Innanzitutto, i fatti.
Prima dell’estate, nella cosiddetta “lenzuolata Bersani” (cioè nella
allegra congerie di provvedimenti sulle liberalizzazioni), compare a sorpresa l’ormai
famigerato art. 29, che prevede la esenzione dall’obbligo di adottare alcune
misure di sicurezza per i datori di lavoro che impiegano meno di 15 dipendenti.
Succedono due cose:
- il Garante pubblica sul proprio sito un documento denominato Guida
pratica e misure di semplificazione per le piccole e medie imprese.
Titolo coerente sotto il primo profilo (guida pratica) ma assolutamente
inappropriato per quanto attiene al secondo (chiunque è in grado di verificare
come di “misure di semplificazione”, in quel documento, non vi sia nemmeno l’ombra);
- il 12 luglio il Garante, in seno alla presentazione della Relazione per
l’anno 2006, prende una posizione fortissimamente critica nei
confronti del provvedimento Bersani, segnalando la sua palese
incostituzionalità (per la pacifica disparità di trattamento che determina tra
imprese e tra lavoratori) e la sua incoerenza con la normativa europea (che
inibisce, in sede di recepimento, la possibilità di escludere intere categorie
di soggetti dalla applicazione della disciplina privacy).
Risultato? Nulla. La Camera approva, e trasmette il testo al Senato. Tutti in
vacanza.
Qualche giorno fa. Comincia a circolare la notizia che nell’esaminare il
testo, non solo i senatori vanno avanti a dispetto delle censure mosse dal
Garante, ma qualcuno (per par condicio, un senatore della maggioranza ed uno
dell'opposizione) presenta degli emendamenti intesi ad estendere ancora di più
l’area di esenzione, che, se le modifiche proposte andassero in porto,
andrebbe a comprendere tutte le aziende private ed i liberi professionisti,
intervenendo anche sulla nozione di dato sensibile.
Il 20 settembre sul sito www.adunanzadigitale.org
compare una petizione per l’immediato ritiro dei pericolosi emendamenti. Primo
firmatario, il prof. Stefano Rodotà, ex-presidente del Collegio del Garante, i
cui illuminanti interventi sul quotidiano La Repubblica hanno spesso acceso i
riflettori su molti dei problemi relativi alla normativa privacy.
Il 24 settembre la questione posta dal DDL Bersani, della quale la stampa
generalista non si era mai occupata, viene ripresa da uno dei maggiori
quotidiani nazionali (la Repubblica, che gli dedica 2 intere pagine).
Risultato? Il 25 settembre, viene data la notizia che, il giorno precedente,
gli emendamenti sono stati ritirati. In particolare uno degli ideatori degli
stessi (senatore Giaretta), dichiara di averli proposti non tanto perché
intendeva farli approvare, ma piuttosto per provocare una reazione, e spingere
ad un intervento legislativo serio ed immediato sul fronte della
semplificazione.
Non è finita.
Sempre il 25 settembre (a emendamenti già ritirati) sul sito del Garante
compare un comunicato stampa datato 24 settembre, in cui si narra di una lettera
spedita alcuni giorni prima dall’Autorità ai massimi esponenti del Governo
per segnalare la problematica. Il comunicato si chiude con l’ avvertimento
che, laddove gli emendamenti fossero stati approvati, l’Autorità avrebbe
provveduto ad investire formalmente della questione la Commissione Europea,
segnalando la avvenuta emanazione di norme in contrasto con la direttiva in
materia.
Ora, da questa mini-telenovela di fine estate, si possono trarre alcuni
spunti di riflessione, dei quali ognuno potrà fare l’uso che ritiene più
opportuno:
1. è assolutamente chiaro come, in questo malandato paese, l’azione di
pressione svolta da persone autorevoli mediante determinati strumenti di
comunicazione, conti mille volte di più delle prese di posizione ufficiali o
ufficiose, tempestive o intempestive, dell’autorità Garante per la protezione
dei dati personali. In pura epoca di “grillismo”, questo dato deve far
pensare. Così come deve far pensare che il Garante, per tentare di farsi
ascoltare, sia portato a minacciare di far ricorso ad una sorta di delazione
istituzionale che, in sé sola, da la dimensione di quanto la situazione sia
scoraggiante;
2. lo abbiamo scritto in tutte le forme: la
stragrande maggioranza dei soggetti tenuti ad applicare la normativa privacy è
stanca, demotivata, terribilmente irritata dall’impiego di denaro a cui è
stata costretta, sempre meno disposta a sentirsi ingabbiata nella rete degli
adempimenti. Di fronte a questa realtà, le persone, le imprese, si attendono
vere misure di semplificazione, e non l’ennesima guida pratica (con tanto di check-list),
che si sono visti propinare in modo più o meno efficace dai consulenti veri e
finti che navigano sul mercato (vedi, fra gli altri, La privacy tra le norme e il mondo
reale, Misure minime: la data
certa, la proroga e la resa del Garante, Avvocati, tribunali e il
maledetto 31 marzo).
3. le certamente indiscutibili aberrazioni che caratterizzano l’art. 29 del
DDL Bersani in tutte le versioni fin qui note (sulla cui incostituzionalità non
è nemmeno il caso di spendere troppe parole) sono figlie di questo ormai
intollerabile stato di cose. Sempre per dirla con formule particolarmente in
voga in questo frangente, è inevitabile che poi si trovi un “detonatore” in
un più o meno solerte parlamentare che, per dare la sensazione di voler
affrontare il problema, volta le spalle al Garante proponendo, di fatto, di
abolire il cuore stesso della normativa sulla protezione dei dati personali;
4. passata la sbornia di felicità per il ritiro degli emendamenti,
chiediamoci come mai l’art. 29 nella sua versione iniziale (esenzione da
alcune misure di sicurezza per le piccole imprese) non sia stato congegnato a
puri fini di propaganda, ma sia stato approvato dalla Camera dei deputati senza
colpo ferire; e, senza colpo ferire, nonostante la piccola bufera di questi
giorni, sia ancora lì, pronto ad esser approvato dal Senato ed a diventare
legge a tutti gli effetti. E ciò nonostante le prestigiose petizioni on line e
le “diffide” a salve del Garante.
Staremo a vedere nelle prossime settimane cosa succederà.
Intanto, quello che resterà di quanto appena accaduto, è la spiacevole
sensazione, che sotto la lenzuolata Bersani, rischi di rimanere impresso
soltanto il simulacro un po’sbiadito della impossibilità (o della
incapacità, a ognuno la sua risposta) di governare in modo equilibrato una
materia così delicata come quella della protezione dei dati personali.
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