma il Garante non sa che cosa sia. Infatti ha pubblicato
un CD-ROM con tutto lo scibile su due anni di applicazione della legge, ma nel
formato meno utilizzabile e per di più non di pubblico dominio (quindi
spendendo ingiustificatamente una sia pur piccola somma di denaro pubblico),
senza collegamenti ipertestuali e senza nemmeno un indice interattivo. Di fatto
ha elegantemente riprodotto in bit i documenti cartacei, come aveva fatto con il
modello digitale della notificazione, invece di realizzare una procedura
informatica.
E poi qualcuno scrive a InterLex per chiedere
come mai il Garante, dopo due anni di attività, non ha ancora un sito
sull'internet.
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