"Familiari spiati nelle camere ardenti. Interviene il Garante". Questo
titolo apre la Newsletter del Garante 22-28 novembre 2004 e suscita
interrogativi inquietanti.
La lettura dell'articolo fornisce qualche indicazione: in Toscana i solerti
ispettori del Garante hanno scoperto che "un comune" (da quando
in qua le disposizioni sulla privacy si applicano anche ai luoghi geografici?)
ha installato "telecamere camuffate che violavano la riservatezza dei
familiari e di quanti avevano accesso ai locali dove è ragionevole aspettarsi
intimità e rispetto".
"Agli ispettori del Garante - dice il testo - il comune ha spiegato che
l'attivazione del sistema era stata originariamente ordinata in relazione ad
alcuni episodi di danneggiamento avvenuti anni fa a danno di alcune salme".
La memoria del cronista ricostruisce i fatti: risalgono al 2002 le prime
notizie relative a cadaveri sfregiati nell'obitorio di Firenze, con tutto
il corredo di sospetti e illazioni su possibili riti satanici, nel ricordo
ancora vivo delle gesta del "mostro" che in anni non troppo lontani
uccideva e mutilava le sue vittime sulle colline circostanti la città.
Dunque le telecamere non erano state installate per "spiare" gli
addolorati parenti del caro estinto, ma per un ben più serio motivo di
sicurezza. Ed è ovvio che fossero "camuffate", altrimenti non ci
sarebbe stata nessuna possibilità di individuare il colpevole.
Ma "il Garante ha rilevato che la misura risultava sproporzionata
rispetto agli scopi che si intendevano perseguire" e il comune ha
disattivato il sistema di sorveglianza "in attesa che il Garante si esprima
sulla complessiva liceità dei trattamenti svolti ed applichi le eventuali
sanzioni". Le cronache non riferiscono se l'autore delle macabre
mutilazioni sia stato nel frattempo individuato.
La notizia richiama la delicata questione del bilanciamento tra protezione
della privacy ed esigenze di sicurezza, questione tanto più attuale quanto più
si moltiplicano le intrusioni delle autorità nella vita privata dei cittadini,
con la giustificazione della lotta contro la criminalità i il terrorismo (si
vedano, fra l'altro, l'articolo di Nicola Walter Palmieri La "lanterna
magica": come il governo USA spia i cittadini e Garanti
Ue: non si
possono conservare tutti i dati di traffico Internet).
Torna alla memoria un fatto di pochi mesi fa: un pericolosissimo
malvivente fu identificato da una passante e ucciso dalle forze
dell'ordine, dopo che era stato inutilmente "immortalato" una
telecamera di sorveglianza installata dal Comune di Roma in una zona centrale.
Il fatto fu reso noto alcuni giorni dopo e i notiziari televisivi diffusero la
registrazione in cui si vedeva l'individuo aggirarsi tranquillamente davanti
all'occhio elettronico. E il vostro cronista rimase perplesso nel constatare che
anche lui, lo stesso giorno o il giorno prima, era passato nello stesso punto e
quindi era stato a sua volta "trattato" dal sistema di sicurezza.
Senza alcuna informativa sull'esistenza della telecamera, sulla durata di
conservazione delle registrazioni eccetera eccetera.
Evidentemente c'è qualcosa che non funziona. Prima di tutto c'è da
chiedersi a che servono le telecamere di sorveglianza, se nessuno
"sorveglia" le telecamere stesse e si accorge della presenza di un
pericolosissimo malvivente, oggetto di una accanita caccia all'uomo. Poi ci si
chiede se l'individuo sarebbe passato proprio in quel punto se ci fosse stato il
cartello che il Garante ha prescritto con il noto provvedimento generale... Insomma, l'alternativa
è questa: o prevalgono le esigenze della sicurezza, e allora le telecamere
devono essere nascoste, o prevale la tutela della riservatezza, e quindi si deve
fare a meno della videosorveglianza. A metà strada, come siamo ora, non si può
restare.
Altrimenti finisce come in un altro caso di qualche tempo fa, quando non fui
possibile identificare i rapinatori di una banca, perché le telecamere
inquadravano solo i piedi di chi entrava nell'agenzia "nel rispetto delle
regole della privacy"!
Il problema della videosorveglianza, in ultima analisi, potrebbe essere
considerato meno grave di quanto oggi si tenda a considerarlo. Infatti è ormai
noto a tutti che i centri delle grandi città sono ripresi palmo a palmo da una
quantità enorme di telecamere e chi non ha problemi a portare in giro la
propria faccia non dovrebbe averne neanche se la stessa faccia è osservata da
qualcuno davanti a uno schermo o registrata su un nastro.
Ci sono altri e forse più gravi minacce per la vita privata dei cittadini.
L'enorme quantità di dati raccolti e conservati dalle forze dell'ordine, anche
con intercettazioni telefoniche e telematiche "a tappeto" e quindi
illegittime. Le registrazioni dei dati di pacifici cittadini fermati per normali
controlli di pubblica sicurezza, ma che non hanno alcun conto in sospeso con la
giustizia e non sono sospettabili di attività illecite. Le intrusioni
telematiche nei computer di milioni di persone, svolte dai produttori di sistemi
informatici alla totale insaputa degli interessati, o giustificate con
"informative" che non rispettano la legge e di cui nessuno può
verificare l'attendibilità, perché i trattamenti avvengono al di fuori
dell'Unione europea (e si tratta di "esportazioni" di dati che
dovrebbero essere autorizzate dal Garante)...
Insomma, se è vero (ed è vero) che la nostra vita privata è continuamente
minacciata da una quantità di intrusioni, è necessario che le autorità che
hanno il compito di proteggerci volgano la loro attenzione ai rischi
effettivi di violazione della vita privata, più che a situazioni che
"fanno notizia", ma costituiscono casi isolati e non realmente
pericolosi per il vivere della collettività (vedi anche Videosorveglianza, la
criminalità ringrazia di Corrado Giustozzi).
Post-scriptum. La Newsletter del Garante è in formato PDF, protetto per
non consentire nemmeno la copia o l'estrazione. Sicché il cronista che voglia
citarne qualche passaggio non può neanche fare il normale copia-e-incolla, ma
deve ricopiare il testo parola per parola. Quando si dice riservatezza...
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