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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Le regole del gioco per la "società del marketing"
di Manlio Cammarata - 18.11.99

"Finalmente c'è qualcuno che paga le tue telefonate: la pubblicità" si legge nella pagina di apertura del sito di GratisTel, il servizio telefonico che al posto della TAT mette gli spot.
E finalmente c'è qualcuno che parla chiaro. Nero su bianco, c'è scritto che il costo delle telefonate è sostenuto dalla pubblicità. Si dice anche che per ottenere il servizio è necessario fornire i propri dati personali e che questi dati "saranno utili agli inserzionisti pubblicitari per individuare il proprio pubblico di interesse, ovvero il target a cui saranno diretti gli spot".
E' necessario compilare un modulo e accettare i termini di un contratto che contiene l'informativa sul trattamento dei dati personali, ai sensi dell'
articolo 10 della legge 675/96. Un'informativa dettagliata, quattro lunghissimi articoli che spiegano per filo e per segno quale uso sarà fatto dei dati personali dell'abbonato. E' di gran lunga l'informativa più chiara e completa offerta da un fornitore di servizi "gratuiti".

Ma il Garante ha trovato molto da ridire, ha prescritto una serie di aggiunte all'informativa e ha inviato il fascicolo all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, "affinché valuti i profili di competenza in ordine alla libera utilizzazione del servizio di telefonia vocale da parte degli utenti, anche in relazione ai compiti previsti dall'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, e alle ulteriori valutazioni di competenza in ordine alla disciplina giuridica dei fornitori di servizi di telecomunicazioni e al titolo giuridico in base al quale GratisT Italia s.r.l. effettua il proprio servizio" (vedi i due comunicati e il provvedimento del Garante).

La vicenda impone una serie di considerazioni, ancora una volta così ampie e complesse che un articolo come questo forse non basta neanche a elencarle.
Dovremmo riflettere, per esempio, su come quella che per qualche anno abbiamo chiamato "società dell'informazione" si vada sempre più configurando come "società delle informazioni personali", dal momento che esse costituiscono un bene molto richiesto e oggetto di traffici sempre più estesi. Dovremmo mettere sul tavolo un problema di fondo: se sia ancora proponibile la visione del sistema delle telecomunicazioni come un grande strumento di conoscenza e di crescita sociale e culturale, oltre che economica, o se quest'ultima dimensione non abbia ormai preso il sopravvento sulle altre, fino a disegnare una "società del marketing", nella quale il commercio elettronico sta per diventare l'attività dominante, con il mercato dei dati personali come motore del mercato globale.

Ma ora dobbiamo restare con i piedi per terra e porre un paio di questioni di rilevanza più immediata.
La prima riguarda i rapporti tra il mondo delle imprese e quello dei consumatori. Il contatto diretto one to one, con le proposte commerciali perfettamente calibrate sulla misura del singolo acquirente, è da tempo il sogno degli uomini di marketing. Un sogno che sta diventando realtà, grazie alle possibilità di raccolta di informazioni dettagliate sui singoli individui e alla loro elaborazione finalizzata alla creazione di quei "profili" che sono l'esplicito obiettivo di proposte come quella di GratisTel.
In questo campo non c'è nulla di illegittimo o di moralmente riprovevole, purché i patti siano chiari e ogni interessato sia ben consapevole del significato della parola "gratis": che non significa "regalato", ma "scambiato". Un servizio dato in cambio di un bene immateriale, ma di rilevante valore economico, costituito dalla propria privacy, dalle proprie abitudini, dalle proprie preferenze in ogni attività personale. Sono esclusi, per il momento, i dati cosiddetti "sensibili", quelli che attengono alla sfera più intima di ogni individuo, ma non è difficile prevedere che prima o poi anche questi diventeranno oggetto di scambio, con tutte le cautele e le informative del caso.

