Verso l'autodisciplina, dopo cinque
anni
di Manlio Cammarata - 15.05.02Voltiamo pagina, dopo cinque anni dall'entrata in vigore della legge sulla tutela dei dati
personali. E non tanto perché la scadenza assume un valore simbolico, come ha
detto Stefano Rodotà nel discorso con il quale ha
presentato la relazione per il 2001, ma soprattutto perché siamo di fronte a
una svolta sostanziale nel complesso e delicato sistema della protezione delle
informazioni personali nel contesto che chiamiamo, appunto, "società
dell'informazione".
Cinque anni fa, nel 1997, aggiungevamo l'aggettivo "nascente". Oggi
la società dell'informazione è una realtà che riguarda, volenti o nolenti,
tutti gli individui che popolano la Terra, anche quelli che vivono nelle zone
meno sviluppate e quindi sono coinvolti nel mondo tecnologico per il solo
fatto di non farne parte, vittime del paventato digital divide, ormai
divenuto anch'esso realtà.
La svolta, per quanto riguarda il nostro Paese, è segnata dal decreto
legislativo 467/01, che riforma la legge 675/96 in alcuni punti essenziali
e all'art. 20 dispone che il
Garante promuova l'adozione di codici di autoregolamentazione in diversi
settori, avviando così il completamento della normativa con strumenti
flessibili e, soprattutto, largamente condivisi dai soggetti interessati.
Con la deliberazione del 10 aprile scorso
il Garante ha compiuto il primo passo per l'attuazione dell'art. 20, invitando
"tutti i soggetti pubblici e privati aventi titolo a partecipare
all'adozione dei medesimi codici in base al principio di rappresentatività di
cui all'art. 31, comma 1, lettera h), della legge n. 675/1996, a darne
comunicazione a questa Autorità entro il 31 maggio 2002".
Si è così aperto un passaggio molto delicato per lo sviluppo delle
tecnologie in Italia, perché le norme deontologiche in materia di
trattamento dei dati personali dovrebbero determinare un quadro di certezze, che
fino a oggi è mancato e che in alcuni casi ha costituito un freno alla
diffusione di nuovi servizi, mentre in altri casi è stato il pretesto per abusi più
o meno legali.
Buona parte dei codici elencati nella deliberazione riguarda l'ambiente
dell'internet, coinvolgendo sia i fornitori di servizi sia i fornitori di
contenuti. Particolarmente significative appaiono le voci relative ai trattamenti
effettuati per l'invio di materiale
pubblicitario o di vendita diretta, per ricerche di
mercato o di informazione commerciale: anche se sull'alternativa fondamentale
tra opt-in e opt-out manca la necessaria chiarezza a livello
comunitario, e anche se una regolamentazione nazionale non può essere
risolutiva, dovrebbe almeno diminuire l'insopportabile valanga di messaggi non
richiesti, che costituisce ormai una percentuale rilevante del traffico di
posta elettronica. Un'altra quota significativa è data dai worm-virus,
e anche qui entrano in gioco i trattamenti di dati personali, perché la
diffusione avviene a partire dalle rubriche di indirizzi archiviati sui PC (ma
qui il discorso dovrebbe riguardare un'autoregolamentazione, se non
l'imposizione di norme imperative, per i produttori dei sistemi).
Sotto questo punto di vista c'è da valutare un altro aspetto del binomio
privacy-tecnologie, che non sembra si sia ancora imposto all'attenzione dei
garanti: quello dei trattamenti "occulti" che i più diffusi sistemi
operativi compiono all'insaputa dell'utente, registrando negli anfratti più
nascosti delle macchine una serie di informazioni dettagliate sulle operazioni
compiute dall'utente stesso. Informazioni che l'interessato non può
controllare, ma che possono essere lette da abili cacciatori di dati. E' un
grave problema che prima o poi dovrà essere posto all'ordine del giorno, un
paradossale esempio di carenza di informativa in cui l'interessato e il
titolare del trattamento sono la stessa persona.
Ma in questa fase è necessario puntare l'attenzione sull'autodisciplina
dei fornitori di servizi di telecomunicazioni, in particolare gli internet
provider, perché le disposizioni sulla protezione dei dati personali si
intrecciano con quelle relative al controllo dei contenuti, presenti nella legge-delega
per l'attuazione della direttiva europea sul commercio elettronico. Un
intreccio critico, perché la formulazione delle disposizioni comunitarie si
presta alla scrittura di norme liberticide che potrebbero entrare in conflitto
con la tutela della privacy.
Al di là dei tecnicismi giuridici, resta la speranza che il nuovo corso
che si profila nella normativa sulla protezione dei dati personali abbia effetti
concreti sulla vita di ciascuno noi, cittadini della società
dell'informazione, e diminuisca la sgradevole sensazione di essere (come
rileva Massimo Mantellini riprendendo una felice definizione di Rodotà) L'uomo
di vetro.
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