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Protezione dei dati personali

La "lenzuolata" di Bersani e la sindone del Garante

di Paolo Ricchiuto* - 01.10.07

 
Innanzitutto, i fatti.

Prima dell’estate, nella cosiddetta “lenzuolata Bersani” (cioè nella allegra congerie di provvedimenti sulle liberalizzazioni), compare a sorpresa l’ormai famigerato art. 29, che prevede la esenzione dall’obbligo di adottare alcune misure di sicurezza per i datori di lavoro che impiegano meno di 15 dipendenti.

Succedono due cose:

- il Garante pubblica sul proprio sito un documento denominato Guida pratica e misure di semplificazione per le piccole e medie imprese. Titolo coerente sotto il primo profilo (guida pratica) ma assolutamente inappropriato per quanto attiene al secondo (chiunque è in grado di verificare come di “misure di semplificazione”, in quel documento, non vi sia nemmeno l’ombra);

- il 12 luglio il Garante, in seno alla presentazione della Relazione per l’anno 2006, prende una posizione fortissimamente critica nei confronti del provvedimento Bersani, segnalando la sua palese incostituzionalità (per la pacifica disparità di trattamento che determina tra imprese e tra lavoratori) e la sua incoerenza con la normativa europea (che inibisce, in sede di recepimento, la possibilità di escludere intere categorie di soggetti dalla applicazione della disciplina privacy).

Risultato? Nulla. La Camera approva, e trasmette il testo al Senato. Tutti in vacanza.

Qualche giorno fa. Comincia a circolare la notizia che nell’esaminare il testo, non solo i senatori vanno avanti a dispetto delle censure mosse dal Garante, ma qualcuno (per par condicio, un senatore della maggioranza ed uno dell'opposizione) presenta degli emendamenti intesi ad estendere ancora di più l’area di esenzione, che, se le modifiche proposte andassero in porto, andrebbe a comprendere tutte le aziende private ed i liberi professionisti, intervenendo anche sulla nozione di dato sensibile.

Il 20 settembre sul sito www.adunanzadigitale.org compare una petizione per l’immediato ritiro dei pericolosi emendamenti. Primo firmatario, il prof. Stefano Rodotà, ex-presidente del Collegio del Garante, i cui illuminanti interventi sul quotidiano La Repubblica hanno spesso acceso i riflettori su molti dei problemi relativi alla normativa privacy.

Il 24 settembre la questione posta dal DDL Bersani, della quale la stampa generalista non si era mai occupata, viene ripresa da uno dei maggiori quotidiani nazionali (la Repubblica, che gli dedica 2 intere pagine).

Risultato? Il 25 settembre, viene data la notizia che, il giorno precedente, gli emendamenti sono stati ritirati. In particolare uno degli ideatori degli stessi (senatore Giaretta), dichiara di averli proposti non tanto perché intendeva farli approvare, ma piuttosto per provocare una reazione, e spingere ad un intervento legislativo serio ed immediato sul fronte della semplificazione.

Non è finita.

Sempre il 25 settembre (a emendamenti già ritirati) sul sito del Garante compare un comunicato stampa datato 24 settembre, in cui si narra di una lettera spedita alcuni giorni prima dall’Autorità ai massimi esponenti del Governo per segnalare la problematica. Il comunicato si chiude con l’ avvertimento che, laddove gli emendamenti fossero stati approvati, l’Autorità avrebbe provveduto ad investire formalmente della questione la Commissione Europea, segnalando la avvenuta emanazione di norme in contrasto con la direttiva in materia.

Ora, da questa mini-telenovela di fine estate, si possono trarre alcuni spunti di riflessione, dei quali ognuno potrà fare l’uso che ritiene più opportuno:

1. è assolutamente chiaro come, in questo malandato paese, l’azione di pressione svolta da persone autorevoli mediante determinati strumenti di comunicazione, conti mille volte di più delle prese di posizione ufficiali o ufficiose, tempestive o intempestive, dell’autorità Garante per la protezione dei dati personali. In pura epoca di “grillismo”, questo dato deve far pensare. Così come deve far pensare che il Garante, per tentare di farsi ascoltare, sia portato a minacciare di far ricorso ad una sorta di delazione istituzionale che, in sé sola, da la dimensione di quanto la situazione sia scoraggiante;

2. lo abbiamo scritto in tutte le forme: la stragrande maggioranza dei soggetti tenuti ad applicare la normativa privacy è stanca, demotivata, terribilmente irritata dall’impiego di denaro a cui è stata costretta, sempre meno disposta a sentirsi ingabbiata nella rete degli adempimenti. Di fronte a questa realtà, le persone, le imprese, si attendono vere misure di semplificazione, e non l’ennesima guida pratica (con tanto di check-list), che si sono visti propinare in modo più o meno efficace dai consulenti veri e finti che navigano sul mercato (vedi, fra gli altri, La privacy tra le norme e il mondo reale, Misure minime: la data certa, la proroga e la resa del Garante, Avvocati, tribunali e il maledetto 31 marzo).

3. le certamente indiscutibili aberrazioni che caratterizzano l’art. 29 del DDL Bersani in tutte le versioni fin qui note (sulla cui incostituzionalità non è nemmeno il caso di spendere troppe parole) sono figlie di questo ormai intollerabile stato di cose. Sempre per dirla con formule particolarmente in voga in questo frangente, è inevitabile che poi si trovi un “detonatore” in un più o meno solerte parlamentare che, per dare la sensazione di voler affrontare il problema, volta le spalle al Garante proponendo, di fatto, di abolire il cuore stesso della normativa sulla protezione dei dati personali;

4. passata la sbornia di felicità per il ritiro degli emendamenti, chiediamoci come mai l’art. 29 nella sua versione iniziale (esenzione da alcune misure di sicurezza per le piccole imprese) non sia stato congegnato a puri fini di propaganda, ma sia stato approvato dalla Camera dei deputati senza colpo ferire; e, senza colpo ferire, nonostante la piccola bufera di questi giorni, sia ancora lì, pronto ad esser approvato dal Senato ed a diventare legge a tutti gli effetti. E ciò nonostante le prestigiose petizioni on line e le “diffide” a salve del Garante.

Staremo a vedere nelle prossime settimane cosa succederà.

Intanto, quello che resterà di quanto appena accaduto, è la spiacevole sensazione, che sotto la lenzuolata Bersani, rischi di rimanere impresso soltanto il simulacro un po’sbiadito della impossibilità (o della incapacità, a ognuno la sua risposta) di governare in modo equilibrato una materia così delicata come quella della protezione dei dati personali.
 

* Avvocato in Roma

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