Si pone però il problema di quelle persone che non intendono accettare il baratto e preferiscono pagare in moneta sonante i servizi di cui vogliono servirsi, sottraendosi anche - nei limiti del possibile - al bombardamento di informazioni commerciali che arrivano attraverso tutti i canali della comunicazione.
Si verifica così una situazione critica e, sotto qualche aspetto, paradossale: possono rifiutare lo scambio tra servizi (o beni) e dati personali gli individui con maggiori disponibilità economiche, o i più informati e istruiti. In questo modo si accentua il distacco tra le classi sociali: quelle più basse si trasformano in "masse di consumatori" e quelle più alte mantengono maggiori prospettive di sviluppo autonomo e indipendente da modelli massificanti. Però, ed è questo il paradosso, sono proprio questi i soggetti che interessano di più agli operatori del direct marketing.

Vediamo ora la questione dal punto di vista di questi ultimi. Il discorso è semplice.
Se è vero che il mercato globale che si sta costruendo ha il direct marketing come strumento essenziale, e se è vero che lo sviluppo del mercato determina crescita economica e migliore qualità della vita, gli operatori devono poter agire in un contesto che non ponga altri limiti che quelli del rispetto delle persone che "non vogliono stare al gioco" (in questo senso deve essere considerata corretta l'indicazione del Garante, che impone di lasciare a chi riceve la chiamata la scelta se ascoltare la pubblicità o rifiutare la conversazione).
Naturalmente gli operatori devono rispettare il diritto di ciascuno di disporre dei propri dati personali, attraverso il fondamentale istituto del "consenso informato". Quindi sono tenuti all'osservanza delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali.

Qui si pone la seconda questione, quella della legge sul trattamento dei dati personali e dei suoi numerosissimi (ma ancora non bastanti) derivati. Si devono verificare due condizioni: 1) se la normativa sia adeguata e applicabile; 2) se l'organo che ne devono assicurare l'applicazione operi con la necessaria efficacia.
Dal
punto di vista dell'AIDiM (l'associazione degli operatori del settore), sembra che la seconda condizione non sia soddisfatta. In effetti, i tempi di risposta del Garante (in questa e in molte altre occasioni) non sembrano adeguati alla velocità di evoluzione del mercato. Può essere oggetto di infinite discussioni se il Garante possa sentenziare al di là della stretta applicazione della legge, o se il suo compito si estenda a questioni di ambito più generale. Tuttavia la sostanza non cambia: la legge 675/96 sembra fatta apposta per rendere difficile la vita delle aziende. Questo aspetto era stato segnalato ben prima della sua approvazione, ma senza risultato.

In effetti la seconda condizione, quella dell'efficacia dell'azione del Garante, è resa di difficile attuazione dalla prima, cioè dall'adeguatezza e dall'applicabilità della normativa sulla tutela dei dati personali. La legge 675/86 contiene prescrizioni così numerose, dettagliate e vincolanti, che il suo rispetto è praticamente impossibile. Non solo perché è facile trovare il cavillo, la svista o l'interpretazione difforme che giustificano l'intervento censorio, ma perché un'informativa "perfetta" diventa inefficace in quanto troppo prolissa e quindi di faticosa lettura e interpretazione per l'interessato. Il quale finisce col dare il consenso senza aver letto interamente o ben compreso tutte le indicazioni diligentemente predisposte dal titolare del trattamento.
Ne è pratica dimostrazione proprio l'informativa di GratisTel, che occupa ben quattro densi paragrafi (dal 21 al 24) di un dettagliatissimo contratto. Quanto sarebbe più efficace, ai fini del "consenso informato" un testo più sintetico, limitato all'essenziale?

Resta un'ultima considerazione. Nel caso di GratisTel il Garante si è mosso con tutta la sua "potenza di fuoco", fino a inviare gli atti al suo collega garante delle comunicazioni. Per i casi, sostanzialmente analoghi, che gli sono stati segnalati in relazione alle offerte free internet, non risulta che abbia aperto istruttorie o abbia compiuto indagini, sia pure sommarie.
Le regole del gioco devono valere per tutti i giocatori, e si deve smascherare quello che bara.